Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20012 del 06/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 06/10/2016, (ud. 10/06/2016, dep. 06/10/2016), n.20012

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8843-2014 proposto da:

M.A.M., domiciliata ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato GILBERTO ENRICO MERCURI giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CASTELLO GESTIONE CREDITI SRL, U.R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1074/2013 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 30/08/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/06/2016 dal Consigliere Dott. SESTINI DANILO;

udito l’Avvocato TODISCO per delega;

udito l’Avvocato CATALANO per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Caripuglia s.p.a. convenne in giudizio U.R. e M.A.M. chiedendo che fosse dichiarata la simulazione del contratto di compravendita con cui la prima – debitrice della banca – aveva ceduto alla seconda alcuni immobili di sua proprietà; in subordine, chiese che l’atto venisse dichiarato inefficace nei suoi confronti, ex art. 2901 c.c..

Il Tribunale di Foggia accolse la domanda subordinata, con sentenza che è stata confermata dalla Corte di Appello di Bari.

Ricorre per cassazione la M., affidandosi a cinque motivi illustrati da memoria; resiste la sola Castello Finance s.r.l., in qualità di procuratrice della s.p.a. Italfondiario (cessionaria dei crediti in sofferenza della Caripuglia).

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte di Appello ha ritenuto che la M. non avesse provato che il patrimonio residuo della U. era tale da soddisfare ampiamente le ragioni della creditrice e – per altro verso – che la circostanza che fosse stata ceduta una pluralità di immobili consentiva di presumere la scientia damni da parte della acquirente, la quale aveva peraltro riconosciuto in comparsa di risposta- di essere stata a conoscenza della complessiva situazione debitoria della venditrice “e di tutte le procedure esecutive immobiliari, nonchè ipoteche e vincoli di sorte”.

2. La ricorrente premette alla deduzione dei motivi le seguenti precisazioni:

– all’epoca della compravendita, la U. era proprietaria di un altro appartamento in (OMISSIS) e di un locale in (OMISSIS);

– l’acquirente aveva curato di verificare la complessiva posizione debitoria della U. sia presso la Conservatoria dei registri immobiliari che presso il Tribunale di Foggia, accertando l’esistenza di pignoramenti e di iscrizioni pregiudizievoli, dai quali non emergeva il credito della Caripuglia;

– l’atto di compravendita era stato stipulato dal notaio nei locali del Tribunale, dopo che i debiti della U. erano stati estinti a mezzo di una parte del prezzo di vendita e dopo che -a seguito di rinuncia all’esecuzione da parte dei creditori – il giudice dell’esecuzione aveva dichiarato l’estinzione dei procedimenti esecutivi e aveva disposto la cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti.

3. Tanto dedotto, la ricorrente articola cinque motivi incentrati (tutti, tranne il quarto che deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo) sulla violazione o falsa applicazione dell’art. 2901 c.c., nonchè, quanto al terzo, anche dell’art. 2697 c.c..

La M. contesta l’affermazione della sussistenza dell’eventus damni, evidenziando che la Corte ha omesso di prendere in considerazione la circostanza dell’esistenza di altri immobili idonei a soddisfare il credito di Caripuglia (ammontante a circa 35.000,00 Euro).

Quanto al requisito della scientia damni, la ricorrente rileva che la Corte “ha posto in essere una motivazione generica con elencazione dei principi generali che però non hanno attinenza col caso di specie”, dal momento che non ha tenuto conto della circostanza che il contratto era stato stipulato (nei locali del Tribunale) previa estinzione delle posizioni debitorie conosciute dall’acquirente e non ha considerato che, ove avesse stata a conoscenza del credito di Caripuglia, la M. non avrebbe avuto alcuna difficoltà a estinguere anche tale posizione utilizzando parte del prezzo convenuto – pur di non compromettere il buon esito dell’operazione di acquisto.

Sottolinea che l’apparato motivazionale risulta “inspiegabile” in punto di valutazione dell’affermazione dalla M. di essere stata a conoscenza dell’esistenza “della complessiva debitoria della venditrice e di tutte le procedure esecutive immobiliari, nonchè ipoteche e vincoli di sorte”: assume, infatti, che “tale punto, piuttosto che costituire sintomo di consapevolezza fraudolenta, rappresenta di contro evenienza scriminante, giacchè, per l’appunto, la convenuta ha posto in essere tutte le cautele ordinarie e l’attività informativa possibile per rinvenire la totalità dei creditori insinuati nella procedura esecutiva relativa all’immobile oggetto di causa”.

Evidenzia pertanto (col terzo motivo) che, a fronte della condotta diligente tenuta dall’acquirente, la Corte non avrebbe potuto ritenere assolto l’onere della prova della scientia damni (gravante sull’attrice) “basandosi esclusivamente sulla circostanza dell’esistenza di un debitore venditore del proprio bene e di un creditore insoddisfatto”, giacchè sarebbe occorsa la dimostrazione che la M. aveva avuto comunque conoscenza dell’esistenza del credito della Caripuglia.

Si duole altresì (col quarto motivo) che la Corte non abbia considerato che, venuta a conoscenza della pretesa dell’attrice, la M. aveva prontamente agito per ottenere il sequestro di una cambiale consegnata alla venditrice per il pagamento del prezzo.

Assume infine (col quinto motivo, dedotto in relazione all’art. 2901 c.c., comma 40) che la complessiva condotta dell’acquirente ben poteva integrare quella buona fede che non può essere pregiudicata dall’esperimento dell’azione revocatoria.

4. Il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, in quanto non trascrive i documenti sui quali è fondato (e che si assumono non correttamente valutati dal giudice di merito) e non ne indica la sede di reperimento nell’ambito dei fascicoli processuali.

Le censure articolate dalla M. – tese, come visto, ad escludere la ricorrenza dei requisiti dell’eventus damni e della scientia damni – sono svolte, infatti, sulla base dello specifico richiamo a risultanze documentali (segnatamente una visura ipocatastale, il preliminare di vendita e il rogito del notaio C., che attesterebbero, per un verso, la possibilità della banca di soddisfare agevolmente il proprio credito con i residui beni della venditrice e, per altro verso, la incolpevole ignoranza della posizione creditoria della banca da parte della M.) che non sono tuttavia riportate in ricorso nella misura necessaria a consentire a questa Corte di apprezzarne l’effettivo contenuto e la decisività.

Il ricorso non risulta pertanto conforme al modello “legale”, che è volto a consentire alla Corte di valutare la fondatezza del ricorso sulla base del suo contenuto, senza necessità di procedere essa stessa alla ricerca dei documenti indicati come rilevanti (cfr., ex multis, Cass. n. 12984/2006 e Cass. n. 17915/2010).

5. Le spese di lite seguono la soccombenza.

6. Trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese di lite, liquidate in Euro 3.000,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre rimborso spese forfettarie e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 10 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2016

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