Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20007 del 06/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 06/10/2016, (ud. 08/06/2016, dep. 06/10/2016), n.20007

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6921/2014 proposto da:

GESD IMPIANTI DI E.D., in persona del titolare

E.D., elettivamente domiciliato in ROMA, V. OVIDIO 20, presso lo

studio dell’avvocato ANDREA RUGGIERO, rappresentato e difeso dagli

avvocati LUCIA INGLESE, GIGANTE LUIGI giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

ATA MATIC DI Z.G.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 439/2013 del TRIBUNALE di TORINO, depositata

il 24/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/06/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

udito l’Avvocato FRANCESCO PETTI SOMMA per delega non scritta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La presente controversia trae origine da un decreto ingiuntivo emesso, dal giudice di pace di Torino, a favore di ATA Matic nei confronti GESD che si oppose, anche svolgendo domanda riconvenzionale.

Il giudice di pace di Torino a seguito di istruttoria confermò e dichiarò la validità del decreto ingiuntivo.

2. La decisione è stata confermata, dal Tribunale di Torino con sentenza n. 439 del 24 gennaio 2013. La Corte ha ritenuto che nel corso del giudizio di primo grado la ATA Matic abbia provato le proprie domande sia con i documenti prodotti, sia sulla base delle dichiarazioni rese dal titolare della GESD.

3. Avverso tale decisione, GESD propone ricorso in Cassazione sulla base di 4 motivi.

3.1. La società intimata non svolge attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce la “violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Nullità della sentenza del Tribunale di Torino n. 439/2013 pubblicata in data 24 gennaio 2013 per omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia”.

Lamenta che il giudice del merito ha omesso di indicare nel dispositivo del provvedimento qualsivoglia statuizione in ordine alla domanda riconvenzionale proposta dall’opponente relativa al risarcimento del danno provocato dalla ATA Matic.

4.2. Con il secondo motivo, denuncia la “violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Nullità della sentenza del Tribunale di Torino n. 439/2013 pubblicata in data 24 gennaio 2013 per vizio di ultrapetizione o extrapetizione”.

La ricorrente sostiene che il giudice dell’appello ha statuito su un profilo della sentenza non denunziato. Le censure denunziate non erano relative al procedimento decisionale intrapreso dal giudicante ma interessavano la portata precettiva del provvedimento sotto il profilo della incompletezza e della indeterminatezza della sentenza nel cui dispositivo difetti di statuizione relativamente ad una delle domande proposta dalle parti.

Il primo ed il secondo motivo possono essere unitariamente trattati perchè strettamente connessi e sono infondati laddove non sono inammissibili.

Infatti, occorre rilevare che i motivi non sono autosufficienti in quanto avrebbero dovuto indicare quando e dove ha proposto la domanda (intesa come censura d’appello).

Ma in ogni caso sarebbero infondati perchè è principio consolidato di questa Corte che ai fori della verifica del vizio di omessa pronuncia, la portata precettiva di un provvedimento giurisdizionale va individuata tenendo conto non solo del dispositivo, ma anche della motivazione, quando il primo contenga comunque una decisione che, pur di contenuto incompleto e indeterminato, si presti ad essere integrata dalla seconda, come nel caso in cui il dispositivo contenga la formula “ogni diversa e contraria istanza disattesa” e nella parte motiva una determinata domanda sia esaminata e rigettata (Cass. n. 5337/2007). Nel caso di specie il giudice nel dispositivo esplicita in modo generico su mute le domande: sia sulle eccezioni preliminari, sia sul merito rigettando la domanda per mancanza di prova. Pertanto il giudice dell’appello non è incorso in nessuno dei vizi lamentati.

4.3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta il “vizio motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame da parte del Tribunale di Torino, nella Sentenza n. 439/2013, della prova negativa del credito vantato dalla ATA Matic”.

Si duole che il giudice di prime cure aveva confermato il decreto ingiuntivo malgrado la totale assenza di prova delle prestazioni indicate in fattura dalla ATA Matic e, anzi, in palese contrasto con le dichiarazioni rese dal suo titolare. La ATA Matic, sostiene il ricorrente, non ha mai reso nessuna prestazione alla GESD ed a confessarlo è stato lo stesso titolare che in sede di interrogatorio formale ha candidamente affermato di aver collaborato con la GESD non come ditta autonoma ma come aiutante.

4.4. Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta il “vizio motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella sentenza n. 439/2013 del Tribunale di Torino in relazione alla prova del credito affermato dalla ATA Matic”.

Sostiene che la ATA Matic aveva giustificato le proprie richieste sulla base di lavori di manutenzione ordinarie presso le strutture (…) ma di tutti questi lavori in realtà non avrebbe offerto nessuna prova.

Gli ultimi due motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono tutti inammissibili.

Sono inammissibili laddove prospettano, in maniera generica ed attraverso una superficiale esposizione della vicenda, una serie di questioni di fatto tendenti ad ottenere dalla Corte di legittimità una nuova e diversa valutazione del merito della controversia.

E’ principio consolidato di questa Corte che con la proposizione del ricorso per Cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente. L’apprezzamento dei fatti e delle prove, infatti, è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che nell’ambito di detto sindacato, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 7921/2011).

5. In considerazione del fatto che la società intimata non ha svolto attività difensiva non occorre disporre sulle spese.

PQM

la Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 8 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2016

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