Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20018 del 14/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 14/07/2021, (ud. 14/05/2021, dep. 14/07/2021), n.20018

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – rel. Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 14295/15 R.G. proposto da:

K.B.K., rappresentata e difesa, in virtù di

mandato in calce al ricorso, dall’avv. Carmine Farace, con domicilio

eletto presso lo studio dell’avv. Marco Machetta, in Roma, via degli

Scipioni, n. 110;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro-tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i

cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, alla via dei

Portoghesi, n. 12;

– resistente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria della Lombardia n.

6405/44/14 depositata in data 4 dicembre 2014;

udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 14 maggio

2021 dal Consigliere Dott.ssa Pasqualina Anna Piera Condello.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. K.B.K. impugnò l’avviso di accertamento, per l’anno d’imposta 2007, con il quale l’Agenzia delle entrate, rettificando il reddito ai fini Irpef, aveva proceduto, con metodo sintetico, al recupero di maggiore imposta sulla base di elementi indici di capacità contributiva.

La Commissione tributaria provinciale di Milano rigettò il ricorso, osservando che la contribuente non aveva provato con idonea documentazione di possedere redditi già tassati o non tassabili che potessero giustificare lo scostamento accertato dall’Ufficio finanziario; escluse, altresì, che la ricorrente avesse dimostrato di avere usufruito di utili derivanti da vendite.

2. La Commissione tributaria regionale adita, dinanzi alla quale la contribuente aveva reiterato le deduzioni difensive già esposte in primo grado, respinse l’impugnazione.

Rilevò, in particolare, che i giudici di primo grado avevano correttamente rigettato il ricorso introduttivo, ritenendo non fornita alcuna prova idonea a giustificare lo scostamento tra reddito dichiarato e reddito determinato sinteticamente, e che la contribuente in grado di appello aveva riproposto le medesime eccezioni, senza fornire ulteriori elementi idonei a confutare la ricostruzione dei redditi operata dall’Amministrazione finanziaria.

Premesso che la contribuente aveva l’onere di provare con idonea documentazione di possedere entrate finanziarie non tassabili o di avere goduto di eventuali regalie idonee a giustificare lo scostamento, motivò: “le affermazioni della parte contribuente circa il concreto utilizzo dei veicoli da parte di altri soggetti risultano mere asserzioni completamente prive di qualsivoglia valido documento probatorio; anche con riferimento alle generiche affermazioni circa il presunto utilizzo delle autovetture per esercitare propria attività, manca completamente di qualsivoglia elemento documentale atto a supportare tale affermazione e tali carenze documentali appaiono ancora più evidenti in merito al mantenimento dell’unità immobiliare in relazione alla quale la contribuente afferma che per il mantenimento del bene avrebbe contribuito anche l’attuale marito”. Ritenne parimenti carente sotto il profilo documentale la circostanza della vendita di due unità immobiliari in Polonia e il trasferimento in Italia di quanto percepito a titolo di prezzo di tali vendite, in difetto di produzione in giudizio degli atti pubblici di vendita che potessero dare conto delle modalità di percezione delle somme ricavate dalla vendita e dimostrare che le stesse fossero poi transitate in Italia.

3. Avverso la decisione d’appello la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, con un unico articolato motivo.

L’Agenzia delle entrate, seppure ritualmente intimata, ha depositato atto di costituzione al solo fine di partecipare all’udienza di discussione.

In prossimità dell’adunanza camerale la contribuente ha depositato memoria ex art. 380-bis.1. c.p.c., invocando il giudicato derivante dalla allegata sentenza della C.T.R. di Milano n. 1734/5/2016, emessa nell’ambito di altro giudizio avente ad oggetto l’avviso di accertamento ai fini Irpef relativo all’anno d’imposta 2008.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo – rubricato: art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonché comma 1, n. 5, in ordine alla violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, nonché in ordine alla violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, commi 4 e 5, – la ricorrente assume che la decisione impugnata, confermando il decisum del giudice di primo grado, ha omesso di considerare quanto dedotto in sede di gravame.

Precisa, sul punto, che la ricostruzione reddituale dell’Ufficio dovrebbe essere rivista sulla scorta dei rilievi di ordine sostanziale di cui l’ufficio non aveva tenuto conto in sede di esame della documentazione prodotta in esito al questionario, nonché in sede di tentativo di definizione con adesione.

