Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20009 del 11/08/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 11/08/2017, (ud. 21/04/2017, dep.11/08/2017),  n. 20009

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24251-2011 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del Presidente e

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI

FIORILLO, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

T.W. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

RENO 21, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO RIZZO, che lo

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7250/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/10/2010 R.G.N. 965/2007.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza 4 ottobre 2010, la Corte d’appello di Roma dichiarava la nullità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato da Poste Italiane s.p.a. con T.W. per il periodo 2 maggio – 30 settembre 2003 e la conversione del rapporto di lavoro subordinato in uno a tempo indeterminato con decorrenza dalla prima data, condannando la società datrice al pagamento, in favore del lavoratore: a titolo risarcitorio di una somma pari alle retribuzioni mensili di Euro 1.392,65 per dodici mensilità dal 5 novembre 2004 fino alla scadenza del triennio successivo alla data di cessazione del rapporto di lavoro, oltre rivalutazione e interessi: così riformando la sentenza di primo grado, che aveva invece rigettato le domande del lavoratore;

che avverso tale sentenza Poste Italiane s.p.a. ha proposto ricorso con quattro motivi, cui ha resistito il lavoratore con controricorso e memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1;

1362 ss. c.c. contraddittoria e omessa pronuncia su punto decisivo della controversia, per la specificità delle ragioni sostitutive indicate nel contratto, secondo il criterio elastico della più recente giurisprudenza di legittimità, senza necessità di indicazione nominativa del lavoratore sostituito, nella sufficienza degli elementi dell’assenza del personale, delle mansioni di applicazione del lavoratore a termine, della durata del contratto e del luogo o ufficio di applicazione (primo motivo); vizio di omessa motivazione sul fatto decisivo e controverso della mancata ammissione dei capitoli di prova dedotti in ordine alla sussistenza delle ragioni alla base del contratto a termine stipulato, eventualmente integrabile con il ricorso ai poteri istruttori officiosi giudiziali (secondo motivo); insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo e controverso, violazione e falsa applicazione dell’art. 12 preleggi, art. 1419 c.c., D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 e art. 115 c.p.c., per erronea applicazione di una sanzione, quale la riammissione in servizio, non prevista (se non nelle ipotesi stabilite dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5, commi 2 e 3) e pertanto in deroga del principio generale in materia di nullità parziale stabilito dall’art. 1419 c.c. (terzo motivo); violazione e falsa applicazione degli artt. 1206,1207,1217,1218,1219,1223,2094,2099 e 2697 c.c., per la maturazione del diritto della lavoratrice al pagamento delle retribuzioni dal momento dell’effettiva ripresa del servizio, in carenza di sua prestazione lavorativa e non dalla data di notifica del ricorso introduttivo, con applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32 quale ius superveniens, vigente anche per i giudizi in corso, in ordine alle conseguenze economiche della ritenuta conversione del rapporto di lavoro a termine in rapporto a tempo indeterminato, nella misura indennitaria prevista dalla predetta norma tra un minino di 2,5 mensilità a un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto (quarto motivo);

che ritiene il collegio che il primo motivo debba essere accolto, con assorbimento degli altri;

che, infatti, il primo motivo è fondato, posto che è insegnamento consolidato di questa Corte che, in tema di assunzione a termine di lavoratori subordinati per ragioni di carattere sostitutivo, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 214 del 2009, con cui è stata dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2 l’onere di specificazione delle predette ragioni sia correlato alla finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità della causa dell’apposizione del termine e l’immodificabilità della stessa nel corso del rapporto;

che pertanto, nelle situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non sia riferita ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l’apposizione del termine debba considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità (Cass. 7 gennaio 2016, n. 113; Cass. 26 novembre 2015, n. 24196; Cass. 12 gennaio 2015, n. 208; Cass. 26 gennaio 2010, n. 1577);

che la Corte territoriale ha fondato la propria valutazione di genericità su elementi (mancata indicazione nominativa del lavoratore sostituito: primo capoverso di pg. 3 della sentenza) non rientranti nei suenunciati principi di diritto;

che l’esame degli altri motivi resta così assorbito;

che pertanto il ricorso deve essere accolto in relazione al primo motivo e assorbiti gli altri, con la cassazione della sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto e rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

PQM

 

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza, in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 21 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2017

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