Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2 del 02/01/2018

Civile Sent. Sez. L Num. 2 Anno 2018
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: DE GREGORIO FEDERICO

SENTENZA

sul ricorso 2974-2012 proposto da:
A.A., elettivamente
domiciliato presso lo
studio dell’avvocato STEFANO CANALI DE ROSSI, che lo
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2017

contro

1587

SKY ITALIA S.R.L. C.F. 04619241005, in persona del
legale

rappresentante pro tempore,

elettivamente

2omiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTO PESSI, che la rappresenta e

Data pubblicazione: 02/01/2018

difende unitamente all’avvocato MAURIZIO SANTORI,
giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 2708/2011 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 27/07/2011, R. G. N. 1549/2008;

udienza del 12/04/2017 dal Consigliere Dott. FEDERICO
DE GREGORIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RITA SANLORENZO, che ha concluso per
l’inammissibilità e in subordine per il rigetto del
ricorso;
udito l’Avvocato CANALI DE ROSSI STEFANO;
udito l’Avvocato LORENZO CONFESSORE per delega orale
ROBERTO PESSI e MAURIZIO SANTORI.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

ud. 12-04-17 / r.g. n. 2974-12

SVOLGIMENTO del PROCESSO
La Corte di Appello di ROMA con sentenza n. 2708 del 24 marzo – 27 luglio 2011, in riforma
della pronuncia n. 2931/07, impugnata dalla convenuta soccombente SKY Italia S.r.l. contro
l’attore A.A., all’esito della ammessa ed espletata prova testimoniale rigettava la
domanda di costui, volta al pagamento della somma di 135.235,25 euro oltre accessori a titolo
di inc:entivo all’esodo, pari a trenta mensilità della retribuzione, in base a missiva di parte
dator ale in data 5 dicembre 2003 (a seguito di pregressi accordi sindacali), contenente varie

Roma a quella di Milano, cui il dipendente aveva dichiarato di aderire come da lettera di
gennaio 2004, non accettando quindi il trasferimento e senza perciò accettare neanche la
possibilità di altra sistemazione lavorativa presso aziende partener di SKY localizzate in quel di
ROMA.
Secondo la Corte di Appello, la pretesa creditoria azionata dal lavoratore era infondata, poiché
l’anzidetta missiva risultava erroneamente indirizzata al A.A., che invece era stato
assunto, con decorrenza dal primo febbraio 2004, a Roma, dalla società FOX del gruppo SKY
per intervento di quest’ultima, risultando in proposito attendibili le dichiarazioni rese dal teste
CAPPELLI, a differenza di quanto dichiarato dalla teste CARUSO, considerato inoltre che l’onere
probatorio circa le modalità di tale nuova assunzione erano a carico del dipendente, essendo il
A.A. tenuto a dimostrare il reale svolgimento dei fatti e che quindi la sua assunzione da
parte della FOX non rientrasse nel prospettato piano di outplacement. Per contro, era da
ritenersi provato che ciò avvenne in base ai pregressi rapporti tra le due società, per cui il
A.A. era stato già distaccato presso la FOX, sicché quando già erano sicuramente in
corso i contatti per tale assunzione il lavoratore aveva cercato in qualche modo di approfittare
dell’errore, consistito nell’invio da SKY della lettera, per ricevere anche l’incentivo, che non gli
era comunque dovuto, essendosi di fatto già realizzata, anche se non del tutto perfezionata,
una celle ipotesi alternative previste dall’accordo sindacale, che del resto non indicava alcun
termine per la sua realizzazione.
Avverso l’anzidetta pronuncia di appello ha proposto ricorso per cassazione A.A.
con atto in data 23 – 24 gennaio 2012, affidato a quattro motivi, cui ha resistito SKY Italia
S.p.A. mediante controricorso del 1 marzo 2012.
Le pali, in seguito, hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

MOTIVI della DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente ha lamentato omessa e/o insufficiente motivazione circa
un fatto controverso decisivo per il giudizio, laddove la Corte distrettuale aveva affermato
che l’onere della prova sarebbe stato in capo al A.A.,
applicazione dell’articolo 2697 c. c. .

