Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 200 del 09/01/2020

Cassazione civile sez. VI, 09/01/2020, (ud. 27/06/2019, dep. 09/01/2020), n.200

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16230-2018 R.G. proposto da:

D.M.L., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

PAOLA PRANZO;

– ricorrente –

contro

P.L.F., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso

la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA

PRIVITERA;

– resistente –

per regolamento di competenza avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di

VARESE, depositata il 3/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 27/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIETTA

SCRIMA;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. CARMELO SGROI, che chiede che

la Corte di Cassazione, in camera di consiglio, in accoglimento del

ricorso per regolamento di competenza, cassi il provvedimento

impugnato e disponga la prosecuzione del giudizio dinanzi al

Tribunale di Varese.

Fatto

CONSIDERATO

che:

con ricorso per regolamento di competenza D.M.L. ha impugnato l’ordinanza del Tribunale di Varese del 3 maggio 2018, resa nel giudizio ivi iscritto al NRG. 2414/2017, vertente tra l’attuale ricorrente e P.L.F., e con la quale il Tribunale ha dichiarato la litispendenza tra il predetto giudizio e altro giudizio di opposizione a d.i., pendente tra le stesse parti, definito nei gradi di merito e pervenuto poi dinanzi a questa Corte, con il NRG 4907/2018, e ha disposto, pertanto, la cancellazione della causa dal ruolo;

P.L.F. ha depositato memoria difensiva in data 18 giugno 2018 e, in prossimità dell’odierna adunanza camerale, ha inviato a mezzo posta ulteriore memoria, pervenuta in cancelleria in data 24 giugno 2019;

il P.G. ha concluso come sopra riportato.

Diritto

RILEVATO

che:

con il provvedimento ora impugnato il Tribunale di Varese ha affermato la sussistenza della relazione di litispendenza – e, come già evidenziato, ha cancellato la causa dal ruolo, in quanto giudice della causa successivamente promossa – ravvisando identità tra il giudizio dinanzi ad esso proposto, concernente la domanda risarcitoria formulata da D.M.L., proprietario-locatore di un immobile, nei confronti del conduttore P.L.F., per una serie di danni all’immobile locato (domanda ex artt. 1587 – 1590 c.c.), e la causa di opposizione all’ingiunzione di pagamento anteriormente formulata dal D.M., a titolo di canoni non pagati dal conduttore, definita in primo grado dal Tribunale di Varese, in secondo grado dalla Corte d’appello di Milano e, alla data dell’ordinanza di cancellazione e tuttora, pendente dinanzi alla Corte di cassazione, a seguito di ricorso proposto dal conduttore contro la decisione di appello (ricorso iscritto al NRG 4907/2018);

in particolare, il Tribunale ha ravvisato la relazione di litispendenza in quanto, nel giudizio anteriore, si sarebbe trattato e deciso in ordine alla sussistenza del danno lamentato dal locatore, ed in quanto una decisione resa nel secondo giudizio davanti a quel Tribunale pendente si sarebbe “sovrapposta” a temi già trattati nel primo, segnatamente per quanto riguarda la compensazione tra il credito a titolo di canoni non pagati e il controcredito del conduttore a titolo di restituzione della cauzione, il quale ultimo – è affermato nell’ordinanza del Tribunale – sarebbe stato neutralizzato nella decisione di appello del primo processo, che, riformando quella di primo grado e negando l’obbligazione di restituzione della cauzione a carico del locatore, si sarebbe basata sulla constatazione del danno lamentato dal locatore e, quindi, sulla prova di detto pregiudizio, in misura pari almeno all’importo della cauzione;

in base a tali considerazioni, il Tribunale ha rilevato la coincidenza tra la domanda risarcitoria azionata dal locatore e una parte del thema decidendum della causa precedente;

il ricorso proposto censura le argomentazioni del Tribunale, sostenendo il ricorrente che può sussistere litispendenza tra due cause contemporaneamente pendenti dinanzi a giudici diversi solo se abbiano petitum e causa petendi identici, laddove, invece, nel caso di specie tra i due giudizi vi sarebbe identità soggettiva ma diverso sarebbe il petitum, in quanto nel primo giudizio, attualmente pendente dinanzi a questa Corte, il locatore ha chiesto unicamente il pagamento dei canoni di locazione, nel secondo giudizio invece, nel corso del quale è stata emessa l’ordinanza impugnata in questa sede, il D.M. ha chiesto l’accertamento dei danni all’immobile locato al P., sicchè, ad avviso del ricorrente, si tratterebbe di due domande all’evidenza differenti; inoltre, diversamente da quanto ritenuto nell’ordinanza più volte richiamata, nel giudizio di primo grado di opposizione a d.i. il D.M. non avrebbe mai chiesto l’accertamento del danno ma avrebbe dato solo atto della circostanza che il deposito cauzionale non fosse liquido ed esigibile e non potesse essere restituito, essendo stati riscontrati dei vizi, per l’accertamento e la quantificazione dei quali si stava procedendo con separata azione, e che nel giudizio di secondo grado la Corte di merito non avrebbe liquidato i danni in misura quanto meno pari all’importo della cauzione ma avrebbe condannato al pagamento delle somme di cui al d.i. per canoni, avendo accertato la loro debenza e avendo rilevato che tali somme non potevano essere compensate dal deposito cauzionale versato, risultando dalla documentazione prodotta la contestazione di danni di importo di gran lunga superiore, per l’accertamento dei quali e del bro esatto ammontare il locatore aveva agito in via giudiziaria, sicchè la Corte territoriale si era occupata dei danni all’immobile solo incidentalmente per accertare la fondatezza o meno della domanda di compensazione del deposito cauzionale sollevata dal conduttore;

