Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20024 del 22/09/2010

Cassazione civile sez. trib., 22/09/2010, (ud. 02/07/2010, dep. 22/09/2010), n.20024

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – rel. Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso n. 16864/00 R.G. proposto da:

V.D., in proprio e nella qualità di procuratore generale

di S.A.G., elettivamente domiciliato in Roma, via

Cassiodoro, n. 19, presso l’Avvocato Alfieri Arturo, che lo

rappresenta e difende con l’Avvocato Maria Isabella Chevallard per

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Ufficio del registro di Roma e Ministero dell’economia e delle

finanze, in persona del Ministro p.t.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 99/32/1999 della Commissione tributaria

regionale del Lazio, depositata il giorno 11.6.1999.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 2 luglio 2010 dal relatore Cons. Giuseppe Vito Antonio Magno;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per la dichiarazione

d’inammissibilità del ricorso, in quanto proposto “in proprio” dal

ricorrente e, in subordine, per il rigetto.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

1.- Dati del processo.

1.1.- Il signor V.D., già procuratore generale della madre S.A.G., deceduta, ricorre con un motivo, illustrato da memorie, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe che aveva dichiarato inammissibile, per mancanza di sottoscrizione e di procura al difensore, l’appello da lui proposto contro la sentenza n. 327/42/1997 della commissione tributaria provinciale di Roma, che ne aveva rigettato il ricorso contro l’intimazione al pagamento della somma di L. 2.286.400, oltre soprattasse ed interessi, emessa dall’ufficio del registro – atti privati di Roma a titolo di INVIM complementare, in relazione all’avvenuta vendita di un terreno.

1.2.-. Il ministero dell’economia e delle finanze, intimato insieme col suddetto ufficio dell’agenzia delle entrate, non presentano difese in questo giudizio di cassazione.

1.3.- Con memorie, presentate ai sensi dell’art. 378 c.p.c., e successive note nell’udienza 18.1.2010, originariamente fissata per la discussione della causa e rinviata per impedimento del relatore, il ricorrente sostiene di avere presentato istanza per la definizione della lite, ai sensi della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 16, di avere versato la somma dovuta (Euro 590,42) per godere del beneficio e di non avere ricevuto notifica dell’eventuale diniego di concessione del medesimo.

2.- Decisione.

2.1.- Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, per la ragione di seguito espressa.

Nulla devesi disporre in ordine alle spese del presente giudizio di cassazione, in cui le amministrazioni intimate non hanno svolto difese.

3.- Motivi della decisione.

3.1.- Il ricorrente – che agisce formalmente “in proprio ed in qualità di procuratore generale di S.A.G.”, ma sostanzialmente in proprio, anche nei giudizi di merito, essendo l’intimazione di pagamento rivolta anche nei suoi personali confronti, in quanto egli aveva firmato, quale procuratore generale della S., l’atto di compravendita del terreno di cui si tratta – censura la sentenza impugnata, con unico motivo, per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 16, 20, 21 e 22, sostenendo che, contrariamente a quanto affermato della commissione regionale, la procura conferita al difensore in appello era stata da lui regolarmente sottoscritta nell’originale dell’atto d’impugnazione, mentre sulla copia depositata presso la segreteria della commissione figurava l’annotazione dell’esistenza della procura sull’originale;

sostiene, pertanto, che l’appello era pienamente ammissibile e che il giudicante a quo avrebbe dovuto esaminarlo nel merito.

3.2.- La commissione regionale rileva d’ufficio una causa d’inammissibilità del gravame, annotando in parte narrativa che “L’atto d’appello firmato dal difensore tecnico non contiene in calce allo stesso il conferimento dell’incarico in quanto manca la sottoscrizione del ricorrente”; quindi dichiara inammissibile l’impugnazione, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, perchè l’atto “non contiene la firma del medesimo ricorrente relativa al conferimento dell’incarico al difensore a norma dell’art. 12, comma 3”, stesso decreto.

3.3.- Dall’esame diretto degli atti – consentito in materia procedurale – risulta che l’atto d’appello depositato presso la segreteria della commissione regionale era firmato unicamente dal difensore, che dichiarava di agire su incarico dell’appellante, odierno ricorrente per cassazione; la procura a margine non era firmata dalla parte, ma si faceva rinvio all’originale.

3.3.1.- Il collegio non ignora che, secondo giurisprudenza consolidata di questa suprema corte, pienamente condivisibile, la mancata certificazione di autenticità della firma apposta in calce alla procura costituisce, anche in tema di contenzioso tributario, una mera irregolarità, che non ne comporta la nullità, non comminata espressamente dalla legge, nè incide sui requisiti indispensabili per il raggiungimento dello scopo dell’atto, stante la formazione del rapporto processuale attraverso la costituzione in giudizio del procuratore nominato, salvo che la controparte non contesti, con valide e specifiche ragioni e prove, l’autografìa della firma non autenticata (Cass. nn. 6591/2008, 17845/2004, 6959/2000; S.U. nn. 12625/1998,4191/1996).

3.3.2.- Nel caso di specie, tuttavia, non si versa nell’ipotesi di omessa certificazione dell’autografìa della firma apposta dall’appellante in calce alla procura, bensì di mancanza della procura stessa, la cui esistenza neppure è indirettamente desumibile dalla sottoscrizione della parte in calce all’atto d’appello, dato che questo è firmato solo dal difensore che afferma di essere munito di procura. Nè giova al ricorrente sostenere, in questa sede, che la commissione regionale sarebbe incorsa in errore di fatto, avendo supposto l’inesistenza della procura, asseritamente reperibile invece sull’originale dell’atto d’appello notificato all’ufficio.

Simile errore infatti, se sussistente, sarebbe di carattere revocatorio, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, siccome risulterebbe dai documenti della causa; cosicchè doveva essere denunziato con domanda di revocazione, ai sensi dell’articolo 398, stesso codice, non mediante ricorso per cassazione, da ritenere perciò inammissibile (Cass. nn. 5450/2006, 11276/2005, 1823/2005, 10027/2004 ed altre).

3.4.- L’inammissibilità, per la ragione suddetta, del presente ricorso per cassazione assorbe ogni altra lagnanza, compresa quella relativa all’invocata estinzione della lite per effettuato pagamento della somma dovuta ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16, (condono), non risultando peraltro esplicitamente impugnato nelle forme di legge l’eventuale diniego che, per quanto riferito nelle “note di udienza”, non sarebbe stato notificato.

4.- Dispositivo.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 5^ sezione civile – tributaria, il 2 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2010

 

 

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