1

nonché violazione e / o falsa

propcste alternative in relazione al programmato trasferimento di vari dipendenti dalla sede di

ud. 12-04-17 / r.g. n. 2974-12

Con il secondo motivo il ricorrente ha lamentato omessa e / o insufficiente motivazione
circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, laddove la Corte di Appello aveva
esaminato con una erronea valutazione il testo di un documento (accordo sindacale del 30
sette-i-Ore 2003), ignorando il significato delle parole scritte nel passaggio più rilevante
dell’atto, indicendo un evidente vizio della decisione oltre che della motivazione. Di
conseguenza, SKY Italia avrebbe potuto favorire o una soluzione con un semplice distacco

primo febbraio 2004 da FOX), ovvero una “soluzione consensuale” presso una società
partener di SKY. Quindi, stante l’assunzione di febbraio 2004 presso FOX International
Channels, l’ipotesi astrattamente possibile con riferimento specifico all’accordo sarebbe
stata necessariamente quella dell’assunzione presso partner di SKY con soluzione
consensuale, donde la necessità di un accordo tra il vecchio datore di lavoro SKY ITALIA, il
nuov3 datore FOX e lo stesso A.A.. Per contro, secondo la Corte di Appello,
risultava provato che l’attore entrò in contatto con la FOX sulla base dei pregressi rapporti
tra q9est’ultima e la Sky e non già per una mera iniziativa personale. Di conseguenza, la
Corte capitolina aveva ignorato il testo del decisivo passaggio del documento, in cui si
parlava espressamente di una soluzione consensuale, quindi con la necessaria
partecipazione all’accordo dei tre soggetti coinvolti. Il vizio, inoltre, era decisivo, perché
mancava agli atti qualsivoglia evidenza sul verificarsi di una soluzione consensuale nel
passaggio di A.A. in FOX ed anzi vi era la prova che egli quel posto se lo era trovato
da solo.
Con 3 terzo motivo il A.A. si è doluto di omessa e /o insufficiente e/o illogica e/o
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio,

avendo la

Corte territoriale arith motivato omettendo le risultanze della prova per testi (in
particolare, omessa disamina di molte delle risultanze della prova testimoniale, con
conseguente vizio nella motivazione adottata e decisione in senso difforme da quanto la
Corte avrebbe fatto se avesse disaminato le medesime risultanze: i vari non ricordo di cui
alla testimonianza resa 10 giugno 2010 da Emanuele Cappelli, capo del personale SKY
Italia, a fronte di quanto dichiarato dalla teste Caruso, secondo cui l’attore si rivolse
spontaneamente a Fox per l’assunzione, assunto da quest’ultima a seguito di un’apposita
selezione e l’unico degli uffici amministrativi di SKY ad essere assunto in Fox).

2

presso una società terza partener (mentre esso ricorrente era stato invece assunto il

rad. 12-04-17 / r.g. n. 2974-12

Infine con il quarto motivo il ricorrente ha censurato l’impugnata pronuncia per

omessa

e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il
giudizio, laddove la Corte di Appello, travisando gli esiti delle risultanze istruttorie
(deposizioni testimoniali Caruso e Cappelli) aveva valutato erroneamente il verificarsi
delle ipotesi di cui all’accordo, nonché omesso la disamina di due documenti sul termine di

dicembre 2003 e la missiva dello stesso A.A. in data 9 gennaio 2004, con esplicita
negazione di qualsivoglia soluzione consensuale e l’esercizio dell’opzione per le 30
mensilità, pervenuta a SKY il 19 gennaio 2004, mai riscontrata da quest’ultima. Peraltro, il
termine per rispondere a SKY Italia con l’adesione alla proposta, inizialmente fissata 9
gennaio 2004, era stato in seguito prorogato al 21 gennaio 2004 come da accordo
sindasale del 19 dicembre 2003 (documento cinque fascicolo di parte attrice di primo
grado), anche esso evidentemente sfuggito all’esame della Corte distrettuale.
Le anzidette doglianze vanno disattese in forza delle seguenti considerazioni.
Ed invero la pretesa creditoria, così come prospettata da parte attrice, appare comunque
infondata.
Infatti, il A.A. invoca l’incentivo all’esodo sulla scorta della sua asserita
accettazione, di cui alla propria missiva in data 9/19 gennaio 2004, relativamente alla
proposta ricevuta da parte datoriale come da lettera di SKY Italia in data 5 dicembre
2003, donde l’ipotizzata formazione di consenso contrattuale in ordine al rivendicato
incentivo.
Sta ci fatto che l’anzidetta accettazione di gennaio 2004 non appare ad ogni modo
confo – me alle preferenze per cui la società aveva chiesto, con la missiva di dicembre
2003, al dipendente di esprimersi (in vista del trasferimento della sede della direzione
amministrazione finanza e controllo a Milano, «con decorrenza dall’inizio del prossimo
anno»), tra le ipotesi definite dall’accordo sindacale in data 30 settembre 2003 di cui
all’allegato A,

