Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20004 del 24/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 24/09/2020, (ud. 15/07/2020, dep. 24/09/2020), n.20004

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16061-2019 proposto da:

V.A.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

VALADIER 43, presso lo studio dell’avvocato EGIDIO LIZZA, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato RAFFAELE RAUSO;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CALAMATTA N. 27, presso lo studio dell’avvocato LUIGI GRECO,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIANCARLO SERVODIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1995/2018 del TRIBUNALE di BENEVENTO,

depositata il 19/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/07/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

V.A.A. ha proposto ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza 19 novembre 2018, n. 1995/2019, resa dal Tribunale di Benevento.

Il Condominio (OMISSIS), resiste con controricorso.

Il Tribunale di Benevento, pronunciando sull’appello formulato da V.A.A. contro la sentenza n. 862/2015 del Giudice di pace di Benevento, ha in parte accolto il gravame, ed ha così revocato il decreto ingiuntivo opposto (avente importo di Euro 3.199,99, oltre interessi), condannando tuttavia la condomina V. al pagamento della somma di Euro 1.728,33 oltre interessi, in favore del Condominio (OMISSIS). Il Tribunale ha considerato illegittimamente intimato in sede monitoria anche l’importo contabilizzato per i lavori inerenti ai balconi (pari ad Euro 1.561,66), in quanto beni di proprietà esclusiva, e, al netto dell’acconto corrisposto versato di Euro 903,08, ha determinato in Euro 1.728,33 il saldo ancora spettante al Condominio per l’intervento di manutenzione su parti comuni ed il saldo gestione ordinaria 2012. Stante la prevalente soccombenza dell’appellante ed opponente V.A.A. (essendo la somma non riconosciuta minore di quella dovuta), il Tribunale ha comunque condannato la stessa al rimborso in favore della controparte delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

Il primo motivo del ricorso di V.A.A. adduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione al D.M. n. 55 del 2014 ed al regolamenton. 140/2012, assumendo l’illegittimità della condanna alle spese disposta a suo carico, benchè totalmente vittoriosa sulla domanda subordinata che chiedeva di determinare come dovute le sole somme non riferibili ai “lavori privati”.

Anche il secondo motivo del ricorso di V.A.A. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione al D.M. n. 55 del 2014 ed al regolamenton. 140/2012, per aver il Tribunale rideterminato in aumento anche le spese di primo grado, che erano state liquidate nella misura di Euro 300,00 oltre accessori.

Il terzo motivo di ricorso deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., avendo il Tribunale riconosciuto al Condominio l’importo di Euro 1.728,33, mentre la somma ingiunta in sede monitoria (Euro 3.199,99), diminuita della cifra inerente ai lavori dei balconi (Euro 1.561,66), avrebbe portato al residuo di Euro 1.638,33.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Il controricorrente ha presentato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 2.

Quanto al primo motivo di ricorso, secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, nel procedimento di ingiunzione la fase monitoria e quella di opposizione fanno parte di un unico processo e l’onere delle spese processuali, ivi comprese quelle del procedimento monitorio, è regolato in base all’esito finale del giudizio di opposizione ed alla complessiva valutazione del suo svolgimento. In particolare, l’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione, nel quale il giudice è investito del potere-dovere di pronunziare sull’accertamento della pretesa creditoria fatta valere con la richiesta d’ingiunzione, sicchè, una volta stabilito che la pretesa è infondata solo in parte, il decreto ingiuntivo dev’essere revocato, salvo a pronunziare condanna al pagamento di una minor somma. Nella specie, a fronte dell’emissione del decreto ingiuntivo per la somma di Euro 3.199,99, è stato accertato dal Tribunale di Benevento che V.A.A. fosse debitrice verso la gestione condominiale dell’importo di Euro 1.728,33. Ciò conferma la fondatezza della pretesa creditoria azionata con l’ingiunzione, sia pure per un minor importo rispetto alla somma domandata, sicchè l’onere delle spese ben rimane a carico del debitore intimato, secondo il normale criterio della soccombenza (arg. da Cass. Sez. L, 08/06/1985, n. 3482; Cass. Sez. U, 07/07/1993, n. 7448; Cass. Sez. 3, 25/05/1999, n. 5074; Cass. Sez. 1, 22/05/2008, n. 13085; Cass. Sez. 6 – 2, 16/11/2017, n. 27234).

In sostanza, la valutazione di soccombenza, ai fini della condanna alle spese, va rapportata all’esito finale della lite anche nell’ipotesi di giudizio seguito ad opposizione ex art. 645 c.p.c., con la conseguenza che il creditore opposto, il quale veda conclusivamente riconosciuto il proprio credito, sia pure in parte rispetto a quanto richiesto ed ottenuto col monitorio, se legittimamente subisce la revoca integrale del decreto ingiuntivo e la condanna alla restituzione di quanto, eccedente rispetto al dovuto, percepito in dipendenza della sua provvisoria esecutività, deve qualificarsi come parte vittoriosa agli effetti dell’art. 91 c.p.c. (in termini, Cass. Sez. 3, 12/05/2015, n. 9587).