ritenuto che:

la memoria da ultimo inviata dal resistente a mezzo posta e pervenuta in cancelleria in data 24 giugno 2019 è inammissibile, non essendo applicabile l’art. 134 disp. att. c.p.c., in quanto previsto esclusivamente per il ricorso ed in controricorso (Cass., ord., 10/04/2018, n. 8835) e, quindi, con riferimento alle memorie di cui all’art. 380 – ter c.p.c., comma 2;

nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo (quest’ultimo chiesto ed ottenuto dal locatore D.M. per la condanna del conduttore a titolo di pagamento di canoni non corrisposti) era stata introdotta una domanda riconvenzionale dal conduttore P. per ottenere la restituzione della cauzione ed una domanda di risarcimento danni;

oltre a quelle appena indicate il locatore non aveva proposto altre domande, ma, con riferimento alla domanda inerente alla cauzione avanzata ex adverso, si era limitato a dedurre come fatto impeditivo l’esistenza di danni e neppure aveva chiesto la compensazione con la cauzione di tali danni;

qualora il locatore avesse domandato l’accertamento del controcredito per risarcimento danni, allora la successiva domanda sarebbe stata introdotta in violazione dell’art. 39 c.p.c., comma 1, ma – va evidenziato – la stessa parte resistente rappresenta che una siffatta domanda non venne introdotta dal D.M. che si limitò ad opporsi alla compensazione;

in ogni caso, la Corte territoriale ha deciso sulla rilevanza del credito risarcitorio solo per escludere l’accoglimento dell’azione di restituzione dell’indebito e dunque, ove si volesse ritenere che nel limite del valore della cauzione comunque il controcredito risarcitorio sia stato accertato esistente, ne seguirebbe che la relazione con la domanda su cui è intervenuta la sospensione sarebbe stata di continenza, nel senso che tale domanda avrebbe contenuto l’altra anche per la parte di credito corrispondente alla cauzione;

la declaratoria di litispendenza risulta comunque errata e nemmeno si può evocare, in relazione alla fattispecie all’esame, il concetto – pure richiamato, in linea di principio, come astrattamente predicabile, dal P.G. nella sua requisitoria scritta – di litispendenza parziale, che si riferisce (arg. ex Cass., ord., 5/08/2015, n. 16454) all’ipotesi di pendenza, tra le stesse parti, di due cause aventi ad oggetto, una, più domande e, l’altra, una soltanto di tali domande;

deve, quindi, ritenersi sussistente, tra le due cause di cui si discute in questa sede, una relazione di continenza che avrebbe dovuto giustificare e tuttora giustifica la sospensione del giudizio varesino ai sensi dell’art. 39 c.p.c., comma 2, pendendo tuttora l’altra causa, atteso che le cause contenente e contenuta, pur dovendo essere decise dal giudice competente per entrambe e tale essendo il Tribunale di Varese, non (Ndr: Testo originale non comprensibile);

va, quindi, caducata la sentenza impugnata e va disposta la prosecuzione del giudizio dinanzi al Tribunale di Varese, ma, ai sensi dell’art. 49 c.p.c., comma 2, il predetto Tribunale dovrà sospendere il presente giudizio in attesa della definizione del giudizio pendente dinanzi a questa Corte, evidenziandosi che l’accertamento della parte di credito risarcitorio corrispondente alla cauzione, che scaturirà in senso negativo o positivo all’esito di quel giudizio, dovrà essere considerato pregiudicante dal Tribunale;

in conclusione, l’istanza di regolamento risulta fondata, nei termini sopra precisati, e va, quindi, dichiarata la competenza del Tribunale di Varese, dinanzi al quale vanno rimesse le parti; visto l’art. 49 c.p.c., va disposto che quel Tribunale provveda come sopra esposto;

le spese del presente procedimento seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;

stante il sostanziale accoglimento del ricorso, non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

PQM

La Corte dichiara la competenza del Tribunale di Varese dinanzi al quale rimette le parti; visto l’art. 49 c.p.c., dispone che il Tribunale provveda ai sensi di cui in motivazione; condanna il resistente alle spese del presente procedimento, che liquida in Euro 2.200,00 per compensi, oltre spese forfetarie nella misura del 15%, oltre Euro 200,00 per esborsi e oltre accessori legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 27 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2020

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