Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20022 del 22/09/2010

Cassazione civile sez. trib., 22/09/2010, (ud. 17/06/2010, dep. 22/09/2010), n.20022

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

BANCA ITALEASE s.p.a. – incorporante la LEASIMPRESA s.p.a., in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, via dei Monti Parioli n. 48, presso l’avv.

Marini Giuseppe, che la rappresenta e difende unitamente all’avv.

Loris Tosi, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto

n. 8/01/06, depositata il 7 aprile 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17

giugno 2010 dal Relatore Cons. dott. Biagio Virgilio;

udito l’Avvocato dello Stato Paolo Gentili per la ricorrente

principale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. DE

NUNZIO Wladimiro, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale e l’inammissibilità dell’incidentale.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto indicata in epigrafe, con la quale, rigettando l’appello dell’Ufficio, è stata confermata la illegittimità dell’avviso di liquidazione con cui era stato richiesto alla Leasimpresa s.p.a. il pagamento delle imposte di registro, ipotecaria e catastale in relazione all’atto di acquisto di un immobile di interesse storico-artistico sito in Venezia, nel quale le parti avevano dichiarato di volersi avvalere delle disposizioni di cui al D.L. n. 70 del 1988, art. 12 (convertito nella L. n. 154 del 1988) ed avevano convenuto il prezzo di L. 1.400.000.000.

In particolare, il giudice a quo ha ritenuto, da un lato, che, negli atti di trasferimento degli immobili a titolo oneroso, ai fini della determinazione della base imponibile, ciò che rileva è il valore del bene dichiarato dalle parti e non il corrispettivo pattuito e che, se il valore del bene è pari o superiore al valore catastale, o “automatico”, di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 4, all’Ufficio è preclusa ogni attività di accertamento; e, dall’altro, che la disciplina dettata, per gli immobili di interesse storico-artistico, dalla L. n. 413 del 1991, art. 11 si applica anche alle imposte indirette.

2. La Banca Italease s.p.a., incorporante la Leasimpresa s.p.a., resiste con controricorso e propone altresì ricorso incidentale, articolato in quattro motivi.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi vanno preliminarmente riuniti ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ..

2, Con il primo motivo del ricorso principale, l’Agenzia delle entrate, denunciando violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, del D.Lgs. n. 347 del 1990, artt. 2 e 10 censura la prima delle suddette rationes deciderteli della sentenza impugnata e chiede, nel quesito posto a conclusione del motivo, se sia “vero che, anche ove le parti abbiano dichiarato di volersi avvalere del D.L. n. 70 del 1988, art. 12 in caso di vendita di immobile, l’imponibile dell’imposta principale proporzionale di registro (D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 51) e dell’imposta principale proporzionale ipotecaria e di quella catastale (D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 51 e D.Lgs. n. 347 del 1990, artt. 2 e 10) è rappresentato dal corrispettivo dichiarato dalle parti, ove questo sia superiore al valore dichiarato dalle parti (ancorchè questo corrisponda al valore tabellare di legge dell’immobile stesso)”.

Il motivo è fondato.