espressamente accluso alla lettera con altri due documenti, B e C,

contrassegnando quella scelta: A) trasferimento volontario…; 8-1) piano di ricollocazione
presso altre aziende del gruppo – outplacement – sul territorio romano, unitamente
all’erogazione di un importo a titolo di incentivo all’esodo pari a 24 mensilità; 8-2)
INCENTIVAZIONE all’ESODO, per cui a fronte della risoluzione contestuale del rapporto di
3

scadenza dell’opzione, ossia la lettera di SKY Italia al A.A. con l’offerta in data 5

ud. 12-04-17 / r.g. n. 2974-12

lavoro, senza il ricorso all’outplacement, sarebbe stato riconosciuto un importo a titolo di
incentivo pari a trenta mensilità di stipendio netto; CONTATC CENTER; OUTSOURCING
(tanto in base a quanto enunciato testualmente dal ricorrente).
Orbene, l’anzidetto accordo sindacale del 30 settembre 2003, espressamente richiamato
ed allegato altresì nella nota del 5 dicembre 2003 (riportato alle pagine 36 / 38 del
ricorso), prevedeva, tra l’altro, l’impegno dell’azienda a promuovere, in alternativa alle

territoriale rivolto ai lavoratori non disponibili al trasferimento, i quali potranno accedere
ad una risoluzione consensuale incentivata del rapporto di lavoro, mediante erogazione di
una somma pari a 24 mensilità nette, comprensive dell’indennità sostitutiva del preavviso,
previa sottoscrizione in sede sindacale di transazioni individuali ex art. 2113 c. c.. In
aggiunta a detto trattamento, sarà implementato un piano di ricollocazione territoriale
(outplacement) …».
Seno iché, a tale proposta faceva seguito nel successivo mese di gennaio la
comunicazione, scritta, del A.A., che, richiamando la lettera del 5 dicembre 2003,
nonché l’accordo del 30 settembre, rappresentava di aderire alla risoluzione contestuale
del rapporto di lavoro, senza il ricorso all’outplacement, rassegnano quindi le sue
dimissioni anche in considerazione del fatto di non aver raggiunto alcuna soluzione
consensuale in merito ad altra collocazione lavorativa presso società terze, partner di SKY
localizzate in Roma o presso altre sedi del gruppo Sky, informando altresì che dal primo
febbraio 2004 non sarebbe già stato alle dipendenze della Società.
Pertanto, tali dimissioni (atto unilaterale recettizio, pervenuto alla società il 19 gennaio
2004), peraltro neanche corrispondenti alla contestualità di cui alla missiva del 5 dicembre
2003, non risultano conformi alla precedente proposta, che faceva riferimento, invece, alla
risoluzione, evidentemente consensuale, occorrente pure in base al testo del connesso ed
allegato accordo sindacale 30 settembre 2003, più volte richiamato. Ne deriva che non
può ritenersi concluso il contratto, nei sensi auspicati dal ricorrente, però diversamente
disciplinati dall’art. 1326 c.c. (segnatamente, poi, in base all’ultimo comma, secondo cui
un’accettazione non conforme alla proposta equivale a nuova proposta).
Dunque, non vistata

la necessaria e prevista risoluzione consensuale (ossia il mutuo

consenso per lo scioglimento del rapporto), che andava per di più formalizzata con
apposite transazioni individuali ex art. 2113 c.c., in ambito sindacale (donde l’insufficienza
4

altre possibilità ivi contemplate, un «piano di incentivazione all’esodo e ricollocazione

tad. 12-04-17 / r.g. n. 2974-12

anche del mero scambio epistolare, secondo lo schema codicistico di cui all’art. 1326 e ss.
c.c., occorrendo evidentemente la partecipazione di altri soggetti ex artt. 410 e ss. o 420
c.p.c ), sicché difetta il fatto costitutivo del preteso incentivo, insussistente per le
conclamate

dimissioni,

per giunta rassegnate non contestualmente alla loro

comunicazione, ma oltre il termine assegnato (09-01-2004) dalla proponente con la
lettera del 5 dicembre 2003 e con effetti altresì differiti, rispetto anche al preannunciato

