Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20018 del 27/07/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 20018 Anno 2018
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: NAPOLITANO LUCIO

ORDINANZA
sul ricorso 574-2017 proposto da:
CANTINE DRAGANI SRL, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ELEONORA
D’ARBOREA 30, presso lo studio dell’avvocato BERNARDO
CARTONI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente contro
COMUNE DI ORTONA, in persona del Sindaco pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRANCESCO DENZA 20,
presso lo studio dell’avvocato LAURA ROSA, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato LORENZO DEL FEDERICO;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 27/07/2018

avverso la sentenza n. 930/7/2016 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di L’AQUILA SEZIONE
DISTACCATA DI PESCARA, depositata il 13/10/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 20/02/2018 dal Consigliere Dott. LUCIO

FATTO E DIRITTO
La Corte,
costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.,
come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del
d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla 1. n. 197/2016;
dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo
Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente
motivazione in forma semplificata e che la ricorrente ha depositato
memoria critica alla proposta del relatore depositata in atti, osserva
quanto segue:
Con sentenza n. 930/7/2016, depositata il 13 ottobre 2016, notificata
il 24 ottobre 2016, la CTR dell’Abruzzo – sezione staccata di Pescara rigettò l’appello proposto dalla società Cantine Dragani S.r.l. nei
confronti del Comune di Ortona, avverso la sentenza di primo grado
della CTP di Chieti, che aveva a sua volta rigettato il ricorso proposto
dalla contribuente avverso avviso di accertamento per TARSU relativa
all’anno 2012. Avverso la pronuncia della CTR la contribuente ha
proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui il Comune
di Ortona resiste con controricorso.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia «Violazione e falsa
applicazione degli artt. 3 L. 241/90, 7, 1° comma 1. n. 212/2000, 11,
comma 2 bis d. lgs. 504/92 (art. 360, 1° comma, n. 3 c.p.c.)»,
lamentando che la decisione impugnata abbia, nel confermare la
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NAPOLITANO.

decisione di primo grado, violato le disposizioni di cui in epigrafe,
ritenendo assolto l’onere di motivazione dell’atto impositivo, sebbene
lo stesso fosse basato unicamente su motivazioni generiche
predisposte per tutti gli avvisi e nonostante l’atto medesimo non
contenesse, né recasse in allegato, l’indicazione delle fonti di prova

tassabile.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ancora violazione e falsa
applicazione degli artt. 62, comma 3 del d. lgs. n. 507/1993, 21,
comma 2, de d.lgs. n. 22/1997 e 238, comma 10, del d. lgs. n.
152/2006 (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.), invocando
l’illegittimità della deliberazione tariffaria del Comune di Ortona —
viceversa fatta salva, con la conferma dell’avviso di accertamento
impugnato, dalla decisione della CTR – sul presupposto della mancata
previsione da parte del regolamento comunale di limiti quantitativi per
l’assimilazione dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti solidi urbani.
Diversamente da quanto eccepito dal controricorrente, il primo motivo
di ricorso può ritenersi autosufficiente, avendo assolto parte ricorrente
al relativo onere attraverso l’allegazione al ricorso di copia dell’avviso
di accertamento oggetto d’impugnazione davanti al giudice di merito.
Ciò consente alla Corte di esprimere il sindacato richiesto, risultando
peraltro il motivo di ricorso manifestamente infondato.
Ferma restando l’inammissibilità della censura nella parte in cui si
riferisce alla motivazione adottata dalla decisione di primo grado, con
riferimento alla pronuncia della CTR la stessa è confotine alle norme
in tema di motivazione dell’atto impositivo, non corrispondendo al
vero quanto indicato in ricorso in punto di generico riferimento a
norme di legge o alla banca dati delle denunce o delle superfici catastali
dell’allora Agenzia del Territorio ed alla documentazione acquisita a
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dalle quali il Comune pretendeva di rettificare in aumento la superficie

seguito di rilevazione diretta, atteso che l’accertamento contiene la
chiara indicazione catastale degli immobili, della relativa destinazione
degli stessi e delle superfici accertate, della violazione contestata e
delle causali dei relativi importi richiesti.
Risulta quindi soddisfatto il requisito motivazionale di cui all’avviso di

