Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20003 del 10/08/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 10/08/2017, (ud. 05/07/2017, dep.10/08/2017),  n. 20003

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19492-2016 proposto da:

IMMOBILIARE B. DI A.B. E C. S.N.C., (P.I.

(OMISSIS)), in persona del legale rappresentante, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA TAZZOLI, n. 2, presso lo studio

dell’avvocato ANTONELLA DI GIOIA, rappresentata e difesa

dall’avvocato LUCA BECHINI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

e sul ricorso 19493-2016 proposto da:

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TAZZOLI 2,

presso lo studio dell’avvocato ANTONELLA DI GIOIA, rappresentato e

difeso dall’avvocato LUCA BECHINI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

e sul ricorso 19494-2016 proposto da:

P.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TAZZOLI, n.

2, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLA DI GIOIA, rappresentata

e difesa dall’avvocato LUCA BECHINI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso le sentenze nn. 154/29/2016, 153/29/2016 e 155/29/2016 della

COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della TOSCANA, depositate il

02/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/07/2017 dal Consigliere Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società Immobiliare B. di A.B. e c. snc propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Toscana n. 154/29/2016, depositata in data 2/02/2016, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento emesso per maggiore IRPEF dovuta, in relazione all’anno d’imposta 2008, stante il disconoscimento, da parte dell’Ufficio erariale, della integrale deducibilità di oneri finanziari (interessi passivi su mutui), con conseguente rideterminazione di maggiore reddito, attribuito altresì per trasparenza ai due soci, – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso della contribuente.

A loro volta, B.A. e P.F., quali soci della suddetta società, propongono distinti ricorsi per cassazione, affidati a due motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso, nel solo procedimento n. 19493/2016 R.G.)), avverso le sentenze della Commissione Tributaria Regionale della Toscana nn. 153 e 155/29/2016, depositate in data 2/02/2016, con le quali nelle controversie concernenti le impugnazioni degli avvisi di accertamento emessi per maggiore IRPEF dovuta dai soci, B.A. e P.F., della società Immobiliare B. di B.A. e C. snc, in relazione all’anno d’imposta 2008, stante il disconoscimento, da parte dell’Ufficio erariale, della integrale deducibilità di oneri finanziari (interessi passivi su mutui) e la conseguente rideterminazione di maggiore reddito, attribuito altresì per trasparenza ai due soci, – sono state riformate le decisioni di primo grado, che avevano accolto i ricorsi del contribuenti.

In particolare, nelle decisioni impugnate, i giudici d’appello, nell’accogliere i gravami dell’Agenzia delle Entrare, hanno sostenuto che, occorrendo, ai sensi dell’art. 109, comma 5 TUIR, ai fini della deducibilità degli interessi passivi, un “collegamento tra reddito imprenditoriale e componente negativo detraibile che non può rivolgersi ad un reddito ontologicamente diverso in quanto estraneo all’attività d’impresa”, e, nella fattispecie, essendo emerso che la società aveva contratto “due mutui per complessivi Euro 1.200.000 formalmente per la ristrutturazione di un immobile da destinare all’esercizio dell’attività di impresa”, ma che erano stati svolti poi “lavori di ristrutturazione per soli Euro 313.481,56, pari a 26% dell’importo mutuato”, senza utilizzazione di “gran parte del finanziamento…per l’originario motivo addotto”, neppure avendo la società contribuente, gravata dall’onere, provato di “avere impiegata la somma non spesa per ristrutturazione per altre finalità od investimenti relativi all’esercizio di impresa”, del tutto legittimamente l’Amministrazione finanziaria aveva “recuperato a tassazione, in quanto non deducibile, il 74% dell’importo totale degli interessi passivi sopportati dal contribuente”.

A seguito di deposito di proposte ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente, va disposta la riunione al ricorso n. 19492/2016 R.G. di quel nn. 19493 e 19494 del 2016, per connessione oggettiva, ai sensi dell’art. 274 c.p.c..

Infatti, deve essere richiamato quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte in ordine all’unitarietà dell’accertamento, che è alla base delle determinazioni sui redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. n. 917 del 1986 (art. 5) e dei soci delle stesse, ed alla conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili e indipendentemente dalla percezione degli stessi.

Tanto comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci, salvo il caso in cui si prospettino questioni personali. Tutti questi soggetti devono essere, quindi, parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi, non avendo tale controversia per oggetto la singola posizione debitoria del ricorrente, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto impositivo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario e relativa necessità d’integrazione, essendo il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (S.U. n.14815 del 2008 e nello stesso senso Sez. 5, nn. 25954, 25931, 25929 del 2010).

A diversa conclusione può tuttavia pervenirsi, secondo quanto ritenuto da questa Corte, nell’ipotesi in cui siano stati incardinati simultaneamente diversi giudizi di merito relativi, rispettivamente, alla rettifica del reddito di una società di persone ed alla conseguente automatica imputazione dei redditi stessi a ciascun socio, qualora tali giudizi si fondino su identiche difese e vengano trattati contemporaneamente, potendo la Corte procedere alla riunione dei giudizi, per connessione oggettiva ex art. 274 c.p.c., anzichè pronunciare l’annullamento delle sentenze di merito (Cass. 2907, 3830 e 22122/10; Cass. 11622/2013).

