Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20009 del 14/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 14/07/2021, (ud. 23/03/2021, dep. 14/07/2021), n.20009

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. PIRARI Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11298/2015 R.G. proposto da:

RISCOSSIONE SICILIA SPA, già SERIT SICILIA SPA, Agente della

Riscossione per la provincia di Catania, rappresentata e difesa

dall’avv. Santo Finocchiaro ed elettivamente domiciliata in Roma,

via Cipro 77, presso lo studio dell’avv. Gerardo Russillo del Foro

di Roma;

– ricorrente –

contro

A.E.G., rappresentato e difeso dall’avv. Antonino G.

Distefano, presso il cui studio in Catania, via Abramo Lincoln n. 3,

e’ elettivamente domiciliato;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 3289/34/2014 della Commissione tributaria

regionale per Sicilia, depositata 29/10/2014 e non notificata

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/03/2021 dalla Dott.ssa Valeria Pirari.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con ricorso proposto davanti alla C.T.P. di Catania, A.E.G. impugnò la cartella di pagamento emessa in relazione all’omesso versamento di Iva e Irpef per l’anno di imposta 2005 e il ruolo sottostante, eccependo l’inesistenza della notifica, l’omesso invito del contribuente a rendere i chiarimenti necessari, il difetto di motivazione, la mancata indicazione del responsabile del procedimento e l’inesistenza della pretesa tributaria. All’esito del procedimento, assorbite le ulteriori questioni, fu accolta l’eccezione di inesistenza giuridica della notifica della cartella esattoriale con la sentenza n. 270/1/10 depositata il 26/4/2010, che fu impugnata dal contribuente limitatamente alla statuizione sulla compensazione delle spese di lite e, con ricorso incidentale e successivo appello principale, dall’Agente per la riscossione, con riguardo alla regolarità della notifica della cartella e alla tardività del ricorso del contribuente. La C.T.R., con la sentenza oggi impugnata, rigettò il gravame proposto dall’Agente per la riscossione.

2. Avverso questa sentenza, l’Agente della Riscossione per la provincia di Catania, la RISCOSSIONE SICILIA SPA, già SERIT SICILIA SPA, ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a due motivi, illustrati anche con memoria. Il contribuente si è difeso con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo, si lamenta l’erroneità e illegittimità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e vizio di ultrapetizione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la C.T.R. motivato il rigetto dell’appello sulla base della irregolarità/mancanza della notifica degli atti prodromici alla notifica della cartella esattoriale, ritenuta invece valida, benché tale questione non rientrasse tra i motivi di doglianza contenuti nel ricorso proposto dal contribuente, che si era doluto esclusivamente dell’avvenuta compensazione delle spese di lite, né tra le censure proposte dall’Agente della riscossione con l’appello incidentale e con l’appello principale, con le quali era stata evidenziata unicamente la regolarità della notifica della cartella.

2. Col secondo motivo, si lamenta l’erroneità e illegittimità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la C.T.R. condannato la SERIT Sicilia alla rifusione delle spese di lite del doppio grado del giudizio in favore del contribuente, benché questa avesse eseguito correttamente la notificazione della cartella, come accertato dagli stessi giudici di merito.

3.1 n due motivi, da trattare congiuntamente in ragione della stretta connessone, sono infondati.

Va innanzitutto respinta l’eccezione di inammissibilità del primo motivo sollevata dal contribuente in ragione della erronea sussunzione del vizio denunciato sotto la fattispecie di cui al n. 3 dell’art. 360 c.p.c., comma 1 in luogo del n. 4.

Questa Corte ha infatti già avuto modo di affermare che l’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, né determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato (Cass., Sez. 6 – 5, 07/11/2017, n. 26310; Cass., Sez. 6 – 3, 20/02/2014, n. 4036), come nella specie, stante il richiamo alla violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

