Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20006 del 27/07/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 20006 Anno 2018
Presidente: CAMPANILE PIETRO
Relatore: DELL’ORFANO ANTONELLA

ORDINANZA

sul ricorso n. 23801-2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elettivamente
domiciliata in ROMA, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la
rappresenta e difende ope legis
– ricorrente –

contro
CANONICI SALVATORE, elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio
dell’Avvocato FRANCESCO D’AYALA VALVA, che lo rappresenta e difende
dall’Avvocato STEFANO CAVANNA giusta procura speciale estesa a margine
dei controricorso
– controrícorrente –

avverso la sentenza n. 26/11/2012 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE della LIGURIA depositata il 22.5.2012
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10.7.2018
dal Consigliere Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO

Data pubblicazione: 27/07/2018

R.G. 23801/2012

RILEVATO CHE
l’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza indicata in
epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Liguria aveva
respinto l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza n. 173/10/2009 della
Commissione Tributaria Provinciale di Genova, che aveva accolto il ricorso di
Salvatore Canonici avverso il rigetto dell’istanza di rimborso IRAP

l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due
motivi;
con il primo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.
3 c.p.c., «violazione e falsa applicazione dell’art. 38 D.P.R. 602/1973»;
con il secondo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, primo comma,
n. 3 c.p.c., «violazione e falsa applicazione degli artt. 2, primo periodo, e 3,
comma 1, lettera c) del D.Lgs. 15.12.97 n. 446»;
con il terzo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.
5 c.p.c., «insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il
giudizio»;
il contribuente si è costituito deducendo l’inammissibilità ed infondatezza
del ricorso ed ha depositato memorie ex art. 378 c.p.c.

CONSIDERATO CHE
1.1. il primo motivo di ricorso, con il quale si prospetta la violazione
dell’art. 38 DPR n.602/1973, è fondato;
1.2. questa Corte (cfr. ex plurimis Cass. nn. 25177/2016 e 11602/2016)
ha reiteratamente chiarito che il termine di decadenza per la presentazione
dell’istanza di rimborso delle imposte sui redditi, previsto dal D.P.R. n. 602 del
1973, art. 38, non può che decorrere dal giorno dei singoli versamenti in
acconto, nel caso in cui questi, già all’atto della loro effettuazione, risultino
parzialmente o totalmente non dovuti sussistendo, in questa ipotesi,
l’interesse e la possibilità di richiedere il rimborso sin da tale momento, a
nulla rilevando la riliquidazione successiva (alla quale peraltro non si riferisce
l’istanza di rimborso) (cfr. Cass. nn. 13478/2008, 5978/2006, 24058/2011,
4166/2014);
1.3. non può dubitarsi, allora, che nel caso esaminato dalla CTR la
contestazione fondante la domanda di rimborso del contribuente – correlata

relativamente agli anni di imposta 2003, 2004 e 2005;

R.G. 23801/2012

alla circostanza che era stata applicata la tassazione IRAP sebbene il
contribuente esercitasse la professione di dottore commercialista e revisore
dei conti senza ricorrere ad una struttura organizzativa complessa e senza
l’apporto di capitali altrui, con conseguente esclusione della suddetta imposta,
il cui presupposto era costituito esclusivamente dalle attività economiche
autonomamente organizzate – fosse direttamente collegata alla struttura

effettuazione del versamento (cfr. Cass. n. 11602/2016, 17132/2015,
21734/2014);
1.4. a tali principi, idonei a confutare le difese del controricorrente anche
esposte in memoria, non si è conformato il Giudice dì appello, che ha
affermato la tempestività dell’istanza di rimborso presentata in data 9.5.2008,
oltre 48 mesi dalla data del versamento del secondo acconto IRAP 2003,
effettuato il 28.11.2003, sostenendo che il termine di decadenza decorresse
dalla data del versamento del saldo;
2. restano assorbiti il secondo ed il terzo motivo di ricorso, attinenti a vizi
di violazione di legge e carenze motivazionali in ordine all’esistenza di
elementi di autonoma organizzazione con riguardo all’attività del
contribuente;
3. in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata senza
rinvio, non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, sicché il ricorso
introduttivo, risultando evidente il decorso del termine di decadenza di 48
mesi dalla ricezione delle somme al momento dell’istanza di rimborso
proposto dal contribuente, va rigettato;
4. il consolidarsi della giurisprudenza in epoca successiva all’introduzione
della lite giustifica la compensazione delle spese processuali relativamente ai
gradi di merito, mentre quelle del giudizio di legittimità vanno poste a carico
della parte soccombente come da dispositivo

P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo ed il
terzo, e decidendo nel merito rigetta il ricorso introduttivo del contribuente;
compensa le spese del giudizio dì merito e condanna il controricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in favore

stessa dell’imposta e, pertanto, poteva essere fatta valere fin dal momento di

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dell’Agenzia delle entrate in € 2.300,00 per compensi professionali, oltre
spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione,

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