Nella specie, risulta dagli atti che i giudizi di merito, distinta per società e soci, si sono svolti contestualmente e sono stati decisi dalla stessa Sezione delle Commissioni tributarie Provinciale e Regionale e, pertanto, attraverso la riunione in questa sede dei ricorsi per cassazione proposti da società e soci, si può ovviare alla declaratoria di nullità del giudfizio.

2. Tanto premesso, i ricorrenti lamentano, con il primo motivo, sia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 e della L. n. 212 del 2000, artt. 7 e 10 sia l’omessa motivazione sul punto, deducendo che la C.T.R. non abbia motivato sull’eccezione, svolta sin dal primo grado, di motivazione carente e contraddittoria dell’avviso di accertamento, nonchè sull’eccezione di mancata rituale sottoscrizione dell’atto da parte del capo dell’Ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano poi la violazione e falsa applicazione dell’art. 109, comma 5 (ex art. 75, comma 5) TUIR, nel testo vigente ratione temporis, rilevando che, ai fini della deducibilità degli interessi passivi, non è più richiesto il requisito dell’inerenza ad attività da cui derivano ricavi o proventi formanti il reddito d’impresa.

3. La prima censura dei riuniti ricorsi, tenuto conto del fatto che la decisione della C.T.R. non si pronuncia su tali questioni, è inammissibile, con riguardo alla violazione di legge in ordine alla motivazione dell’avviso di accertamento, per difetto di autosufficienza, non essendo stato richiamato, nei ricorsi, testo degli avvisi impugnati, al fine di consentire a questa Corte di vagliarne la fondatezza, ed, in ordine alla sottoscrizione ed alla delega di firma negli avvisi, sempre per difetto di autosufficienza, non avendo i ricorrenti specificato in quale sede, nel giudizio di merito, era stata sollevata la suddetta contestazione di nullità dell’atto impositivo, non rilevabile d’ufficio.

La censura è altresì inammissibile, riguardo al vizio motivazionale, ex art. 360 c.p.c., n. 5, non vertendosi in ipotesi di omesso esame di un fatto storico.

4. Il secondo motivo è invece fondato.

Al riguardo, va innanzitutto considerato che il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, stabilisce che “I ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi, per i quali le precedenti norme della presente Sezione non dispongono diversamente, concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza; tuttavia i ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell’esercizio di competenza non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare concorrono a formarlo nell’esercizio in cui si verificano tali condizioni” ed, al comma 5, che “le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito”.

Costituisce infatti orientamento consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui “ai fini della determinazione del reddito d’impresa, gli interessi passivi, a mente del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, comma 5 ed, a differenza della precedente normativa contenuta nel D.P.R. n. 591 del 1973, art. 74, sono sempre deducibili, anche se nei limiti della disciplina detta dal detto D.P.R. n. 917 del 1986, art. 63, che indica misura e modalità del calcolo degli interessi passivi deducibili in vie generale, senza che sia necessario operare alcun giudizio di inerenza” (ex multis, Cass. 4339/2016; Cass. 3398/2015; Cass. 10501/2014; 14702 del 2001; 22034 del 2006; 9380 del 2009; Cass. 12246/2010).

Si è, in proposito, chiarito come nella determinazione dei reddito d’impresa “resta precluso tanto all’imprenditore Quanto all’Amministrazione finanziaria dimostrare che gli interessi passivi afferiscono a finanziamenti contratti per la produzione di specifici ricavi, dovendo invece essere correlati all’intera attività dell’impresa esercitata. Gli interessi passivi, infatti, sono oneri generati dalla funzione finanziaria che afferiscono all’impresa nei suo essere e progredire, e dunque non possono essere specificamente riferiti ad una particolare gestione aziendale o ritenuti accessori ad un particolare costo” (Cass. n. 1465 del 2009). giudizio di inerenza riguarda spese ed altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi (in motivazione, Cass. 3394/2016).

I giudici di merito non hanno fatto corretta applicazione di detti principi, avendo ritenuto indeducibili parte degli interessi passivi, sui finanziamenti richiesti dalla società, per mancata dimostrazione dell’inerenza all’attività sociale.

5. Per tutto quanto sopra esposto, previa riunione dei ricorsi nn. 19492/16, 19493/16 e 19494/16, in accoglimento del secondo motivo dei riuniti ricorsi, respinto il primo, vanno cassate le sentenze impugnate con rinvio alla C.T.R. della Toscana, in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte, disposta la riunione dei ricorsi nn. 19492/16, 19493/16 e 19494/16, accoglie il secondo motivo dei ricorsi riuniti, respinto il primo motivo, cassa le sentenze impugnate e rinvia alla C.T.R. della Toscana in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2017

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