Ribadisce la ricorrente che: a) le spese di mantenimento dell’abitazione principale di proprietà erano state anche sostenute dal coniuge; b) l’autovettura Mercedes S 350 era stata acquistata tramite sottoscrizione di contratto di leasing e peraltro si trattava di veicolo utilizzato anche per l’attività professionale di avvocato; c) l’autovettura Opel Agila era stata interamente pagata previa sottoscrizione di contratto di leasing ed era nella disponibilità del figlio, come risultava dalla dichiarazione sostitutiva di quest’ultimo; d) anche l’autovettura Mercedes Benz 270 era stata acquistata previa sottoscrizione di contratto di leasing ed era nell’esclusiva disponibilità del coniuge, al quale era stata ceduta e che ne sosteneva interamente le spese; e) i valori attribuiti ai veicoli apparivano spropositati; f) il motociclo modello Malaguti GT 500 era stato acquistato previa sottoscrizione di un finanziamento ed era nella esclusiva disponibilità del figlio, come da dichiarazione sostitutiva dello stesso; g) alla sottoscrizione del contratto di leasing con Mercantile Leasing s.p.a. per l’acquisto dell’auto Mercedes S aveva versato l’importo di Euro 14.000,00, a titolo di maxi-canone iniziale e prima rata, sicché tale incremento patrimoniale incideva in misura minima; h) la madre aveva accreditato la sua pensione, ammontante a circa Euro 3.000,00 annui, sul conto corrente della stessa contribuente; i) dalla vendita degli immobili in Polonia aveva conseguito gli importi di Euro 30.000,00 e di Euro 22.000,00, come da atti allegati all’Ufficio, nonché Euro 14.859,00 tramite bonifico estero allegato al ricorso in appello; in ordine a tali contratti era stata avanzata in memoria richiesta di perizia ai fini della loro traduzione giurata, sulla quale il giudice di appello non si era pronunciato; h) fra i disinvestimenti rientrava il rimborso di una quota di capitale sociale di una cooperativa, per mancato acquisto di immobile da parte della figlia, dell’importo di Euro 65.858,00, importo che era stato versato sul suo conto corrente e che era stato utilizzato in ambito familiare.

2. Preliminare all’esame del motivo di ricorso è la valutazione dell’eccezione di giudicato sollevata dalla contribuente con la memoria illustrativa, alla quale è stata allegata la sentenza della C.T.R. della Lombardia n. 1734 del 2016, pronunciata in data 15 marzo 2016, munita di attestazione ex art. 124 disp. att. c.p.c..

2.1. L’eccezione è ammissibile.

2.2. La garanzia di stabilità derivante dall’applicazione del giudicato esterno, ancorché di formazione successiva, in quanto radicata sull’attuazione dei principi costituzionali del giusto processo e della ragionevole durata (i quali escludono la legittimità di soluzioni interpretative volte a conferire rilievo a formalismi non giustificati da effettive e concrete garanzie difensive) non trova ostacolo nel divieto posto dall’art. 372 c.p.c., che si riferisce esclusivamente ai documenti che avrebbero potuto essere prodotti nel giudizio di merito, ma non si estende a quelli attestanti la successiva formazione del giudicato (comprovando, d’altronde, questi ultimi la sopravvenuta formazione di una regula iuris alla quale il giudice ha il dovere di conformarsi in relazione al caso concreto ed attenendo pertanto ad una circostanza che incide sullo stesso interesse delle parti alla decisione), pertanto correttamente riconducibili alla categoria dei documenti riguardanti l’ammissibilità del ricorso (Cass. sez. U, 16/06/2006, n. 13916; Cass., sez. 1, 23/12/2010, n. 26041; Cass., sez. 1, 21/05/2014, n. 11219).

L’acquisizione della sentenza passata in giudicato ben può, dunque, avvenire, sia pure nella compiuta consumazione di un potere di rilevazione ad iniziativa della parte, in funzione dell’attivazione del potere officioso di questa Corte.

