Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20017 del 06/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 06/10/2016, (ud. 14/06/2016, dep. 06/10/2016), n.20017

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28441-2013 proposto da:

D.L.M., (OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato PIETRO CAPPANNINI giusta procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

F.G., S.M., elettivamente domiciliati in

ROMA, PIAZZA RANDACCIO 1, presso lo studio dell’avvocato MANLIO

MORCELLA, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANNA

PICCIOLINI giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 171/2013 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 07/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/06/2016 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito l’Avvocato PIETRO CAPPANNINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del 1 motivo di

ricorso, rigetto nel resto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

p.1. D.L.M. ha proposto ricorso per cassazione contro S.M. e F.G. avverso la sentenza del 7 maggio 2013, con cui la Corte di Appello di Perugia, nella contumacia degli intimati, ha rigettato con gravame delle spese giudiziali del grado, il suo appello avverso la sentenza del 22 gennaio 2010 con la quale il Tribunale di Perugia, Sezione Distaccata di Orvieto, aveva parzialmente accolto l’opposizione da lui proposta nel novembre del 2008 avverso un precetto intimatogli per l’importo di Euro 136.381,92 in forza di titolo esecutivo rappresentato da un verbale di conciliazione e dichiarato la sua inefficacia per la somma eccedente l’importo di Euro 95.467,34 gravando esso ricorrente dei due terzi delle spese del giudizio e compensando il terzo residuo.

p.2. Al ricorso per cassazione, che è affidato a quattro mezzi, hanno resistito con controricorso gli intimati.

Costoro hanno anche depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p.1. Con un primo motivo il ricorso deduce “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto con riguardo alla condanna al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio” e lamenta che la sentenza impugnata abbia emesso condanna alle spese a carico dell’appellante e qui ricorrente ancorchè gli appellati e qui resistenti non si fossero costituiti nel giudizio di appello e vi fossero rimasti contumaci.

p.1.1. Il motivo, del quale, peraltro, i resistenti sia nel ricorso che nella memoria si disinteressano, è manifestamente fondato.

E’ pacifico che gli appellati S. e F. erano rimasti contumaci nel giudizio di appello e, pertanto, poichè non avevano sostenuto l’onere delle spese del grado, risulta del tutto illegittima la condanna dell’appellante alla rifusione di esse, della quale, del resto, la sentenza impugnata – pur indicando la posizione di contumaci dei medesimi nemmeno dà spiegazione alcuna.

E, peraltro, è escluso che una spiegazione si fosse potuta dare, atteso il consolidato principio di diritto secondo il quale:

“La condanna alle spese processuali, a norma dell’art. 91 c.p.c., ha il suo fondamento nell’esigenza di evitare una diminuzione patrimoniale alla parte che ha dovuto svolgere un’attività processuale per ottenere il riconoscimento e l’attuazione di un suo diritto; sicchè essa non può essere pronunziata in favore del contumace vittorioso, poichè questi, non avendo espletato alcuna attività processuale, non ha sopportato spese al cui rimborso abbia diritto” (Cass. n. 17432 del 2011, da ultimo; in precedenza: Cass. n. 43 del 1999; 9419 del 1997; n. 11803 del 1993).

La sentenza dev’essere, dunque, cassata riguardo alla statuizione sulle spese a carico del qui ricorrente.

p.2. Con un secondo motivo si denuncia “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto con riguardo alla validità esecutiva del verbale di conciliazione del (OMISSIS)”.

Con il terzo motivo si denuncia “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto con riguardo alla sproporzione della penale”.

Con il quarto motivo c si duole di “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto con riguardo alla in trasmissibilità dell’accordo transattivo”.

p.2.1. Tutti e tre i motivi – al di là dell’assenza di indicazione delle norme di diritto volate nella loro intestazione, che potrebbe essere superata dalla loro evocazione nell’illustrazione almeno per il secondo ed il terzo – sono illustrati con palese inosservanza del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, atteso che: a) il secondo ed il terzo si basano sul contenuto e sul tenore dell’accordo conciliativo; b) il secondo anche sul contratto locativo e su atti del giudizio di finita locazione; c) il terzo oltre che sul verbale, sul contenuto quello di un atto di compravendita.

Riguardo a detti atti si omette di indicare se e dove essi erano stati prodotti in sede di merito e, soprattutto, se e dove lo siano stata (anche agli effetti dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4) in questo giudizio di legittimità, in modo da poter essere esaminati da questa Corte, al fine di riscontrare quanto da essi desunto dal ricorrente.

Inoltre, si omette di riprodurre il contenuto degli atti per la parte rilevante per sorreggere la censura sia direttamente sia indirettamente, in questo secondo caso con indicazione della parte dell’atto cui l’indiretta riproduzione si riferirebbe.

Tali indicazioni erano necessarie per rispettare la norma citata, giusta un consolidato orientamento di questa Corte (inaugurato da Cass. (ord.) n. 22303 del 2008 e Cass. sez. un. n. 28547 del 2008, confermato da Cass. sez. un. n. 7061 del 2010 e, quindi, costantemente seguito per un’ampia esposizione delle sue ragioni, adde Cass. n. 7455 del 2013).

I tre motivi sono, pertanto, inammissibili, senza che occorra esaminare la fondatezza della loro prospettazione, che dovrebbe, peraltro, inammissibilmente avvenire in astratto rispetto agli elementi che si dovrebbero esaminare.

p.3. A seguito della cassazione della sentenza impugnata quanto alla statuizione sulle spese si palesa l’inutilità del giudizio di rinvio e la sussistenza delle condizioni per decidere nel merito riguardo alle spese del giudizio di appello, dichiarando che non è luogo a provvedere su di esse, in ragione della contumacia degli appellati.

La sentenza impugnata è, pertanto, cassata sul punto senza rinvio.

p.4. Il parziale accoglimento del ricorso solo quanto alle spese giustifica la compensazione delle spese del giudizio di cassazione, giacchè parte ricorrente non ha allegato di avere prospettato alle controparti, prima di proporre il ricorso per cassazione, di addivenire ad un accordo che riconoscesse l’illegittimità della sola statuizione sulle spese.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara inammissibili gli altri tre motivi. Cassa la sentenza impugnata in relazione alla statuizione sulle spese giudiziali del giudizio di appello e, pronunciando sul merito dichiara che non vi è luogo a provvedere su di esse. Compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 14 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2016

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