Pertanto, una volta dimessosi e reperita, autonomamente (come sostiene lo stesso attore
– ricorrente), altra occupazione di lavoro, dal primo febbraio 2004, senza alcun intervento
della sua ex datrice di lavoro, SKY Italia, nulla può rivendicare fondatamente il A.A.
nei cDnfronti della società convenuta, attuale controricorrente, in base a quanto a suo
tempD da quest’ultima propostogli con la lettera del 5 dicembre 2003 e del connesso
accordo sindacale 30 settembre 2003.
A nulla rilevano sul punto le obiezioni sollevate dal ricorrente con la sua memoria ex art.
378 c.p.c. (pg. 23 – 25), in relazione a quanto dedotto al riguardo nel controricorso
(pagine 22 e 23), laddove tra l’altro in tale memoria illustrativa il ricorrente (pag. 24)
richiamando la proposta di SKY in data 5 dicembre 2003 parla di

risoluzione

«consensuale» (non già contestuale, come invece indicato nel ricorso al riguardo),
pienamente dunque in conformità al richiamato ed allegato accordo sindacale del 30-092003, che non poteva quindi dirsi affatto superato al riguardo, attesa la necessaria previa
stipula di conciliazioni individuali in sede sindacale, attraverso le quali sarebbe stato
definita appunto la risoluzione consensuale. Ne consegue che la risoluzione consensuale si
appalesa antitetica alle unilaterali dimissioni, per contro rassegnate in data 9/19 gennaio
2004.
Né assume, ovviamente, rilevanza alcuna in questa controversia il fatto che ogni altro
dirittc (eventualmente spettante) a favore del A.A. risulti ormai estinto per
prescrizione (ovviamente previa relativa eccezione di parte).
Nemmeno è significativo il fatto che a seguito delle anzidette dimissioni SKY abbia
osservato un comportamento silenzioso, non riscontrando le successive istanze scritte del
ricorrente, per il semplice fatto che, come già detto, la missiva del 9/19 gennaio 2004 con
relative dimissioni non corrispondeva esattamente alla proposta del 5-12-2003, nei sensi
occorrenti ex art. 1326 c.c., di guisa che parte datoriale, una volta cessato il rapporto per i
5

trasferimento di sede (inizio anno 2004).

ud. 12-04-17 / r.g. n. 2974-12

effetto di tali dimissioni, immediatamente operative una volta portate a conoscenza della
società il 19 gennaio, ancorché con decorrenza 1-2-2004, non aveva più alcun dovere
giuridico di riscontrare le istanze ex adverso avanzate (se non in ordine al conseguente
t.f.r., di cui però non si controverte nella causa de qua).
Né occorreva un ricorso incidentale al riguardo, essendo lo stesso inammissibile per difetto
di in:eresse processualmente apprezzabile della società, in quanto risultata del tutto