2.3. Al riguardo, giova richiamare il consolidato insegnamento di legittimità, secondo cui, nel giudizio di cassazione, l’esistenza del giudicato esterno e’, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile d’ufficio, non solo qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, ma anche nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata: trattasi, infatti, di un elemento che non può essere incluso nel fatto (in tal caso, non potendo il principio trovare applicazione, posto che, essendo la sentenza passata in giudicato invocata al fine di dimostrare l’effettiva sussistenza o meno dei fatti, essa rileva per valutazioni di stretto merito: Cass., sez. U, 2/02/2017, n. 2735), in quanto, pur non identificandosi con gli elementi normativi astratti, è ad essi assimilabile, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto, e partecipando quindi della natura dei comandi giuridici, la cui interpretazione non si esaurisce in un giudizio di mero fatto; il suo accertamento non costituisce, pertanto, patrimonio esclusivo delle parti, ma, mirando ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, conformemente al principio del ne bis in idem, corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo e consistente nell’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione (Cass., sez. U, 16/06/2006, n. 13916, cit.; Cass., sez. 1, 23/12/2010, n. 26041).

2.4. Inoltre, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, qualora due giudizi tra le stesse parti si riferiscano al medesimo rapporto giuridico e uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo e il petitum del primo (Cass. 12 aprile 2010, n. 8650; Cass. 25 luglio 2016, n. 15339; Cass. 9 dicembre 2016, n. 25269); di conseguenza, il giudice, al quale risulti l’esistenza di un tale giudicato, non è vincolato dalla posizione assunta dalle parti in giudizio, potendo procedere al suo rilievo e valutazione anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo (Cass., sez. 27/07/2016, n. 15627; Cass., sez, L, 3/04/2017, n. 8607).

2.5. Ritenuta ammissibile l’eccezione di giudicato, occorre rilevare che il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4, in tema di accertamento sintetico, nella formulazione ratione temporis vigente, così recita: “L’ufficio, indipendentemente dalle Disp. recate dai commi precedenti e dall’art. 39, può, in base ad elementi e circostanze di fatto certi, determinare sinteticamente il reddito complessivo netto del contribuente in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze quando il reddito complessivo netto accertabile si discosta per almeno un quarto da quello dichiarato. A tal fine, con decreto del Ministro delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono stabilite le modalità in base alle quali l’ufficio può determinare induttivamente il reddito o il maggior reddito in relazione ad elementi indicativi di capacità contributiva individuati con lo stesso decreto quando il reddito dichiarato non risulta congruo rispetto ai predetti elementi per due o più periodi di imposta”.

Come questa Corte ha chiarito, dalla interpretazione letterale della norma non si ricava che i “due o più periodi di imposta” debbano essere consecutivi, né che essi debbano essere necessariamente anteriori a quello per il quale si effettua l’accertamento, essendo sufficiente, secondo la disposizione in esame, che il reddito dichiarato non risulti congruo rispetto ai predetti elementi per due o più periodi di imposta (Cass., sez. 5, 9/01/2009, n. 237; Cass., sez. 6-5, 14/12/2016, n. 25645).

2.6. La sopravvenienza, in pendenza del presente giudizio, della pronuncia della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 1734/5/2016, che, accogliendo l’appello della contribuente, ha annullato l’avviso di accertamento emesso in relazione ad accertamento sintetico riferito all’annualità d’imposta 2008, fa, dunque, venire meno il presupposto del rilievo di almeno due anni di scostamento (nella misura di almeno un quarto), secondo quanto previsto dal citato D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4, tra il reddito complessivo netto accertabile con metodo sintetico e quello dichiarato, determinando quindi l’inapplicabilità dell’accertamento con metodo induttivo secondo la citata norma (Cass., sez. 6-5, 13/03/2018, n. 6075).

L’eccezione e’, quindi, fondata ed impone l’accoglimento del ricorso.

3. Conclusivamente, in accoglimento del ricorso, la sentenza deve essere cassata e la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, con l’accoglimento dell’originario ricorso della contribuente.

Le spese dei gradi del giudizio di merito, avuto riguardo all’andamento del giudizio, vanno integralmente compensate tra le parti, mentre le spese del giudizio di legittimità seguono i criteri della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie il ricorso originario della ricorrente.

Compensa integralmente tra le parti le spese dei gradi del giudizio di merito e condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento in favore della ricorrente delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2021

 

 

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