Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20015 del 11/08/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 11/08/2017, (ud. 27/04/2017, dep.11/08/2017),  n. 20015

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17854-2013 proposto da:

R.E.S.A.I.S. – RISANAMENTO E SVILUPPO ATTIVITA’ INDUSTRIALI SICILIANE

– S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FILIPPO CORRIDONI

25, presso lo studio dell’avvocato LUCA GRATTERI, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato GIOVANNA CAMPAGNA, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

C.L. C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR

presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA TERESA PARRINO, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

e contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS),

ASSESSORATO INDUSTRIA DELLA REGIONE SICILIANA C.F. (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 123/2013 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 04/04/2013 R.G.N. 550/2011.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 4.4.2013, la Corte d’appello di Caltanissetta ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva condannato RESAIS s.p.a. a versare all’INPS i contributi previdenziali dovuti sugli arretrati dell’indennità di prepensionamento maturati da C.L. a seguito di verbale di conciliazione intervenuto inter partes, che aveva attribuito al lavoratore un incremento sull’indennità già percepita;

che avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione RESAIS s.p.a., deducendo quattro motivi di censura;

che C.L. ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L.R. Sicilia n. 23 del 1991, art. 6 e degli artt. 2113 e 2115 c.c. per avere la Corte di merito ritenuto che gli oneri contributivi dovuti sugli arretrati dell’indennità di prepensionamento non fossero assoggettabili a transazione, ancorchè si trattasse di contribuzione volontaria e non obbligatoria;

che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo e falsa applicazione degli artt. 1362,1363 e 1367 c.c. per avere la Corte territoriale ritenuto che la transazione intervenuta inter partes non contemplasse i diritti concernenti la contribuzione volontaria, nonostante l’espressa dizione contenuta nel punto 7 dell’accordo conciliativo;

che, con il terzo motivo, la ricorrente si duole di omessa e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. per avere la Corte di merito ritenuto che, essendo stata la transazione stipulata anteriormente o comunque in concomitanza con l’entrata in vigore della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 268, (che, interpretando autenticamente la L. n. 241 del 1982, art. 1 e la L. n. 105 del 1991, art. 1, comma 1, ha previsto la possibilità di aver ragguagliata la base di calcolo della contribuzione volontaria all’indennità di prepensionamento effettivamente percepita), il lavoratore non poteva logicamente avere contezza di transigere su un diritto che nemmeno conosceva di avere;

che, con il quarto motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1965 ss. c.c., per avere la Corte territoriale ritenuto che la legge n. 266/2005, cit., potesse applicarsi alla fattispecie nonostante il carattere novativo della precorsa transazione;

che l’esame del secondo e del terzo motivo, involgendo l’interpretazione dell’accordo transattivo compiuta dalla Corte territoriale, assume valenza prioritaria, dal momento che la questione della natura giuridica della contribuzione e della sua assoggettabilità o meno all’accordo transattivo è stata affrontata e risolta dai giudici di merito solo al fine di munire la sentenza di un’ulteriore e autonoma ratio decidendi;

che l’interpretazione delle clausole di un contratto costituisce, di norma, operazione riservata al giudice di merito, le cui valutazioni debbono ritenersi censurabili in sede di legittimità solo in caso di omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5 (nel testo risultante dalla modifica apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), conv. con L. n. 134 del 2012), ovvero, ex art. 360 c.p.c., n. 3, in riferimento ai canoni legali di ermeneutica contrattuale, a condizione, s’intende, che i motivi di ricorso non si limitino a contrapporre una diversa interpretazione rispetto a quella del provvedimento gravato (giurisprudenza costante: cfr. da ult. in tal senso Cass. nn. 14355 e 21888 del 2016);

che la Corte di merito, nell’interpretazione dell’accordo transattivo, ha tenuto conto di tutte le sue clausole, ivi compresa quella del cui omesso esame si duole parte ricorrente (cfr., in specie, pag. 5 della sentenza impugnata), pervenendo alla conclusione che, non potendovi essere consapevolezza da parte del lavoratore della titolarità di diritti di natura previdenziale, dato che la possibilità di computare la contribuzione volontaria sulla base dell’effettivo ammontare dell’indennità di prepensionamento è stata introdotta solo successivamente all’accordo transattivo medesimo, con la L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 268, non poteva esservi al riguardo alcuna corrispondente volontà abdicativa;

che il controllo che questa Corte può esercitare sull’operazione interpretativa condotta ai sensi degli artt. 1362 e 1363 c.c., essendo puramente metodologico, non può mai debordare nell’asseverazione di una volontà contrattuale diversa da quella accertata dal giudice di merito, ma solo accertare se questi abbia violato la legge nel ricostruirla, ciò che nella specie è all’evidenza da escludersi;

che il criterio ermeneutico contenuto nell’art. 1367 c.c., secondo il quale, nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anzichè in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno, va inteso non già nel senso che è sufficiente il conseguimento di qualsiasi effetto utile per una clausola per legittimarne una qualsivoglia interpretazione pur contraria alle locuzioni impiegate dai contraenti, ma che, nei casi dubbi, tra più possibili interpretazioni, deve tenersi conto degli inconvenienti cui può portare una (o più) di esse e perciò evitare di adottare una soluzione che la renda improduttiva di effetti, fermo restando che trattasi di criterio sussidiario rispetto al principale criterio di cui all’art. 1362 c.c. (Cass. n. 28357 del 2011);

che manifestamente inammissibili appaiono le censure di omessa e contraddittoria motivazione, dal momento che, a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 di cui s’è dianzi detto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, e sempre che il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, ossia a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (cfr. Cass. S.U. n. 8053 del 2014, cui adde, nello stesso senso, Cass. nn. 21257 del 2014 e 13928 del 2015);

che nemmeno è possibile riqualificare le anzidette doglianze sub specie di omesso esame circa un fatto controverso e decisivo, dal momento che parte ricorrente, a ben vedere, intende dolersi non già dell’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, quanto piuttosto dell’esito di quell’esame, da ritenersi però questione di merito estranea al giudizio di legittimità;

che restano conseguentemente assorbiti il primo ed il quarto motivo, riguardando l’uno l’ulteriore ratio decidendi della sentenza impugnata, da reputarsi irrilevante in considerazione della riconosciuta plausibilità di quella concernente l’interpretazione dell’accordo transattivo, e presupponendo l’altro che l’accordo transattivo avesse ad oggetto anche quei diritti di natura previdenziale e assistenziale che la Corte territoriale ha invece escluso che vi rientrassero;

che il ricorso, conclusivamente, va rigettato;

che l’intima complessità del quadro normativo relativo all’indennità di prepensionamento suggerisce la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di legittimità;

che, tenuto conto del rigetto del ricorso, sussistono invece i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 27 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2017

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