Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20003 del 30/09/2011

Cassazione civile sez. trib., 30/09/2011, (ud. 30/06/2011, dep. 30/09/2011), n.20003

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 19851-2007 proposto da:

COMUNE DI MERLARA in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA BENACO 5, presso lo studio dell’avvocato

MORABITO MARIA CHIARA, rappresentato e difeso dall’avvocato SANTI

UMBERTO, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AZIENDA AGRICOLA CASETTE DI ZAMPIVA FRANCESCO & C. SAS;

– intimato –

avverso la sentenza n. 12/2007 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA,

depositata il 15/03/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/06/2011 dal Consigliere Dott. ETTORE FERRARA;

udito per il ricorrente l’Avvocato SANTI, che si riporta agli

scritti;

sentito il P.M. in persona del SOSTITUTO PROCURATORE GENERALE DOTT.

APICE Umberto che aderisce alla relazione.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso che il Comune di Merlara ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della C.T.R. del Veneto n. 12/18/07, depositata il 15.3.2007 e notificata il successivo 7 maggio, con la quale quel giudice ha confermato la sentenza della C.T.P. di Padova che aveva in precedenza accolto il ricorso della Società Azienda Agricola Casette di Zampivo Francesco & C. s.a.s. avverso silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso dell’ICI versata per gli anni 1993, 1994, 1995, 1996 e 1997; che la contribuente intimata nessuna difesa ha svolto nel presente giudizio; che il relatore del ricorso ha depositato la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Il Comune di Merlara (Provincia di (OMISSIS)) propone ricorso per cassazione, avverso la decisione indicata in epigrafe, con la quale la C.T.R. ha confermato il diritto della contribuente al rimborso dell’Ici erroneamente versata al suddetto Ente per gli anni 1993, 1994, 1995, 1996 e 1997, imposta in realtà spettante ad altro ente impositore (Il Comune di Melara, in provincia di (OMISSIS)). La decisione impugnata si fonda su più ragioni, e precisamente: 1) l’insussistenza della dedotta decadenza triennale decorrendo il termine dal dicembre 2001, allorchè il Comune di Melara notificò alla contribuente avvisi di accertamento e irrogazione sanzioni per l’imposta dovuta per gli anni 1995, 1996, 1997; 2) la sussistenza dei presupposti dell’indebito arricchimento; 3) l’obbligo del Comune di provvedere d’ufficio al rimborso; 4) l’insussistenza del termine per (a richiesta di rimborso, a seguito dell’abrogazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 13. Il ricorso denuncia i seguenti vizi dell’impugnata sentenza: 1) violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 13 decorrendo il termine triennale dal momento del versamento delle imposte per ciascuna annualità; 2) violazione o falsa applicazione dell’art. 2033 e 2946 c.c. e dell’ari:. 13 citato, monche contraddittorietà della motivazione, in ordine a quanto erroneamente affermato in sentenza circa l’applicabilità alla fattispecie delle norme sull’indebito arricchimento; 3) violazione dell’art. 2033 c.c. e contraddittorietà della motivazione, con riferimento a quanto affermato in ordine alta configurabilità nella fattispecie di un dovere d rimborso d’ufficio;

4) violazione e falsa applicazione dell’art. 13 cit. e della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 173 con riferimento a quanto affermato in ordine alla non applicabilità del termine triennale di decadenza per intervenuta abrogazione della norma tributaria; 5) violazione e falsa applicazione dell’art. 13 cit. e della L. n. 296 del 2006, art. 1, commi 164, 171, 173 poichè anche nella denegata ipotesi di rilevanza dell’abrogazione del termine triennale di decadenza ex art. 13 cit.

sarebbe stato comunque applicabile il termine quinquennale di cui al comma 164, anch’esso maturato alfa data dell’istanza di rimborso (22.3.2003). La società intimata non ha svolto nessuna difesa.

I primi quattro motivi di ricorso appaiono manifestamente fondati, restando assorbito l’ultimo motivo di censura.