comma 162, della 1. n. 296/2006, norma peraltro neppure richiamata
in epigrafe dalla ricorrente, in relazione alla chiara indicazione dei
presupposti di fatto e delle ragioni di diritto da parte dell’atto
impositivo.
La sentenza impugnata ha inoltre correttamente rilevato come il
riferimento alla documentazione acquisita a seguito di rilevazione
diretta riguardi scheda di sopralluogo cui ha partecipato la stessa
contribuente come da relativa sottoscrizione (circostanza giammai
contestata dalla contribuente nel doppio grado di merito), sicché è
ugualmente corretta la valutazione della decisione impugnata riguardo
alla non necessità di allegazione della scheda di sopralluogo all’atto
impositivo, prodotto in giudizio dal Comune come attestato dalla
decisione impugnata, senza che ciò comporti, ad ogni evidenza,
diversamente da quanto dedotto dalla ricorrente, alcun ampliamento
del thema decidendum quale esattamente delimitato, anche con il
riferimento alla documentazione acquisita a seguito di rilevazione
diretta, dall’atto impositivo.
Il secondo motivo – in disparte ulteriori profili d’inammissibilità, non
avendo la ricorrente esattamente indicato la fonte regolamentare
comunale che avrebbe illegittimamente equiparato i rifiuti speciali non
pericolosi a quelli solidi urbani, per omessa previsione di limiti
quantitativi – risulta in ogni caso inammissibile (cfr. Cass. sez. unite 21
marzo 2017, n. 7155), avendo la decisione impugnata chiarito, in
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accertamento da parte di ente locale in relazione al disposto dell’art. 1,

conformità all’indirizzo espresso dalla giurisprudenza di questa Corte
in materia (oltre alla pronunce indicate, in senso conforme, più di
recente, si vedano Cass. sez. 5, ord. 13 settembre 2017, n. 21250; Cass.
sez. 5, 8 luglio 2016, n. 13997), che la disciplina agevolativa prevista
per i rifiuti speciali dall’art. 62, comma 3, del d. lgs. n. 507/1993, non

determinazione delle superfici tassabili, affinché dalle stesse possano
essere scomputate quelle destinate alla produzione di rifiuti speciali,
incombendo alla impresa contribuente l’onere di fornire
all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza ed alla
delimitazione delle aree che, per il detto motivo, non concorrono alla
quantificazione della complessiva superficie imponibile.
L’inosservanza di tale onere d’informazione da parte della
contribuente, eccepita dall’amministrazione comunale nel giudizio di
merito, non risulta essere stata contestata dalla contribuente, donde
non può ritenersi superata la presunzione secondo cui producono
rifiuti urbani coloro che occupano o detengono immobili nel territorio
comunale.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato.
Deve infine rilevarsi che parte ricorrente, non formulando un espresso
argomentato motivo di ricorso, ha tuttavia dichiarato di impugnare, tra
l’altro, per quanto qui rileva, la statuizione del giudice di secondo grado
con la quale la contribuente è stata condannata al pagamento di una
somma pari a quella del contributo unificato.
Detta doglianza — seppur non consacrata in uno specifico motivo di
ricorso – deve essere comunque valutata dalla Corte, la quale, attesa la
natura di carattere amministrativo della relativa statuizione (cfr. Cass.
sez. 6-5, ord. 9 novembre 2017, n. 2017), che non attiene alla sfera
della decisione sullo

ius litigatoris, riguardando il rapporto del

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opera automaticamente ma necessita di denuncia ai fini della

contribuente con l’erario relativamente alle condizioni per l’accesso alla
giustizia, è tenuta comunque a rilevare anche d’ufficio l’erroneità della
suddetta statuizione.
Di ciò va dato atto dunque in questa sede come da dispositivo, avuto
riguardo al fatto che il giudice tributario d’appello ha ritenuto tout court

1 — quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, la quale prevede che
«Quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o
è dichiarata inammissibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare
un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma
della comma 1- bis».
Si tratta, infatti, di norma avente carattere di misura eccezionale e lato
sensu sanzionatoria, la cui operatività deve intendersi circoscritta al
processo civile, secondo l’esegesi della norma indirettamente avallata
dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 18, depositata il 2
febbraio 2018, e condivisa da questa Corte.
Ciò diversamente da quanto dovuto per la soccombenza nel presente
giudizio di legittimità, stante la natura di ordinario processo civile,
disciplinato dalle norme del codice di rito, del giudizio di cassazione
avente ad oggetto l’impugnazione di pronuncia resa da Commissione
tributaria regionale, come ribadito da Cass. sez. unite 7 aprile 2014, n.
8053.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si
liquidano come da dispositivo.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore del
controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in
Euro 1400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del
Rtc. 2017 n. 00574 sez. MT – ud. 20-02-2018
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applicabile al processo tributario d’appello una norma, l’art. 13, comma

15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di
legge, se dovuti.
Dichiara non sussistente l’obbligo della contribuente di versare un
ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto
per l’impugnazione proposta in grado di appello.

atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1 — bis
dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20 febbraio 2018
l Pr ‘si
re Cirillo

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, dà invece

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