La soccombenza – di cui all’art. 91 c.p.c. – va, del resto, determinata con riferimento alla causa nel suo insieme, sicchè deve tenersi conto del risultato finale del processo, indipendentemente dalle valutazioni sul comportamento colposo delle parti (che piuttosto rilevano ai fini della responsabilità processuale aggravata di cui all’art. 96 c.p.c.), ed in rapporto alle rispettive pretese di merito dei contendenti. Parte soccombente, quindi, è quella che abbia azionato una pretesa accertata come infondata o abbia resistito ad una pretesa fondata, dando perciò causa al processo o alla sua protrazione, di tal che non incide su tale valutazione l’accoglimento, nella specie, del motivo subordinato di opposizione della condomina V. relativo ai lavori sui balconi, essendo restata la stessa morosa per il residuo e più cospicuo importo di contributi condominiali.

Ove, in particolare, all’esito dell’opposizione a decreto ingiuntivo, sia accertato che la pretesa creditoria fatta valere con la richiesta d’ingiunzione è fondata solo in parte, si determina una situazione di soccombenza reciproca, che consente la compensazione parziale o totale delle spese processuali, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, perciò sottratto al sindacato di legittimità, la valutazione delle proporzioni e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, non necessitando il rispetto di un’esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (Cass. Sez. 2, 31/01/2014, n. 2149).

Il secondo motivo di ricorso è del pari infondato. Il Tribunale ha liquidato in Euro 3.935,00 per compensi le spese da rimborsare al Condominio per entrambi i gradi di giudizio. La ricorrente sostiene che in tal modo il giudice di appello abbia violato l’art. 112 c.p.c., riformando in aumento anche il capo della sentenza di primo grado che aveva liquidato in Euro 300,00 le spese dovute dalla soccombente; avverte la ricorrente che, “a quanto è dato comprendere”, il Tribunale avrebbe infatti liquidato Euro 1.205.00 per il giudizio di opposizione.

Ora, com’è noto, in tema di impugnazioni, il potere del giudice d’appello di procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, sussiste in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, in quanto il relativo onere deve essere attribuito e ripartito in relazione all’esito complessivo della lite, laddove, in caso di conferma della decisione impugnata, la decisione sulle spese può essere dal giudice del gravame modificata soltanto se il relativo capo della decisione abbia costituito oggetto di specifico motivo d’impugnazione. Peraltro, anche in ragione dell’operare del c.d. effetto espansivo interno di cui all’art. 336 c.p.c., comma 1, l’accoglimento parziale del gravame impedisce al giudice d’appello di modificare il regolamento delle spese di primo grado in termini meno favorevoli per l’appellante, in difetto di appello incidentale sul capo relativo alle spese (cfr. Cass. Sez. 3, 29/10/2019, n. 27606; Cass. Sez. 3, 07/01/2004, n. 58). Tuttavia, è dichiaratamente ipotetico il ragionamento della ricorrente, secondo cui il Tribunale, pervenendo all’importo finale di Euro 3.995,00 per entrambi i gradi di giudizio, avrebbe così modificato l’importo liquidato dal Giudice di pace senza che vi fosse appello sul punto, nè viene formulata specifica censura sulla mancata liquidazione distinta dei compensi in relazione a ciascun grado del giudizio. Risulta pertanto precluso a questa Corte ogni controllo sui criteri di calcolo delle spese adottati nella sentenza impugnata con riferimento alla distinta fase del giudizio.

Il terzo motivo è inammissibile, ove volto a rappresentare in questa sede un errore materiale di calcolo in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata. Il motivo è altrimenti infondato, atteso che, avendo il Condominio richiesto in sede monitoria l’importo complessivo di Euro 3.199,00, di cui Euro 72,74 a titolo di saldo gestione anno 2012 ed Euro 3.127,75 per lavori straordinari; ed avendo il Tribunale ritenuto fondata la pretesa creditoria nella minor somma di Euro 2.559,16 per la sola quota lavori parti comuni, oltre Euro 72,74 per saldo gestione anno 2012 (totali Euro 2.631,91), detratto l’acconto di Euro 903,08; l’importo finale della condanna di Euro 1.728,33 non lascia configurare alcun vizio di ultrapetizione, avendo il Tribunale condannato la condomina opponente al pagamento di una somma acclarata come spettante al creditore Condominio in base alle emergenze acquisite nel corso del processo nel rispetto del “petitum” e della “causa petendi” dell’azione intentata.

Il ricorso va perciò rigettato e la ricorrente va condannata a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 15 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2020

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