Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20009 del 06/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 06/10/2016, (ud. 10/06/2016, dep. 06/10/2016), n.20009

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24080/2013 proposto da:

GRUPPO COSIAC SPA, (OMISSIS), in persona del Presidente del Consiglio

di Amministrazione, legale rappresentante pro tempore Ing.

D.P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, C.SO VITTORIO EMANUELE

II 269, presso lo studio dell’avvocato ROMANO VACCARELLA, che lo

rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ENTE DI SVILUPPO AGRICOLO ESA, in persona del legale rappresentante

pro tempore, domiciliato ex lege in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui è rappresentato e

difeso per legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1063/2013 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 24/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/06/2016 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI;

udito l’Avvocato VACCARELLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Decidendo sull’opposizione proposta dall’Ente di Sviluppo Agricolo avverso un decreto ingiuntivo emesso ad istanza del Gruppo COSIAC s.p.a. (per il pagamento di fatture insolute, oltrechè degli interessi e della rivalutazione monetaria maturati sugli importi capitali), il Tribunale di Palermo revocò il decreto ingiuntivo dando atto dell’avvenuto pagamento, nelle more del giudizio, dell’intera sorte capitale; rigettò tuttavia la richiesta di condanna al pagamento degli interessi e della rivalutazione monetaria, ritenendo che non fosse stata fornita la prova del diritto alla loro corresponsione.

La Corte di Appello di Palermo ha confermato la sentenza rilevando che l’opposta non aveva assolto all’onere di indicare il giorno di scadenza dell’obbligazione e quello (successivo) in cui era stato effettuato il pagamento della somma capitale.

Ricorre per cassazione il Gruppo COSIAC s.p.a. affidandosi a cinque motivi; resiste l’Ente intimato a mezzo di controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente così censura la sentenza:

a) col primo motivo (ex art. 360, nn. 3 e 4, per violazione o falsa applicazione degli artt. 112, 324 c.p.c., art. 329 c.p.c., comma 2 e art. 2909 c.c.):

– per non avere rilevato che il Tribunale aveva respinto l’opposizione (dichiarandola infondata e adottando la formula della cessazione della materia del contendere “al solo scopo di togliere efficacia al decreto ingiuntivo per la parte relativa alla somma capitale pagata in corso di causa”) e per non aver considerato che -in difetto di impugnazione da parte dell’ESA – risultava accertato, con efficacia di giudicato, il diritto del Gruppo Cosiac all’adempimento contrattuale;

– per avere “reinterpretato” la sentenza di primo grado come sentenza di accoglimento dell’opposizione, cosi riformando ex officio tale sentenza, e per avere poi – contraddittoriamente – deciso nel merito la domanda di interessi e rivalutazione, che presupponeva l’accertamento dell’inadempimento dell’ESA;

b) col secondo motivo (violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e artt. 112 e 115 c.p.c. e omesso esame di un fatto decisivo in relazione alla data di scadenza dell’obbligazione):

– per non avere considerato che l’opposizione era fondata sull’affermazione di avere pagato le fatture tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS), il che rendeva incontestata la circostanza che – a tali date – i crediti erano liquidi ed esigibili;

– per non avere conseguentemente considerato che, essendosi formato il giudicato sulla circostanza che gli importi capitali erano stati pagati il (OMISSIS), il dies a quo per la decorrenza degli interessi e della rivalutazione avrebbe dovuto essere individuato (quantomeno) nelle date asseritamente indicate dall’ESA come quelle di avvenuto adempimento;

c) col terzo motivo (violazione o falsa applicazione degli artt. 1218, 1224 e 2697 c.c.), per avere ritenuto che, dedotto e provato l’inadempimento in relazione alla sorte capitale, gravasse sulla creditrice – anzichè sul debitore – l’onere di provare l’eventuale sopravvenuto pagamento;

d) col quarto motivo (violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c.), per non avere considerato che la data dell’effettivo pagamento risultava pacifica sulla base del principio di non contestazione e per il fatto che entrambe le parti avevano dato atto che il saldo del capitale era stato effettuato in data (OMISSIS);

e) col quinto motivo (omesso esame di un fatto decisivo), per avere totalmente omesso l’esame della testimonianza resa il (OMISSIS) dal Lagozzo (funzionario dell’ESA), da cui emergeva che il saldo definitivo era avvenuto il (OMISSIS).