Quanto al merito, va considerato come l’appello costituisca un gravame ad effetto devolutivo limitato dalle censure proposte con l’atto di impugnazione (Cass., Sez. 1, 29/11/2004, n. 22473), data la sua natura di revisio prioris instantiae e non di novum iudicium, che lo rende rigorosamente circoscritto alle questioni specificamente dedotte con i motivi di impugnazione, principale o incidentale, ovvero con la riproposizione delle domande o delle eccezioni non accolte o rimaste assorbite, costituenti il thema decidendum (Cass., Sez. 2, 25/07/2005, n. 15558), sicché i motivi proposti devono essere specificamente indicati ai sensi dell’art. 342 c.p.c., in quanto individuano l’oggetto della domanda d’appello e l’ambito entro il quale deve essere effettuato il riesame della sentenza impugnata. Ciò comporta che se il riesame esorbita dai motivi di impugnazione sussiste la violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato ex art. 112 c.p.c. (Cass., Sez. 3, 16/05/2003, n. 7629), anche quando la censura abbia riguardato il solo capo delle spese e il giudice d’appello si pronunci anche sulla sottostante questione di merito (Cass., Sez. 3, 07/11/2017, n. 26305). Tali principi valgono del resto anche nel processo tributario, poiché la limitazione della censura ad una o alcune delle statuizioni contenute nella sentenza di primo grado precludono di individuare un’inequivoca volontà di devolvere al giudice di secondo grado il riesame anche delle altre, sicché quando la sentenza di secondo grado investa esplicitamente o implicitamente i capi non impugnati, si verifica la violazione del giudicato interno, rilevabile in sede di legittimità e implicante la cassazione senza rinvio della sentenza stessa relativamente ai suddetti capi (Cass., Sez. 5, 03/12/2004, n. 22771).

Vero è però che, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, la parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado non ha l’onere di proporre appello incidentale specifico, al fine di richiamare in discussione le eccezioni e le questioni che risultino superate o assorbite, difettando di interesse al riguardo, ma è soltanto tenuta a riproporre le medesime questioni espressamente nel nuovo giudizio in modo chiaro e preciso, tale da manifestare in forma non equivoca la sua volontà di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinuncia derivante da un comportamento omissivo, ai sensi dell’art. 346 c.p.c. (vedi Cass., Sez. 5, 27/01/2003, n. 1161; Cass., Sez. 5, 26/10/2011, n. 23509; Cass., Sez. 1, 26/11/2010, n. 24021; Cass., Sez. 6-5, 19/12/2017, n. 30444).

3.2 Nella specie, se è vero che il motivo del ricorso principale era stato limitato alla sola statuizione sulle spese di lite, mentre l’appello proposto, in via principale, dall’Agente per la riscossione e quello incidentale nell’ambito del giudizio di secondo grado incardinato dal contribuente avevano ad oggetto esclusivamente la validità della notifica della cartella di pagamento, è altresì vero che il contribuente, con le proprie controdeduzioni in appello, aveva riproposto tutte le questioni ed eccezioni sulle quali la C.T.P. non si era pronunciata, tra cui anche quella afferente alla violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis, posta in essere dall’Ufficio in ragione del mancato invio di qualsivoglia comunicazione, e alla conseguente invalidità del procedimento di formazione del ruolo e, in via derivata, del procedimento di riscossione.

Pertanto, in ragione di ciò deve escludersi che la C.T.R. abbia violato il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, come affermato dalla ricorrente.

3.3 Ciò detto, deve ulteriormente evidenziarsi come la condanna dell’agente della riscossione alle spese del giudizio in favore del contribuente vittorioso non è esclusa neanche quando essa derivi da illecito ascrivibile al creditore, il quale può essere chiamato dal primo in manleva oppure, se presente al giudizio, condannato dal giudice in esclusiva alle spese, che possono in tal caso essere compensate nei rapporti tra il debitore vittorioso e l’agente della riscossione, purché sussistano i presupposti di cui all’art. 92 c.p.c., diversi ed ulteriori rispetto alla sola circostanza che l’opposizione sia stata accolta per ragioni riferibili all’ente creditore (per tutte, Cass., Sez. 3, 13/06/2018, n. 15390).

Pertanto, pur avendo la C.T.R. affermato, nella specie, la regolarità della notifica della cartella e l’invalidità dell’atto impositivo presupposto, l’omessa chiamata in giudizio dell’ente impositore fa sì che la condanna alle spese non possa che essere rivolta all’Agente della riscossione, come correttamente sancito in sentenza.

Ne consegue l’infondatezza della censura.

4. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente alle spese del giudizio in favore del controricorrente.

Peraltro, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, il concessionario del servizio della riscossione dei tributi è tenuto al pagamento del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto, essendo la prenotazione a debito di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 157 prevista per le sole controversie relative alle procedure esecutive devolute alla giurisdizione del giudice ordinario (Cass., Sez. 5, 29/10/2020, n. 23874).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione, nei confronti del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2021

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