Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20021 del 30/09/2011

Cassazione civile sez. trib., 30/09/2011, (ud. 14/07/2011, dep. 30/09/2011), n.20021

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – rel. Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 20230-2007 proposto da:

COMUNE DI MERATE in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA F. DENZA 20, presso lo studio dell’avvocato

ROSA LAURA, rappresentato e difeso dall’avvocato DEL FEDERICO

LORENZO, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

ROTTAMI MERATESE SRL in persona dell’Amministratore unico e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE

G. MAZZINI 6, presso lo studio dell’avvocato ROMANO VANIA, che lo

rappresenta e difende, giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 33/2007 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 06/04/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/07/2011 dal Presidente e Relatore Dott. ANTONIO MERONE;

preso atto che il P.G. non ha formulato osservazioni sulla relazione

ex art. 380 bis c.p.c. notificatagli.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Rottami Meratese srl ha impugnato due avvisi di accertamento di valore, relativi agli anni 2000 e 2001, con i quali veniva rettificato il valore di un’area fabbricabile ai fini ICI. A sostegno del ricorso introduttivo, la società eccepiva, il difetto di motivazione degli atti impositivi e la errata valutazione di merito.

La CTR, accogliendo l’appello della società, annullava gli atti impugnati per carenza di motivazione nella ricostruzione ed indicazione dei criteri utilizzati dall’ente impositore per determinare il valore del bene. In particolare, rilevava la CTR le informazioni su tali criteri consistono “nella indicazione catastale del bene e nella mera elencazione di generici criteri quali il valore venale in comune commercio, l’indice di edificabilità, la destinazione d’uso consentita e gli oneri per gli eventuali lavori di adattamento dei terreno necessari per la costruzione, elencazione che riproduce esattamente e senza alcun adattamento allo specifico bene i criteri di massima ai quali la Commissione di studio si era richiamata, risultando negli avvisi, quale unico dato specificante, la riduzione dei 10% in riferimento all’ubicazione dei bene a sud della strada Provinciale N. (OMISSIS), riduzione riflettente una ripartizione generale adottata nello studio sopra richiamato” (p. 3 della sentenza impugnata). Inoltre, osservano ancora i giudici di appello, il terreno in questione era stato acquistato nel 1998 al prezzo di L. 300mila. pari ad Euro 154.937,00, accettato dall’Ufficio del Registro, per cui il valore dichiarato di Euro 162.684,00, per l’anno 2000, e 173.013,000, per il 2001, doveva essere considerato congrue.

Il Comune di Merate ricorre contro la società Meratese, che resiste con controricorso, per ottenere la cassazione della sentenza di appello, meglio indicata in epigrafe, denunciando la violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, commi 2 e 2 bis, e L. n. 212 del 2000, art. 7, sostenendo che la motivazione degli avvisi impugnati era sufficiente-mente esaustiva.

La censura è inammissibile perchè tende ad ottenere una rivalutazione di merito che attiene ai contenuto dell’atto impugnato.

La CTR ha ritenuto che gli elementi contenuti nella motivazione degli atti impugnati non consentissero di individuare i criteri concreti utilizzati per accertare il valore del suolo in questione. La ricorrente non può chiedere a questa Corte una differente valutazione al merito degli stessi elementi, a meno che tale valutazione non fosse inficiata da un vizio logico (che nella specie non è stato prospettato).

Il motivo è inammissibile anche perchè non investe la seconda ratio decidendi su cui si regge la decisione impugnata: quella per la quale la congruità del valore dichiarato è stata valutata anche in base al valore dichiarato e accettato dall’ufficio qualche anno prima.

Infine, un ulteriore motivo di inammissibilità è dato dalla genericità del quesito di diritto, formulato senza alcun riferimento alla fattispecie concreta.

Comunque, se non ostassero motivi di inammissibilità, il Collegio non potrebbe non rilevare che la motivazione degli atti impugnati, così come riprodotti nell’odierno ricorso, appare generica e quindi anche nel merito il ricorso sarebbe infondato.

Le considerazioni sopra esposte sono state comunicate alle parti, in forma di relazione redatta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e la discussione in camera di consiglio, in assenza di osservazioni delle parti, ha indotto il Collegio a condividere tali considerazione (sono state espunte le parti non condivise).

Conseguentemente, il ricorso va dichiarato inammissibile e le spese di questa fase, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese dei giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 800, di cui settecento per onorario, oltre le spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2011

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