Costituisce, infatti, orientamento consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo il quale, in tema di base imponibile dell’imposta di registro (e, quindi, delle imposte ipotecaria e catastale, in virtù del rinvio operato, sul punto, dal D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, artt. 2 e 10 alla disciplina dell’imposta di registro), il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 4, non attribuisce al contribuente il diritto di ottenere, in ogni caso, la determinazione di tale base imponibile tramite il meccanismo di calcolo di cui al combinato disposto degli art. 51 e 52 del citato D.P.R., atteso che la norma sopra citata non ha inteso individuare, per gli immobili, una base imponibile diversa dal valore venale del bene, ma ha introdotto, per converso – al fine di ridurre le controversie tra Amministrazione finanziaria e contribuenti -, una mera preclusione al potere di accertamento dell’Amministrazione stessa qualora nell’atto venga indicato almeno un valore non inferiore a quello ottenibile con il procedimento di valutazione cosiddetta “automatica”: ne consegue che, se il contribuente indichi un valore superiore, non può poi legittimamente richiedere che l’imposta venga commisurata al valore individuabile attraverso il procedimento automatico predetto (in termini, Cass. nn. 12448 del 2004, 3573 e 6796 del 2009; cfr., già, Cass. nn. 7504 del 1996 e 15080 del 2001). Si è altresì precisato che l’accertamento del “valore venale in comune commercio”, cui fa riferimento il citato D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 2, non può prescindere dal prezzo effettivo pattuito dalle parti (se dichiarato nell’atto) – il quale rappresenta, ordinariamente e per sua natura, il valore venale del bene, che non è altro che quanto può ricavarsi dalla sua vendita in condizioni di normalità -, non potendo riconoscersi alle parti il potere di indicare un diverso valore ai soli fini fiscali (che prescinda dal prezzo, pur esso dichiarato), anche perchè il valore cosiddetto catastale o automatico, determinato ex art. 52, comma 4, del medesimo D.P.R., non costituisce la base imponibile, ma pone soltanto un limite al potere accertativo dell’Ufficio (Cass. nn. 18150 del 2004, 20689 e 21310 del 2008).

3. Con il secondo motivo, l’Agenzia delle entrate, in relazione alla seconda ratio decidendi della sentenza impugnata, denuncia la violazione della L. n. 413 del 1991, art. 11 chiedendo di affermare il principio secondo cui detta norma “non trova applicazione (e non influisce) nella determinazione del valore tabellare D.L. n. 70 del 1988, ex art. 12 rilevante ai fini dell’imposta di registro, dell’imposta ipotecaria e dell’imposta catastale”.

Anche questo motivo è fondato.

Secondo, infatti, la costante giurisprudenza di questa Corte, dalla quale il Collegio non ravvisa motivi per discostarsi, in tema di regime fiscale degli edifici riconosciuti di interesse storico o artistico ai sensi della L. 1 giugno 1939, n. 1089, art. 3 la particolare disciplina per la determinazione del reddito prevista dalla L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 11, comma 2, trova applicazione solo nell’ambito della materia per la quale è stata dettata, e cioè per le imposte sui redditi, considerato anche la sua natura derogatoria rispetto al principio generale, stabilito dall’art. 53 Cost., di assoggettamento ai tributi delle manifestazioni della capacità contributiva: essa non può pertanto applicarsi ai fini della determinazione dell’imposta di registro in occasione del trasferimento di tali beni, della cui assoluta peculiarità il legislatore ha comunque tenuto conto, alla luce dell’art. 9 Cost., prevedendo, all’art. 1, comma 3, della tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 24 aprile 1986, n. 131, un’aliquota agevolata (e prevedendo analogo beneficio per il venditore di tali immobili ai fini dell’INVIM al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 25, comma 4) (Cass. nn. 17152 del 2004, 343 del 2006; in ordine all’INVIM, cfr. Cass. n. 20083 del 2008).

4. Il ricorso incidentale della società contribuente, vittoriosa nel giudizio di merito, deve essere dichiarato inammissibile per difetto di interesse, in quanto, come si afferma nel ricorso, attiene a questioni sulle quali il giudice d’appello non si è pronunciato, avendole ritenute assorbite, e le stesse, pertanto, potranno essere riproposte davanti al giudice di rinvio (ex plurimis, da ult., Cass. nn. 3796 del 2008, 25821 del 2009, 9907 del 2010).

5. In conclusione, va accolto il ricorso principale e dichiarato inammissibile l’incidentale; la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al ricorso accolto e la causa rinviata ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Veneto, la quale procederà a nuovo esame della controversia, uniformandosi ai principi sopra enunciati ai paragrafi 2 e 3, oltre a provvedere in ordine alle spese anche del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte riunisce i ricorsi.

Accoglie il ricorso principale e dichiara inammissibile l’incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Veneto.

Così deciso in Roma, il 17 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2010

 

 

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