Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20005 del 22/09/2010

Cassazione civile sez. lav., 22/09/2010, (ud. 25/05/2010, dep. 22/09/2010), n.20005

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore avv.to S.

G.P., in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. –

Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente

2010 domiciliati in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati CALIULO

LUIGI, CORRERA FABRIZIO, SGROI ANTONINO, giusta mandato in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

D.T.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OTRANTO 47,

presso lo studio dell’avvocato ROMEO FRANCESCO, rappresentato e

difeso dall’avvocato DI PARDO SALVATORE, giusta mandato a margine del

controricorso;

– controricorrente –

e contro

S.R.T. S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 107/2006 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 11/07/2006 r.g.n. 68/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/05/2010 dal Consigliere Dott. PAOLO STILE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso,

in subordine rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Campobasso, con sentenza del 28/10/2004, rigettava l’opposizione di D.T.A. (anche quale titolare della omonima ditta) avverso cartella esattoriale, emessa a carico di quest’ultimo e relativa a credito vantato dall’INPS (di importo totale di Euro 9874,51) per il recupero di maggiori contributi previdenziali, relativamente al lavoratore D.M.V., già licenziato dallo stesso D.T. in epoca infrannuale e per il quale non poteva beneficiarsi di agevolazione contributiva stante la sussistenza di obbligo di riassunzione L. n. 264 del 1949, ex art. 15.

Riteneva il Tribunale che prevalente era l’orientamento giurisprudenziale circa l’obbligo di riassunzione anche in caso di licenziamenti plurimi, e che non era rimasto acclarato che il lavoratore interessato avesse effettivamente espletato mansioni superiori inerenti alla diversa qualifica attribuitagli in sede di sua rinnovata assunzione.

Avverso tale decisione proponeva appello il D.T., cui resisteva l’INPS (anche quale mandatario di SCCI spa).

Con sentenza del 24 marzo-11 luglio 2006, l’adita Corte di Appello di Campobasso accoglieva il gravame.

A sostegno della decisione, osservava che dalla espletata istruttoria emergeva che il lavoratore D.M. era stato assunto nell’aprile 2000 con una qualifica diversa rispetto a quella attribuitagli nel pregresso rapporto e da ciò ricavava che nella fattispecie non era ipotizzabile un obbligo di riassunzione, posto che nell’azienda si era determinata una diversa esigenza soddisfatta con la medesima persona di cui si era valorizzata una diversa professionalità.

La Corte distrettuale riteneva altresì che il diritto di precedenza alla riassunzione da parte della medesima impresa andava escluso sia per effetto delle disposizioni dell’accordo interconfederale in data 5 maggio 1965, sia in considerazione dell’inapplicabilità alle imprese edili della procedura di mobilità di cui alla L. n. 223 del 1991, ai sensi dell’art. 24, comma 5, della legge citata.

Dall’esclusione dell’obbligo di riassunzione derivava la possibilità di usufruire delle agevolazioni contributive.

Per la cassazione di tale pronuncia ricorre l’INPS con tre motivi.

Resiste il D.T. con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, l’INPS denuncia violazione e falsa applicazione della L. 29 aprile 1949, n. 264, art. 8, comma 1, 4 e 4 bis, della L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 15, comma 6 e dell’art. 24 comma 4 (art. 360 c.p.c., n. 3).

Osserva che i benefici contributivi di cui alla L. n. 223 del 1991.

art. 8, comma 4, sono previsti per il datore di lavoro che assume lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, senza essere obbligato alla loro riassunzione ai sensi della L. n. 264 del 1949, comma 6, art. 15 e quando il collocamento in mobilità nei sei mesi precedenti non sia stato operato da impresa dello stesso o analogo settore di attività con assetti proprietari coincidenti o in rapporto di collegamento o controllo con l’impresa che assume.

In altri termini, il meccanismo del beneficio si attiva quando sussistono due presupposti che appaiono ineludibili: iscrizione del lavoratore nelle liste di mobilità; diversità del soggetto che licenzia rispetto a quello che assume. Nella fattispecie, essendo pacifico che l’impresa che aveva licenziato il lavoratore D.M. era la stessa che dopo quattro mesi l’aveva riassunto, doveva ritenersi, sulla base di tale dato incontestato, la violazione della L. n. 223 del 1991, art. 8, commi 1 – 4 e 4 bis.

Con il secondo motivo, l’Istituto, denunciando violazione e falsa applicazione della L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 8, comma 1, e dell’art. 24, comma 4, della L. 29 aprile 1949, n. 264, art. 15, comma 6, e dell’art. 5 dell’accordo interconfederale del 5 maggio 1965, censura l’impugnata sentenza nella parte in cui ha ritenuto insussistente l’obbligo di riassunzione del lavoratore licenziato da parte di imprese edili,allorquando il lavoratore venga riassunto – come nella specie – con diversa qualifica (carpentiere di 3^ livello, mentre nel pregresso rapporto era carpentiere di 2^ livello).

Con il terzo motivo, infine, il ricorrente, denunciando insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto decisivo per il giudizio consistente nella diversità di funzioni svolte dal dipendente D.M. in esito alla riassunzione, sostiene che la Corte di Appello di Campobasso non avrebbe sufficientemente motivato l’assenta superiorità delle mansioni svolte dal D.M. dall’aprile 2000.

