Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20019 del 27/07/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 20019 Anno 2018
Presidente: DORONZO ADRIANA
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORD INANZA
sul ricorso 8091-2017 proposto da:
SOCIETA’ EDIZIONI PROPOSTA SUD S.R.L. p.i.02207990645, in
persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA SUVERETO n.324, presso lo studio
dell’avvocato ROSANNA RUSSO, rappresentata e difesa dall’avvocato
GENEROSO PAGLIARULO;
– ricorrente –

Contro
I.N.P.G.I. ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA DEI
GIORNALISTI ITALIANI “GIOVANNI AMENDOLA”
C.F./P.I.02430700589, in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLE MILIZIE n.34, presso lo studio dell’avvocato MARCO
PETROCELLI, che lo rappresenta e difende;

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Data pubblicazione: 27/07/2018

- controricorrente avverso la sentenza n. 4396/2016 della CORTE D’APPELLO di
ROMA, depositata il 27/09/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 06/06/2018 dal Consigliere Dott. GIULIO

RILEVATO
che, con sentenza del 27 settembre 2016, la Corte di Appello di
Roma confermava la decisione del Tribunale in sede di rigetto della
opposizione al decreto ingiuntivo n. 5838/2013 proposta dalla
società Edizioni Proposta Sud s.r.l. ( d’ora in avanti Edizioni) – con il
quale le era stato ingiunto il pagamento in favore dell’INPGI della
somma di euro 47.858,65 per omissioni contributive relative alla
posizione del giornalista Remo D’Acierno in riferimento al periodo
dal novembre 2008 – settembre 2011;
che, ad avviso della Corte territoriale e per quello ancora di rilievo
in questa sede: la Edizioni non aveva contestato neppure
genericamente in primo grado la documentazione prodotta dall’INPGI
( i verbali redatti dagli ispettori del lavoro contenenti le dichiarazioni
rese dai lavoratori presenti sul luogo di lavoro e dallo stesso
D’Acierno) e solo in appello, tardivamente, ne aveva contestato la
efficacia probatoria ( ma non la veridicità in fatto) chiedendo che i
lavoratori che avevano rilasciato le dichiarazioni fossero escussi
come testimoni sicchè, in assenza di specifica contestazione, i fatti
allegati dall’istituto dovevano considerarsi pacifici; dalle dichiarazioni
rese agli ispettori dai lavoratori – convergenti tra loro ed anche con
quelle del D’Acierno ed il cui contenuto era stato solo tardivamente
contestato dalla società – erano emersi gli elementi propri del
rapporto di lavoro subordinato di tipo giornalistico; il solo apparente
contrasto tra quanto dichiarato dal D’Acierno alla Guardia di Finanza
e le sue successive dichiarazioni agli ispettori del lavoro era superato
e dal detto convergente contenuto di queste ultime con quelle rese

Ric. 2017 n. 08091 sez. ML – ud. 06-06-2018
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FERNANDES.

dai lavoratori in sede ispettiva e dal fatto che all’epoca in cui il
D’Acierno era stato sentito dalla Guardia di Finanza egli lavorava
presso la Edizioni senza essere regolarizzato e, dunque, si trattava di
dichiarazioni rese con il timore di perdere il posto di lavoro;
che per la cassazione di tale decisione propone ricorso la Edizioni
affidato ad un unico articolato motivo cui resiste con controricorso

che è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art.
380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti,
unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di
consiglio;
che l’INPGI ha depositato memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ. in
cui aderisce alla proposta del relatore chiedendo il rigetto del ricorso;
CONSIDERATO
che con l’unico articolato motivo si deduce omesso esame circa
un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra
le parti e violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. per
avere, tanto il Tribunale che la Corte territoriale, ritenuta raggiunta
la prova della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato sulla
,.
scorta del contenuto del verbale ispettivo e delle dichiarazioni rese
dai lavoratori e dallo stesso D’Acierno agli ispettori nonostante non
fossero state confermate in giudizio e senza dare ingresso alla prova
articolata dalla società, omettendo di considerare il fatto storico
costituito da quanto dichiarato dal predetto alla Guardia di Finanza
avente valenza di confessione stragiudiziale; si evidenzia, inoltre,
come il D’Acierno, successivamente all’impugnata sentenza, era
stato ritenuto colpevole del reato di truffa – con decisione del
Tribunale di Napoli del 26 gennaio 2017 – “..perchè approfittando
del rapporto di conoscenza con il direttore del “Corriere dell’Irpinia”
e della frequentazione dei locali in uso al predetto giornale, in cui
godeva di una postazione lavorativa a titolo gratuito, in cambio della
cessione di fotografie scattate in occasione di incontri calcistici,
induceva in errore l’addetto stampa della SCC Napoli s.p.a.,
richiedendogli il rilascio di permessi per accedere alla tribuna stampa
Ric. 2017 n. 08091 sez. ML – ud. 06-06-2018
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l’INPGI;

dello stadio San Paolo a nome di suoi amici ( indicati falsamente
come giornalisti)”;
che il motivo è inammissibile, in primo luogo, perché nonostante
il richiamo a violazioni di legge contenuto nell’intestazione tende ad
una rivisitazione del merito non consentita in questa sede; ed infatti,
è stato in più occasioni affermato dalla giurisprudenza di legittimità

varie risultanze, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la
motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del
merito, il quale nel porre a fondamento della propria decisione una
fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che
quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere
tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le
deduzioni difensive (cfr., e plurimis, Cass. n. 17097 del 21/07/2010;
Cass. n. 12362 del 24/05/2006; Cass. n. 11933 del 07/08/2003).
Inoltre, il giudice del gravame ha evidentemente ritenuto superflua
l’ammissione della prova testimoniale come è dato evincere dal
richiamo contenuto nella sentenza gravata ai principi affermati da
questa Corte secondo cui « …. l’esclusione di un’efficacia diretta
fino a querela di falso del contenuto intrinseco delle dichiarazioni
rese agli ispettori dai lavoratori non implica che le stesse siano prive
di qualsivoglia efficacia probatoria in difetto di una loro conferma in
giudizio; ove le dichiarazioni dei lavoratori siano univoche infatti, il
giudice può ben ritenere superflua l’escussione dei lavoratori in
giudizio mediante prova testimoniale, tanto più se il datore di lavoro

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