Ed invero, secondo la costante giurisprudenza di legittimità:

1) In tema di ICI, il termine triennale per il rimborso delle somme versate e non dovute di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 13 ha natura speciale rispetto a quello previsto dalie regole civilistiche in tema di prescrizione e decorre “dal giorno del pagamento, ovvero da quello in cui è stato definitivamente accertato il diritto alla restituzione” (Cass. 30.6.2010, n. 15440; 28.5.2010, n. 13142; 7.5.2008, n. 11094; 28.4.2003, n. 14291); ma decorre senz’altro dal giorno del versamento, nel caso in cui quest’ultimo, già al momento in cui venne eseguito, non era dovuto o non io era nella misura in cui fu effettuato ovvero qualora fosse inapplicabile la disposizione di legge, in base alla quale venne effettuato, poichè in questi casi l’interesse e la possibilità di richiedere il rimborso sorge sin dal momento in cui avviene il versamento (Cass. 7.11.2005, n. 21557; 13.6.2003, n. 9516; 14.5.2003, n. 74519;

2) Nell’ordinamento tributario vige, per la ripetizione del pagamento indebito, un regime speciale basato sull’istanza di parte, da presentare, a pena di decadenza, nel termine previsto dalle singole leggi di imposta (in specie, per i rimborsi dei versamenti dell’ICI, dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 13) o, comunque, in difetto, dalle norme sul contenzioso tributario (del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 16, comma 6, e, ora, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, comma 1, lett. g, e art. 21, comma 2), regime che impedisce, in linea di principio, l’applicazione della disciplina prevista per l’indebito di diritto comune (v. Cass. 10.12,2009, n. 25872;

12.7.2006, n. 15840; n, 17918/2004);

3) in materia tributaria mentre all’istituto del rimborso su istanza di parte deve riconoscersi carattere di regola generale, le norme che contemplano l’istituto del rimborso d’ufficio (che, ove applicabile, esclude ovviamente l’operatività de primo), data la loro natura eccezionale, vanno considerate di stretta interpretazione, non potendo pertanto quest’ultimo istituto trovare applicazione in materia di lei in quanto non previsto (v. Cass. 12.7.2006, n. 15840;

4) In tema di rimborso delle imposte, il più ampio termine di decadenza per la presentazione della relativa istanza stabilito da una legge sopravvenuta (nel caso di specie il termine quinquennale dalia data del versamento previsto dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 173 in luogo dei tre anni originariamente previsti dal D.Lgs. N. 504 del 1992, art. 13), mentre trova applicazione nel caso in cui alla data di entrata in vigore di detta legge (1 gennaio 2007), sia ancora pendente il termine originario, non è applicabile qualora, come nella fattispecie in esame (istanza di rimborso presentata il 22.3.2003 per imposte versate al più tardi nel 1997) alla data predetta, tale termine sia già scaduto, avendo ciò determinato, in base ai principi generali in tema di efficacia delle leggi nel tempo, il definitivo esaurimento del rapporto tra il contribuente, che pretende il rimborso, e l’amministrazione finanziaria (Cass. 30.1.2007, n. 1918; 18.1.2005, n. 924).

Si propone, pertanto, che, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c., il ricorso sia trattato in camera di consiglio, con accoglimento dei primi quattro motivi, assorbimento del quinto, cassazione della sentenza impugnata e decisione nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente”;

che sulla base della predetta relazione è stata fissata l’adunanza per le decisione del ricorso in camera di consiglio;

che comunicato il decreto presidenziale e la relazione ai P.G. e all’altra parte, il primo ha dichiarato di associarsi alle conclusioni del relatore, mentre la ricorrente nulla ha replicato;

che le argomentazioni svolte dal relatore nella citata relazione, e le conseguenti conclusioni appaiono assolutamente condivisibili;

che, avuto riguardo al merito della controversia, ricorrono eccezionali motivi per la compensazione parziale delle spese di giudizio, in misura corrispondente alle spese delle fasi di merito, mentre la quota corrispondente giudizio di legittimità, liquidata come in dispositivo, deve seguire la soccombenza.

PQM

La Corte accoglie i primi quattro motivi di ricorso, assorbito il quinto, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente. Dichiara compensate le spese delle fasi di merito e condanna la contribuente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro. 1.400,00 di cui Euro. 100,00 per spese vive, oltre spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 30 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2011

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