Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20023 del 27/07/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 20023 Anno 2018
Presidente: DORONZO ADRIANA
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 16633-2017 proposto da:
MEDDE MONICA, MEDDE LUCA, e MEDDE FRANCESCO, in
qualità di eredi legittimi di PITEDMO MARIA, Attivamente
domiciliati in ROMA, PIAZZA DI CAMPITELLI n.2, presso lo
studio dell’avvocato FABIO RECH COLI-TRAI, rappresentati e difesi
dall’avvocato PAOLO P.ATELMO;
– ricorrenti controDI MARCO MICHELE, in proprio e nella qualità di Direttore di
Poste Italiane S.P._ \., Attivamente domiciliato in ROMA,
CIRCONVALLAZIONE, CLODIA N.36/A, presso lo studio
dell’avvocato FABIO PISANI, rappresentato e difeso dall’avvocato
CARMEL-1 MILENA OCCHIPINTI;
– controrícorrente –

Data pubblicazione: 27/07/2018

contro
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F.97103880585, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIALE iALAZZINI n.134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI
FIORILLO, rappresentata e difesa dall’avvocato GAETANO

– controrícorrente avverso la sentenza n. 4/2017 della CORTE D’APPELLO di
CALTANISSETTA, depositata il 23/01/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 06/06/2018 dal Consigliere Dott. GIULIO
FERNANDES.
RILEVATO
che, con sentenza del 23 gennaio 2017, la Corte di Appello di
Caltanissetta dichiarava inammissibile il gravame proposto da
Monica, Luca e Francesco Medde – tutti quali eredi di Maria Patelmo
– nei confronti di Poste Italiane s.p.a. e di Michele Di Marco avverso
la sentenza del Tribunale di Enna che aveva rigettato la domanda
proposta dalla Patelmo nei confronti di detta società, di cui era stata
dipendente, e del Di Marco – direttore della filiale di Enna ove ella
aveva prestato servizio – domanda intesa ad accertare l’illegittimità
del demansionamento subito con condanna di Poste Italiane al
risarcimento dei danni derivati dal detto demansionamento nonché
dalla condolta di ‘moPbing” posta in essere dal Di Marco in via

alternativa o solidale con quest’ultimo;
che,

ad avviso della Corte territoriale, l’appello non era stato

redatto in modo conforme alla disposizione del novellato art. 434
cod. proc. civ. essendosi l’appellante limitato a riprodurre alcuni degli
assunti già fatti valere con il ricorso introduttivo del giudizio senza
predisporre una parte argomentativa che, contrapponendosi alla
motivazione dell’impugnata sentenza, ne incrinasse il fondamento
Ric. 2017 n. 16633 sez. ML – ud. 06-06-2018
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GRANOZZI;

logico-giuridico, mancando,

altri termini, di censure idonee a

dimostrare la infondatezza della soluzione adottata dal primo
giudice; evidenziava, inoltre, la inammissibilità della domanda
subordinata di accertamento del diverso fenomeno del cosiddetto
“straining” perché proposta per la prima volta solo nelle note
difensive depositate il 28.11.2009 innanzi al Tribunale;

Luca e Francesco Medde affidato ad un unico articolato motivo cui
resistono con separati controricorsi Poste Italiane s.p.a. ed il Di
Marco;
che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art.
380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti,
unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di
consiglio;
che

i ricorrenti ed il Di Marco hanno depositato memoria ex art.

380 bis cod. proc. civ.: i primi insistono per l’accoglimento del
ricorso; il Di Marco dissente dalla proposta del relatore e chiede il
rigetto del ricorso;
CONSIDERATO
che con l’unico articolato motivo di ricorso si deduce violazione
dell’art. 434 cod. proc. civ. ( in relazione all’art. 360, primo
comma, nn.3 e 4, cod. proc. civ.) per avere la Corte di merito
erroneamente accolto l’eccezione di inammissibilità dell’appello
perché privo dei requisiti di cui all’art. 434 cit. così come novellato
dall’art. 54 D.L. 22 giugno 2012 n. 83 conv. in legge 7 agosto 2012
n. 1_34;
che il motivo è fondato alla luce del principio di diritto affermato
dalle sezioni unite di questa Corte secondo cui «Gli artt. 342 e 434
cod. proc. civ., nel testo formulato dal decreto-legge 22 giugno
2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto
2012, n. 134, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve
contenere una chiara individuazione delle questioni e dei punti
contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative
doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa
Ric. 2017 n. 16633 sez. ML – ud. 06-06-2018
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che per la cassazione di tale decisione propongono ricorso Monica,

che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice. Resta
tuttavia escluso, in considerazione della permanente natura di

revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la
sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata, che l’atto
di appello debba rivestire particolari forme sacramentali o che debba
contenere la redazione di un progetto alternativo di decisione da

novembre 2017); ed infatti, dalla lettura del contenuto dell’atto di
appello – nonostante la particolare veste grafica scelta – emerge
che l’oggetto del “devolutum” era stato individuato nel gravame
nella errata valutazione delle risultanze istruttorie – documentali e
della espletata prova testimoniale – dalle quali sarebbe emerso che
la Patelmo era stata privata di qualsiasi ruolo e qualsiasi funzione
con conseguente suo demansionamento e fatta oggetto di condotte
integranti “mobbing”;
che, pertanto, in adesione alla proposta del relatore, il ricorso va
accolto, l’impugnata sentenza cassata con rinvio alla Corte di Appello
di Catania che provvederà anche in ordine alle spese del presente
giudizio di legittimità;
P.Q.M.
La Corte, accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia
alla Corte di Appello di Catania anche per le spese del presente
giudizio.
Così deciso in Roma, il 6 giugno 2018
Il Presidente

contrapporre a quella di primo grado».(Cass. SU n. 27199 del 16

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