2. Il ricorso è fondato nei termini che seguono.

Non è pertinente il richiamo compiuto dalla sentenza impugnata al principio espresso da Cass. n. 8242/2012, che attiene agli oneri di allegazione nel caso in cui sia dedotto il mero ritardo nel pagamento e che afferma correttamente – l’onere per l’attore, che intenda conseguire gli interessi moratori, di individuare l’esatto intervallo temporale da prendere in considerazione (adempiuto il quale, “compete al debitore dimostrare l’avvenuto esatto adempimento”).

Diverso è il caso in esame in cui, con la domanda monitoria, il Gruppo Cosiac ha dedotto un inadempimento totale (e non il mero ritardo di un adempimento comunque effettuato) ed ha richiesto il pagamento sia della somma capitale che degli accessori per interessi e rivalutazione monetaria: in una situazione siffatta, incombeva al creditore la prova dell’esistenza del credito e della sua esigibilità e l’allegazione dell’inadempimento da parte del debitore, gravando invece su quest’ultimo la prova dell’esatto adempimento; non vi sarebbe stata – evidentemente – alcuna possibilità per il creditore di indicare la data (all’epoca, futura ed incerta) in cui il debitore avrebbe provveduto al saldo del capitale.

Ciò premesso, deve ritenersi che la Corte di merito abbia errato laddove – applicando un principio non confacente al caso esaminato e non tenendo conto degli elementi emersi dalle difese svolte dall’ingiusto e del dato (pacifico) che il pagamento del capitale era stato effettuato in corso di giudizio – ha imputato al Gruppo Cosiac una “genericità” di allegazione ed una insufficienza di prova che risultano all’evidenza contraddette da quanto è emerso nello sviluppo della dialettica processuale.

Deve infatti considerarsi che la posizione assunta dall’Ente ingiunto (che si è opposto al d.i. assumendo di avere già estinto il debito) e la circostanza che all’esito del giudizio di primo grado sia stato dato atto che il pagamento del debito era avvenuto in corso di causa (ragione per cui è stato revocato il decreto ingiuntivo) hanno comportato l’accertamento dell’esistenza (e della esigibilità) del credito azionato in via monitoria e altresì della circostanza che -contrariamente a quanto inizialmente sostenuto dall’opponente – il debito è stato estinto solo nelle more del giudizio di primo grado.

Ciò posto, deve ritenersi che la Corte di Appello disponesse degli elementi necessari per provvedere sulla domanda di pagamento degli accessori proposta dal Gruppo Cosiac, in quanto:

– a prescindere dall’esistenza di elementi più precisi circa la data di esigibilità dei crediti azionati, non pare dubitabile che la domanda giudiziale sia valsa a porre in mora il debitore (cfr. Cass. n. 6545/2016) per l’intero importo capitale ingiunto, cosicchè, in difetto di prova che il debito sia divenuto esigibile in data successiva a detta domanda, la Corte avrebbe dovuto – quanto meno – considerare tale domanda come dies a quo di decorrenza degli interessi e dell’eventuale rivalutazione;

– quanto al dies ad quem, la Corte avrebbe dovuto fare riferimento alla data del saldo a seguito del quale è stata dichiarata la cessazione della materia del contendere in ordine all’importo capitale, fatta salva la dimostrazione – da parte del debitore – che il pagamento sia avvenuto (in tutto o in parte) in data anteriore a quella dichiarata dal creditore.

3. La sentenza va dunque cassata, con rinvio alla Corte di Appello che, in diversa composizione, dovrà valutare la domanda di pagamento degli accessori alla luce dei principi e criteri sopra indicati.

4. La Corte di rinvio provvederà anche sulle spese di lite.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa e rinvia, anche per le spese di lite, alla Corte di Appello di Palermo, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 10 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2016

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