Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2002 del 24/01/2022

Cassazione civile sez. lav., 24/01/2022, (ud. 06/10/2021, dep. 24/01/2022), n.2002

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21090-2017 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA

D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO,

GIUSEPPE MATANO, ESTER ADA SCIPLINO;

– ricorrente –

contro

FIT VILLAGE S.R.L. SSD, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA QUINTINO SELLA 41,

presso lo studio dell’avvocato CAMILLA BOVELACCI, rappresentata e

difesa dall’avvocato CORRADO TARASCONI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1270/2016 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 08/03/2017 R.G.N. 125/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/10/2021 dal Consigliere Dott. GABRIELLA MARCHESE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ STEFANO, che ha concluso per la cessazione della materia del

contendere;

udito l’avvocato ANTONINO SGROI;

udito l’avvocato GIOIA STIVALI, per delega verbale avvocato CORRADO

TARASCIONI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Bologna respingeva gli appelli dell’INPS e della società Fit Village SSD srl (di seguito per brevità, Fit) avverso la sentenza del Tribunale della stessa città che, investito del giudizio di opposizione a cartella di pagamento avente ad oggetto crediti contributivi relativi a sei dipendenti e a 35 collaboratori autonomi impiegati dalla Fit negli anni dal 2006 al 2008, confermava gli esiti dei verbali ispettivi relativamente ai lavoratori dipendenti ed a sedici collaboratori, la cui prestazione aveva natura professionale, mentre annullava l’iscrizione a ruolo per i restanti diciannove collaboratori.

2. In relazione a questi ultimi, a fondamento del decisum, la Corte di appello osservava, in primo luogo, come fosse emerso lo svolgimento di attività agonistica dilettantistica. A tale riguardo, la prova per testi e quella documentale avevano dimostrato la partecipazione (della Fit), con proprie squadre di Kikboxing, boxe thailandese e sollevamento pesi, a campionati e gare nazionali, nonché l’organizzazione di tornei di beach volley, di calcio e basket ed inoltre l’ospitalità offerta, per lo svolgimento di stage, alle nazionali di nuoto e rugby e, più in generale, la preparazione dei clienti della palestra per la loro attività sportiva.

3. La società Fit aveva anche documentato di essere una società sportiva dilettantistica per previsione statutaria, di essere affiliata al CONI e all’AICS; lo statuto era conforme al tipo normativo dell’associazione sportiva dilettantistica definito dalla L. n. 289 del 2002, art. 90, commi 17 e 18.

4. La Corte territoriale osservava come l’art. 67 TUIR, (id est: del Testo Unico delle Imposte sui Redditi: D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), fondasse il regime di esonero anche della contribuzione previdenziale, nei limiti della soglia reddituale fissata dal successivo art. 69, per i compensi corrisposti agli istruttori e ai collaboratori amministrativi, le cui prestazioni non fossero riconducibili al lavoro dipendente o avessero le caratteristiche della professionalità.

5. La prospettazione dell’INPS non risultava convincente in presenza di un testo (il TUIR appunto) che disciplinava in modo autosufficiente, consequenziale e ragionevole il regime in questione.

6. In concreto, i collaboratori avevano reso prestazioni discontinue e non abituali ed avevano percepito compensi che si ponevano al di sotto del limite monetario indicato dall’art. 69. I loro compensi, dunque, erano attratti alla nozione di “redditi diversi”.

7. Per la cassazione della sentenza, l’INPS ha proposto ricorso, affidato ad un unico motivo, cui ha resistito, con controricorso, la società FIT.

8. La società FIT Village ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

9. Con l’unico motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, – è dedotta la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. C.P.S. n. 708 del 1947, artt. 3 e 4; del D.M. 15 Marzo 2005, n. 17445, art. unico; del D.M. 15 Marzo 2005, n. 17454, art. unico; del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 67, comma 1, lett. m); del D.L. 30 dicembre 2008, art. 24, comma 5, conv. con modificazioni dalla L. 27 febbraio 2009, n. 14.

9.1. La decisione, che ha escluso la sussistenza dell’obbligo contributivo per i diciannove istruttori, viene censurata in ragione del fatto che il D.Lgs. C.P.S. n. 708 del 1947, art. 3, ha imposto l’obbligo di iscrizione all’ENPALS, fra gli altri, al n. 21), agli addetti agli impianti sportivi; inoltre, il medesimo art., comma 2, primo periodo, e con disposizione di chiusura, ha rinviato a decreti ministeriali il compito di adeguare le categorie dei soggetti assicurati.

