Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20018 del 24/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 24/09/2020, (ud. 03/06/2020, dep. 24/09/2020), n.20018

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30280-2018 proposto da:

ECOFER DI L.M.C.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

G. BETTOLO 22, presso lo studio dell’avvocato FELICIOLI STEFANO,

rappresentata e difesa dall’avvocato VIANI MARINO;

– ricorrente –

contro

VOLVO CE ITALIA SPA, in persona dell’amministratore delegato pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli

avvocati VERTUANI SANDRO e BINI GIULIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3588/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 24/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 03/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. OLIVA

STEFANO

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione ritualmente notificato Ecofer di L.M.C.A. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 7279/2014, emesso dal Tribunale di Milano in favore di Volvo Ce Italia Spa per il pagamento della somma di Euro 11.531,69 oltre accessori a fronte delle riparazioni eseguite dal creditore ingiungente su un escavatore usato acquistato in leasing dall’opponente. Nella narrativa dell’opposizione la Ecofer sosteneva che il mezzo, bloccatosi dopo un mese dalla consegna, era stato portato in officina per le riparazioni del caso e che le stesse dovessero essere assicurate dal fornitore Volvo Ce Italia Spa in garanzia.

Si costituiva in giudizio quest’ultima società resistendo all’opposizione e deducendo che Ecofer aveva prima richiesto ed accettato un preventivo per la riparazione del mezzo, e poi aveva invocato un pagamento rateale del relativo importo, che gli era stato concesso; solo in seguito, e quindi tardivamente, Ecofer aveva sollevato eccezioni circa la funzionalità del mezzo.

Con sentenza n. 19736/2015 il Tribunale di Milano rigettava l’opposizione condannando l’opponente alle spese del grado, nonchè al risarcimento del danno derivante da lite temeraria ex art. 96 c.p.c., comma 3.

Interponeva appello avverso detta decisione Ecofer e si costituiva in seconde cure, per resistere al gravame, Volvo Ce Italia Spa.

Con la sentenza n. 3588/2018, oggi impugnata, la Corte di Appello di Milano rigettava il gravame condannando l’appellante alle spese del secondo grado.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione Ecofer di L.M.C.A., affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso Volvo Ce Italia Spa, invocando preliminarmente l’interruzione del giudizio per effetto dell’intervenuto fallimento della parte ricorrente.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va esaminata e respinta l’eccezione proposta dalla parte controricorrente, dovendosi riaffermare il principio per cui “In tema di ricorso per cassazione, la dichiarazione di fallimento di una delle parti non integra una causa di interruzione del relativo giudizio, posto che in quest’ultimo opera il principio dell’impulso d’ufficio e non trovano, pertanto, applicazione i comuni eventi interruttivi del processo contemplati in via generale dalla legge” (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 7477 del 23/03/2017, Rv. 645844; conf. Cass. Sez. L, Sentenza n. 21153 del 13/10/2010, Rv. 614856).

Passando all’esame dei motivi di ricorso, con il primo di essi il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1490 e ss. c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto tardiva la contestazione mossa da Ecofer, a fronte dei vizi occulti incidenti sull’escavatore oggetto di causa. Ad avviso del ricorrente il difetto manifestatosi non poteva essere rilevato facilmente dall’acquirente e doveva intendersi tacitamente riconosciuto dal fatto che Volvo aveva eseguito per ben due volte un intervento di riparazione del mezzo.

La censura è inammissibile, in quanto in realtà essa si risolve in una richiesta di riesame della valutazione e del convincimento del giudice di merito, tesa ad una nuova pronuncia sul fatto, da ritenersi preclusa in questa sede in quanto estranea alla natura e ai fini del giudizio in cassazione (Cass. Sez.U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv.627790).

Peraltro la sentenza impugnata valorizza la circostanza che Ecofer avesse sottoscritto in data 16.11.2011 il preventivo di spesa presentatogli da Volvo Ce Italia Spa, chiedendo per iscritto che esso potesse essere saldato a rate, ed attribuisce a detto comportamento il valore di ricognizione del debito, ritenendo pertanto tardiva l’eccezione sollevata soltanto con email del 27.12.2011 (cfr. pag.5). Trattasi di valutazione di fatto che non può costituire, in quanto tale ed in base al principio di diritto appena richiamato, oggetto di motivo di ricorso in cassazione, anche alla luce del connesso principio secondo cui l’apprezzamento del materiale istruttorio costituisce giudizio di fatto riservato al giudice di merito (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv.589595: conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv.631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv.631330).

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 96 c.p.c., comma 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 perchè la Corte ambrosiana avrebbe ingiustamente confermato la condanna per responsabilità aggravata comminata alla Ecofer dal Tribunale, senza considerare che i vizi relativi all’escavatore oggetto di causa erano stati taciuti dal fornitore e che la condotta dell’appellante non poteva essere ritenuta ispirata a dolo o colpa grave.

La censura è infondata. Risulta infatti dalla decisione impugnata che la Corte territoriale ha considerato il fatto che Ecofer sia “… esperta del settore, pertanto, ha sottoscritto la clausola n. 2 in discussione in piena consapevolezza, oltre che

Ric. 2018 n. 30280 sez. M2 – ud. 03-06-2020 con doppia sottoscrizione ex art. 1341 c.c. e ss.. L’intervento in discussione è stato richiesto dalla stessa Ecofer, come da preventivo a postilla di suo pugno aggiunta per il pagamento rateale, cosa che rende pretestuoso il comportamento successivo e fa apparire come un ripensamento la tesi sostenuta della operatività della garanzia. La pretestuosità del comportamento e della tesi difensiva giustificano la conferma integrale della sentenza impugnata anche relativamente alla condanna alle spese di primo grado e alla condanna ex art. 96 c.p.c., comma 3, disposto peraltro già sufficientemente punitivo che non si ritiene di replicare in appello” (cfr. pag.5 della sentenza).

Sul punto, va ribadito che “La condanna ex art. 96 c.p.c., comma 3, applicabile d’ufficio in tutti i casi di soccombenza, configura una sanzione di carattere pubblicistico, autonoma ed indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., commi 1 e 2, e con queste cumulabile, volta -con finalità deflattive del contenzioso- alla repressione dell’abuso dello strumento processuale; la sua applicazione, pertanto, non richiede, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di abuso del processo, quale l’aver agito o resistito pretestuosamente” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 27623 del 21/11/2017, Rv. 646080; conf. Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 29812 del 18/11/2019, Rv. 656160).

Ne consegue l’infondatezza della doglianza, non essendo necessario alcun accertamento circa la sussistenza dell’elemento del dolo o della colpa grave, come invece sostiene parte ricorrente (cfr. pag.17 del ricorso); è infatti del tutto sufficiente la valutazione della pretestuosità della condotta processuale tenuta dalla parte. Il giudice di merito, pertanto, ha correttamente applicato la norma di cui all’ar. 96 c.p.c., comma 3.

In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1- quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.400 di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile, il 3 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2020

 

 

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