Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2001 del 26/01/2017

Civile Sent. Sez. L Num. 2001 Anno 2017
Presidente: BRONZINI GIUSEPPE
Relatore: PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 9916-2011 proposto da:
TELECOM ITALIA S.P.A. C.F. 00488410010, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA L.G. FARAVELLI 22, presso lo
studio dell’avvocato ARTURO MARESCA, che la
rappresenta e difende unitamente agli avvocati ENZO
2016
3747

M.M., giusta
delega in atti;
– ricorrente contro

B.B.

Data pubblicazione: 26/01/2017

A.A., elettivamente domiciliati in

dell’avvocato GIORGIO PIRANI, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato SILVIA PARASCANDOLO,
giusta delega in atti;
– controricorrenti nonchè contro

PALLOTTINI ALESSANDRO;

intimato

avverso la sentenza n. 3811/2010 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 09/09/2010 R.G.N. 8253/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/11/2016 dal Consigliere Dott. ADRIANO
PIERGIOVANNI PATTI;
udito l’Avvocato GIANNI’ GAETANO per delega orale
Avvocato MORRICO ENZO;
udito l’Avvocato PIRANI GIORGIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

ROMA, VIA GIOVANNI NICOTERA 29, presso lo studio

RG 9916/2011
FATTO
Con sentenza 9 settembre 2010, la Corte d’appello di Roma accertava A.A.
(per i quali non era stata dichiarata come per gli altri lavoratori, con sentenza non

conciliazione giudiziale) e Tinn Italia s.p.a. l’esistenza di un rapporto di lavoro a tempo
indeterminato a far data dalla prima assunzione, ordinando alla società datrice il
ripristino del rapporto e condannandola al pagamento, in favore di ciascuno dei lavoratori
a titolo risarcitorio, delle retribuzioni maturate dalla data di rispettiva messa in mora fino
all’effettivo ripristino: così riformando parzialmente la sentenza di primo grado, per il
resto confermata, che aveva respinto tutte le domande dei lavoratori (oltre a quella
accolta dalla Corte d’appello: di inquadramento in qualifica superiore e di condanna al
pagamento delle relative differenze retributive, nonchè di accertamento del diritto
all’attribuzione del premio di risultato e di 2000 scatti telefonici gratuiti all’anno).
A motivo della decisione, la Corte territoriale escludeva che le ragioni addotte dalla
società, utilizzatrice dei lavoratori fornitile da Italia Lavora s.r.l. (pure convenuta davanti
al Tribunale, che ne aveva dichiarato il difetto di legittimazione passiva e non invece nel
giudizio di appello), di concorrenza su un mercato interessato da nuove strategie
commerciali e da innovazioni tecnologiche, integrassero i “fabbisogni di maggior organico
connessi a situazioni di mercato congiunturali e non consolidabili”, a norma degli artt. 1
secondo comma I. 196/1997 e 17 del CCNL per il personale dipendente da imprese di
telecomunicazione 28 giugno 2000. E ciò per inesistenza di un’effettiva transitorietà delle
esigenze di impiego, rivelata dalla reiterazione (fino a due anni e mezzo) dei contratti a
termine stipulati per la durata di sei mesi e dalla sostituzione dei lavoratori interinali, alla
scadenza dei contratti, con altri pure assunti con contratti di lavoro temporaneo per le
medesime mansioni, rispondenti alle ordinarie esigenze produttive aziendali.
La Corte capitolina ordinava pertanto, nell’inapplicabilità dell’art. 18 I. 300/1970 per la
cessazione concordata alla scadenza, il ripristino del rapporto con la condanna risarcitoria
suindicata; negava invece ai lavoratori il superiore inquadramento richiesto, per la
corrispondenza delle mansioni svolte al livello (III) attribuito e i benefici aziendali
richiesti, in assenza di deduzione del fondamento contrattuale.
Con atto notificato il 15 aprile 2011, Telecom Italia s.p.a. ricorre per cassazione con tre
motivi, cui resistono A.A.

definitiva della stessa Corte, la cessazione della materia del contendere a seguito di

RG 9916/2011
con controricorso e memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.; Alessandro Pallottini è rimasto
intimato.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre

Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione dell’art. 1, primo e secondo comma I.
196/1997, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., per l’erronea esclusione delle
ragioni di carattere temporaneo, ma non anche eccezionale, idonee alla costituzione di un
rapporto di lavoro interinale: in realtà, svolgendo poi una replica alle argomentazioni
dell’atto di appello dei lavoratori avverso la sentenza di primo grado.
Con il secondo ed il terzo, la ricorrente deduce l’applicazione dell’art. 32, quinto, sesto e
settimo comma I. 183/2010, quale ius superveniens e violazione degli artt. 1223 e 1227
c.c., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., per l’erronea condanna al
pagamento ai lavoratori di tutte le retribuzioni maturate dalla data di costituzione in
mora, in luogo dell’indennità risarcitoria onnnicomprensiva, tra un minimo di 2,5 ed un
massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, applicabile anche ai
giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della legge n. 183/2010, da calibrare sul
caso concreto con selezione specifica della misura dell’indennità.
Il primo motivo, relativo a violazione dell’art. 1, primo e secondo comma I. 196/1997, per
erronea esclusione delle ragioni di carattere temporaneo, ma non anche eccezionale,
idonee alla costituzione di un rapporto di lavoro interinale, è inammissibile.
Esso è assolutamente generico, omettendo ogni confutazione del critico e argomentato
ragionamento motivo della Corte territoriale (per le ragioni esposte dal secondo
capoverso di pg. 6 al penultimo di pg. 7 della sentenza), in violazione della prescrizione
dell’art. 366, primo comma, n. 4 c.p.c., che esige l’illustrazione del motivo, con
esposizione degli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la sentenza
impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo come
espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della sentenza (Cass. 22
settembre 2014, n. 19959; Cass. 19 agosto 2009, n. 18421; Cass. 3 luglio 2008, n.
18202).
Ma il mezzo neppure indirizza la propria doglianza alla sentenza impugnata, piuttosto
replicando alle argomentazioni di controparte appellante (con impiego ripetuto della
testuale espressione) avverso quella del Tribunale.

2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

RG 9916/2011
Il secondo ed il terzo motivo, relativi ad applicazione dell’art. 32, quinto, sesto e settimo
comma I. 183/2010, quale ius superveniens e violazione degli artt. 1223 e 1227 c.c., per
erronea condanna al pagamento ai lavoratori di tutte le retribuzioni maturate dalla data
di costituzione in mora, in luogo dell’indennità risarcitoria omnicomprensiva, tra un
minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, sono

Sotto il profilo sostanziale, è orientamento ormai consolidato in sede di legittimità che
l’indennità prevista dall’art. 32, quinto comma I. 183/2010 (come autenticamente
interpretato dall’art. 1, tredicesimo comma I. 92/2012) sia applicabile a qualsiasi ipotesi
di conversione del contratto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato e,
dunque, anche nel caso di condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno subito
dal lavoratore che abbia chiesto ed ottenuto l’accertamento della nullità di un contratto di
somministrazione di lavoro, convertito in contratto a tempo indeterminato tra lavoratore
ed utilizzatore della prestazione (Cass. 1 agosto 2014, n. 17540; Cass. 29 maggio 2013,
n. 13404; Cass. 17 gennaio 2013, n. 1148).
Sotto il profilo processuale di diritto transitorio, un recente arresto di questa Corte, a
sezioni unite, ha affermato che l’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. deve essere
interpretato nel senso che la violazione di norme di diritto può concernere anche
disposizioni emanate dopo la pubblicazione della sentenza impugnata, qualora siano
applicabili al rapporto dedotto in giudizio perché dotate di efficacia retroattiva: in tal caso
essendo ammissibile il ricorso per cassazione per violazione di legge sopravvenuta.
Ed esso incontra il limite del giudicato, ma se la sentenza si compone di più parti
connesse tra loro in un rapporto per il quale l’accoglimento dell’impugnazione nei
confronti della parte principale determinerebbe necessariamente anche la caducazione
della parte dipendente, la proposizione dell’impugnazione nei confronti della parte
principale impedisce il passaggio in giudicato anche della parte dipendente, pur in
assenza di impugnazione specifica di quest’ultima (Cass. s.u. 27 ottobre 2016, n. 21691).
Ebbene, nel caso di specie, in cui la sentenza impugnata è anteriore all’entrata in vigore
dell’art. 32 I. 183/2010 mentre il ricorso per cassazione successivo, non si è formato
alcun giudicato interno sul capo risarcitorio (Cass. 4 febbraio 2015, n. 2052; Cass. 12
novembre 2014, n. 24129), per la formulazione di uno specifico motivo di impugnazione
al riguardo; e neppure comporta una

reformatio in peius della pronuncia impugnata, in

quanto, in forza del principio dispositivo (art. 112 c.p.c.) e di quello dell’interesse ad
agire (art. 100 c.p.c.), la decisione non può essere più sfavorevole all’impugnante e più
favorevole alla controparte di quanto non sia stata la sentenza gravata (Cass. 9 marzo

fondati.

RG 9916/2011
2015, n. 4676), per essere stata impugnata dalla parte gravata di una più onerosa
condanna risarcitoria.
Dalle superiori argomentazioni discende allora coerente, inammissibile il primo motivo di
ricorso, l’accoglimento del secondo e del terzo, con la cassazione della sentenza
impugnata, in relazione ai motivi accolti e rinvio, anche per la regolazione delle spese del

P.Q.M.
La Corte
accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, inammissibile il primo; cassa la sentenza
impugnata, in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la regolazione delle spese del
giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 8 novembre 2016

Il consigl

est.

Il Presidente

giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

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