9.2. In particolare, il D.M. n. 17445 del 2005, ha realizzato tale adeguamento ricomprendendo nell’ambito della tutela previdenziale anche “(…) 20) impiegati, operai, istruttori ed addetti agli impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere, palestre, sale fitness, stadi, sferisteri, campi sportivi, autodromi”. Ancora, il D.M. 15 marzo 2005, n. 17454, ha ridefinito i tre gruppi dello spettacolo obbligatoriamente soggetti all’iscrizione all’ENPALS includendovi i lavoratori ora citati.

10. A fronte di tale evidente imposizione dell’obbligo assicurativo, scaturente dalla legge e dai successivi decreti di adeguamento, ritiene l’INPS che una ipotetica eccezione intesa quale esenzione parziale od integrale, avrebbe dovuto essere esplicita e riferita immediatamente e direttamente al sistema previdenziale; tuttavia, tale esplicito riferimento manca nel disposto dell’art. 67 TUIR, comma 1, lett. m), trattandosi di disposizione che si limita a disciplinare l’individuazione dei redditi sui quali va pagata l’imposta sul reddito delle persone fisiche.

11. Rileva, ancora, il ricorrente che quando il legislatore ha inteso innervare nella materia previdenziale quella fiscale lo ha fatto esplicitamente, come nel caso nel D.Lgs. n. 314 del 1997, per l’ipotesi del lavoro dipendente, e che l’irrilevanza del citato art. 67 TUIR, comma 1, lett. m), emerge anche dalla peculiare diversa disciplina previdenziale dettata dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 70, per il lavoro accessorio, e dal D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 49, per il lavoro occasionale, che evidenziano la volontà della legge di dare copertura assicurativa anche alle più minute attività lavorative.

12. E’ tuttavia preliminare e decisivo l’esame della richiesta formulata dalla società controricorrente con la memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

13. La società FIT Village ha chiesto dichiararsi la cessazione della materia del contendere e/o l’estinzione del giudizio. Ha allegato di avere aderito alla definizione agevolata ex D.L. n. 193 del 2016, art. 6, (conv., con modif., dalla L. n. 225 del 2016), con integrale versamento del debito rateizzato.

14. In forza della detta dichiarazione e dell’allegata documentazione attestante l’intervenuto pagamento di tutte le rate, deve dichiararsi la cessazione della materia del contendere (Cass. n. 24083 del 2018).

15. In presenza della dichiarazione del debitore di avvalersi della definizione agevolata con impegno (in essa esplicitato) a rinunciare al giudizio, ai sensi della normativa di cui innanzi, cui sia seguita la comunicazione dell’esattore ai sensi del detto art. 6, comma 3, il giudizio di cassazione deve essere dichiarato estinto, ex art. 391 c.p.c., rispettivamente per rinuncia del debitore, qualora egli sia ricorrente, ovvero perché ricorre un caso di estinzione ex lege, qualora sia resistente o intimato.

16. In entrambe le ipotesi, deve essere, invece, dichiarata la cessazione della materia del contendere qualora risulti, al momento della decisione, che il debitore abbia anche provveduto al pagamento integrale del debito rateizzato (Cass. n. 24083 del 2018 cit. e, tra le numerose più recenti, Cass. n. 5822 del 2019).

17. Nella fattispecie, ricorre tale ultima situazione. Dalla documentazione in atti, risulta tanto la comunicazione della società concessionaria dei servizi di riscossione quanto la copia dei versamenti attestanti l’integrale pagamento del debito.

18. Le spese del presente procedimento si compensano; il contenuto della definizione agevolata assorbe, infatti, anche il costo del processo pendente (così Cass. n. 24083 del 2018 cit; v., ex multis, in motiv., Cass., sez. lav., n. 28366 del 2021).

19. Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (cfr. Cass. n. 20697 del 2021; Cass. n. 3542 del 2017; v. anche Cass. n. 13636 del 2015; Cass. nn. 23175 del 2015; Cass. n. 19071 del 2018).

P.Q.M.

La Corte dichiara cessata la materia del contendere. Compensa le spese di lite.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2022

 

 

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