Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20009 del 22/09/2010

Cassazione civile sez. lav., 22/09/2010, (ud. 09/06/2010, dep. 22/09/2010), n.20009

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. PASQUALE Pasquale – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26486-2006 proposto da:

R.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA INNOCENZO XI 8,

presso lo studio dell’avvocato STUDIO LEGALE A. GALATI, rappresentato

e difeso dall’avvocato NAPOLI BRUNO, giusta mandato a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA LUIGI e ROMEO LUCIANA,

giusta procura speciale atto notar CARLO FEDERICO TUCCARI di Roma del

18/10/06. rep. 71849;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1051/2005 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 27/09/2005 r.g.n. 1011/2000;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/06/2010 dal Consigliere Dott. PAOLO STILE;

udito l’Avvocato RAFFAELA FABBI per delega LA PECCERELLA LUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso in data 14 luglio 2000, l’INAIL proponeva appello avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Catanzaro aveva accertato che R.V. presentava una riduzione della capacità lavorativa, derivante dalle tecnopatie professionali da cui era affetto, con percentuale di invalidità pari al 30% a decorrere dal 1.11.1995.

Con l’atto di gravame l’Istituto assumeva che il primo Giudice aveva errato nel ritenere che il miglioramento delle condizioni del R. non fossero anteriori rispetto al decennio della costituzione della rendita, in quanto vi erano elementi per desumere tale anteriorità; elementi costituiti dalla data della visita medica di revisione – il (OMISSIS) – che portò un abbattimento della percentuale di inabilità dal 20% al 14%, nonchè da una collegiale medica, definita concordemente dai sanitari delle parti, nella quale non vi fu alcun dubbio sull’anteriorità del riscontrato miglioramento rispetto al termine decennale.

Chiedeva, quindi, che venisse rinnovata la consulenza tecnica, concludendo per il rigetto della domanda avversaria, in riforma della gravata sentenza.

Costituitosi, il R. invocava il rigetto dell’appello, evidenziando che la pronuncia di primo grado era fondata e degna di conferma.

Acquisito il fascicolo di primo grado e disposta la rinnovazione degli accertamenti sanitari sulla persona del R., la causa era decisa all’udienza del 5.7.2005 con l’accoglimento dell’appello e la conseguente parziale riforma della impugnata sentenza, con la rideterminazione della percentuale di invalidità del R. al 22%.

Avverso tale decisione, R.V. ha proposto ricorso per cassazione, fondato su due motivi.

Resiste l’INAIL con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, il R., denunciando violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 83 censura l’impugnata sentenza, richiamando la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la misura della rendita d’inabilità può essere sottoposta a revisione, sia su domanda del titolare che ad iniziativa dell’istituto assicuratore, con riguardo ad ipotesi di diminuzione o di aumento dell’attitudine al lavoro, avendo avuto riguardo che le condizioni, di diminuzione o di aumento della capacità lavorativa, si verifichino entro dieci anni dalla costituzione della rendita. Decorso tale lasso di tempo, alla stregua della disciplina normativa di cui all’art. 83 citato, la rendita deve considerarsi quale definitivamente consolidata “…

collegando la legge al decorso del tempo una presunzione assoluta di definitiva stabilizzazione delle condizioni fisiche scaduto il termine decennale, i postumi non sono più suscettibili nè di miglioramento nè di peggioramento, per il principio della “stabilizzazione dei postumi”, i quali, per presunzione assoluta di legge, perdono la possibilità di collegarsi con l’infortunio sul lavoro.

Applicando i principi fin qui esposti alla fattispecie in esame, – prosegue il ricorrente- il Giudice di appello avrebbe dovuto sostenere che la revisione operata dall’Inail non era consentita giacchè il presunto miglioramento delle proprie condizioni personali non si era verificato entro il decennio.

Al contrario, la Corte distrettuale, pur affermando la illegittimità della revisione effettuata dall’INAIL, aveva egualmente proceduto all’esame delle sue condizioni di salute, riscontrando un non registrabile miglioramento, incorrendo in tal modo, in una palese contraddittorietà di motivazione (secondo motivo). Il ricorso, pur valutato, nelle sue diverse articolazioni, non merita accoglimento.

Invero, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il termine per l’esercizio del diritto alla revisione della rendita INAIL stabilito dal D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 83 e 137 (di dieci o quindici anni, rispettivamente, per gli infortuni e le malattie professionali), non è di prescrizione o di decadenza, ma opera sul piano sostanziale, incidendo sull’esistenza stessa del diritto, in quanto individua l’ambito temporale entro il quale assumono rilevanza le successive modificazioni, “in pejus” o “in melius”, delle condizioni fisiche del titolare incidenti sull’attitudine al lavoro, collegando la legge al decorso del tempo una presunzione assoluta di definitiva stabilizzazione delle condizioni fisiche; pertanto, lo spirare di detti termini non preclude la proposizione della domanda di revisione, purchè esercitata entro il termine di prescrizione triennale dalla scadenza del periodo di revisione (art. 112, D.P.R. cit.), fermo restando che l’aggravamento o il miglioramento devono essersi verificati entro il decennio o il quindicennio dalla costituzione della rendita (ex plurimis, Cass. 5 giugno 2003 n. 9011). Nel caso in esame, pur essendo stata svolta la visita di revisione dopo il decennio dalla costituzione della rendita – avvenuta in data 21.8.1985 con decorrenza 2.2.1985, ma entro il triennio dalla scadenza, dalla consulenza di ufficio, riportata nella sentenza di appello, risulta che il “pregiudizio” come accertato (22%) poteva ragionevolmente riconoscersi “anche diversi mesi prima del Settembre 1995”, “data della contestata revisione d’ufficio”.

Pertanto, la Corte territoriale, recependo le conclusioni del CTU, ha coerentemente rideterminato la percentuale di invalidità del R. al 22%, ancorchè incorrendo nella erronea affermazione – evidenziata dal ricorrente – riguardante l’assunta illegittimità della revisione operata dall’INAIL. Non incidendo, tuttavia, l’affermazione sulle conclusione riportate nella decisione, il ricorso va rigettato.

Nulla deve disporsi per le spese del presente giudizio ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore a quello di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, nella specie inapplicabile ratione temporis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2010

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