Il ricorso, pur valutato nelle sue diverse articolazioni, è infondato.

Con riferimento al godimento dei benefici contributivi per cui è causa, la L. n. 223 del 1991 prevede una unica condizione ostativa per il godimento delle agevolazioni, costituita dal fatto che la assunzione per la quale l’impresa invoca gli sgravi contributivi non deve essere avvenuta in applicazione del diritto di precedenza previsto dalla L. 29 aprile 1949 n. 264.

Detta condizione negativa è sicuramente assente nel caso di specie, atteso che la ditta Di Toro non ha assunto nell’aprile 2000 il sig. D.M.V.in applicazione del diritto di precedenza previsto dalla L. 29 aprile 1949, n. 264, art. 15. Sul punto la Corte di Campobasso ha osservato che non era prospettabile una riassunzione obbligatoria del D.M., il quale nell’aprile 2000 era stato assunto per soddisfare un’esigenza lavorativa diversa rispetto a quella per la quale era stato assunto in precedenza.

Al riguardo la sentenza impugnata ha, infatti, puntualizzato che ex actis risultava che il lavoratore D.M. era stato assunto nell’aprile 2000 quale carpentiere di 3^ livello, mentre la qualifica dello stesso durante il rapporto lavorativo conclusosi nel dicembre 1999 era di carpentiere di 2^ livello; sicchè una riassunzione obbligatoria di esso D.M. non era ravvisabile, essendosi prospettata una diversa esigenza lavorativa in seno all’impresa dei datore, sebbene poi in concreto soddisfatta con la medesima persona, valorizzandosi una differente sua professionalità.

La posizione assunta dalla Corte distrettuale è fondata sul condivisibile orientamento di questa Corte, secondo cui, con riguardo alla disciplina posta dalla L. 29 aprile 1949, n. 264, art. 15, ove il datore di lavoro abbia proceduto al licenziamento di dipendenti per riduzione di personale, il lavoratore licenziato ha la precedenza nella riassunzione presso la medesima azienda entro un anno dal licenziamento, sempre che la richiesta di nuova assunzione, numerica o nominativa, presentata dal datore di lavoro, riguardi lavoratori della medesima qualifica di quello licenziato (Cass. n. 937/1990).

Nè può fondatamente sostenersi che, nella specie, la diversa qualifica avrebbe carattere puramente formale, avendo svolto il D. M., in seguito alla nuova assunzione, le medesime mansioni svolte nel pregresso rapporto lavorativo. Invero, la maggiore complessità delle mansioni, espletate da quest’ultimo successivamente alla riassunzione alle dipendenze della ditta resistente, è stata adeguatamente argomentata dalla Corte di appello, operando un preciso accertamento di merito del quale ha dato esurientemente conto nella sentenza. Ha osservato la Corte di merito che l’istruttoria svolta sul punto – contrariamente all’avviso espresso dal primo giudice nella gravata decisione – aveva dato riscontro alla configurabilità di una maggiore complessità di mansioni espletate dal D.M. quantomeno a far tempo dalla assunzione di aprile 2000 (aspetto che caratterizza la più elevata qualifica nel campo della carpenteria edile). A sostegno della sua convinzione ha richiamato, oltre alla deposizione del teste I.G.A., quella dello stesso D.M., da ritenere non inattendibile, siccome circostanziata e resa in assenza di rapporto di lavoro attuale col D.T. – mentre le dichiarazioni circa medesime mansioni, rese in occasione della indagine amministrativa, “risultavano generiche quanto a specificazione di mansioni nell’ambito di quelle generali della attività di carpenteria edile”.

Ha poi osservato come la deposizione del D.T.M. non apparisse invece dirimente, avendo esso espresso in sostanza un giudizio (di tipo qualitativo) “con l’indicare come specializzate le mansioni sempre svolte dal D.M.V.”; ed a tal riguardo ha ulteriormente osservato che sul piano logico risultava credibile la più elevata qualificazione professionale assegnata al D.M. in sede di assunzione nell’aprile 2000, poichè lo stesso lavoratore già da lungo tempo aveva espletato lavoro di carpenteria, e dunque ben poteva aver acquisito gradualmente quella maggiore perizia e autonomia operativa, sì da renderlo definitivamente idoneo a svolgere funzioni superiori nella organizzazione dell’impresa edile del D.T.A.”.

La Corte di Appello di Campobasso ha dunque accertato e compiutamente motivato che il sig. D.M. dall’aprile del 2000, aveva svolto alle dipendenze della ditta Di Toro, mansioni diverse e specializzate rispetto a quelle espletate in precedenza.

Non ravvisandosi nell’iter motivazionale del Giudice di appello le violazioni denunciate dall’Istituto e prescindendo dalle ulteriori censure, mosse alla impugnata pronuncia, da ritenersi assorbite per quanto precede, il ricorso va rigettato.

L’alterno esito dei giudizi di merito, comprovanti l’obiettiva difficoltà dell’apprezzamento dei fatti, giustifica la compensazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2010

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