secondo cui è inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso incidentale proposto dalla
parte totalmente vittoriosa in appello e diretto solo ad incidere sulla motivazione della
sentenza impugnata. In senso conforme, id. n. 7057 del 24/03/2010, secondo la quale in
tal caso alla sola modifica della motivazione della sentenza impugnata è possibile
rimediare mediante correzione ottenuta tramite la semplice riproposizione delle difese nel
controricorso o attraverso l’esercizio del potere correttivo attribuito alla Corte di
Cassazione dall’art. 384 cod. proc. civ. Conformi, Cass. nn. n. 3654 e 6631 del 2006,
nonché 6519 del 2007.
V. altresì Cass. lav. n. 21652 del 14/10/2014: deve ritenersi assorbito l’esame del ricorso
incidentale nell’ipotesi in cui venga dichiarato inammissibile il ricorso principale avverso
una sentenza di rigetto nel merito, in quanto l’interesse a proporre il ricorso incidentale
sorge solo con la soccombenza e non è configurabile con riguardo ad un ricorso volto ad
ottenere un “minus” -pronuncia di inammissibilità della domanda avversaria- rispetto alla
sentenza impugnata, ovvero una mera modifica della motivazione.
V. ancora, più recentemente, Cass. I civ. n. 4472 del 07/03/2016, secondo cui il ricorso
incidentale per cassazione, anche se qualificato come condizionato, presuppone la
soccombenza e non può, quindi, essere proposto dalla parte che sia risultata
completamente vittoriosa nel giudizio di appello).
Invero, poi, questa Corte ha già in diverse occasioni affermato il principio in virtù del quale
il giudice ha sempre l’obbligo di rilevare d’ufficio l’esistenza di una norma di legge idonea
ad escludere, alla stregua delle circostanze di fatto già allegate ed acquisite agli atti di
causa, il diritto vantato dalla parte, e ciò anche in grado di appello, senza che su tale
obbliDo possa esplicare rilievo la circostanza che in primo grado le questioni controverse
abbiano investito altri e diversi profili di possibile infondatezza della pretesa in
contestazione e che la statuizione conclusiva di detto grado si sia limitata solo a tali diversi
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vittoriosa all’esito del giudizio di merito (cfr. tra le altre Cass. lav. n. 658 del 16/01/2015,

ud. 12-04-17 i r.g. n. 2974-12

profili, atteso che la disciplina legale inerente al fatto giuridico costitutivo del diritto è di
per se sottoposta al giudice di grado superiore, senza quindi che vi ostino i limiti
dell’effetto devolutivo della proposta impugnazione (cfr. in tal sensi Cass. sez. un. civ. n.
10933 del 7/11/1997 ed analogamente si è pronunciata tra l’altro la II sez. civile di questa
con l’ordinanza n. 7789 del 05/04/2011, precisando altresì che l’interposto gravame, pur
limitato all’esame delle sole questioni oggetto di specifici motivi d’impugnazione, si

a quelli censurati, derivandone che non viola il principio del “tantum devolutum quantum
appellatum” il giudice di appello che fondi la propria decisione su ragioni diverse da quelle
svolte dall’appellante nei suoi motivi, ovvero esamini questioni non specificamente da lui
propcste o sviluppate, le quali però appaiano in rapporto di diretta connessione con quelle
espressamente dedotte nei motivi stessi, e come tali comprese nel “thema decidendum”.
Del resto, il giudice ha comunque il dovere di rilevare di ufficio la mancanza del
fondamento giuridico della domanda giudiziale –

ex plurimis Cass. I civ. n. 695 –

11/03/1966 ed altre di segno conforme).
In tale. contesto, dunque, va evidenziato, in ragione della funzione nomofilattica affidata a
questa S.C. dall’ordinamento, nonché dei principi di economia processuale e di ragionevole
durata del processo, di cui all’art. 111, comma 2, Cost., il potere, alla stregua di una
lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 c.p.c., di correggere la motivazione,
anchE a fronte di un

“error in procedendo”, quale la motivazione omessa, mediante

l’enurciazione delle ragioni che giustificano in diritto la decisione assunta, pur quando si
tratti dell’implicito rigetto della domanda perché erroneamente ritenuta assorbita, sempre
che la questione non richieda ulteriori accertamenti in fatto, nell’ipotesi in cui il giudice
del merito sia comunque pervenuto ad un’esatta soluzione del problema giuridico
sottoposto al suo esame (cfr. al riguardo la recente pronuncia di Cass. sez. un. civ. n.
2731 del 02/02/2017, in senso conforme Cass. I civ. n. 28663 del 27/12/2013, nonché
Cass. lav. n. 23989 – 11/11/2014, Cass. V civ. n. 16157 del 03/08/2016.
Parimenti, v. Cass. II civ. n. 2313 – 01/02/2010: alla luce dei principi di economia
processuale e della ragionevole durata del processo, come costituzionalizzato nell’art. 111,
corrirra secondo, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art.
384 cod. proc. civ. ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un
motivp di appello, la Corte di Cassazione può omettere la cassazione con rinvio della
7

estende ai punti della sentenza di primo grado che siano, anche implicitamente, connessi

ud. 12-04-17 / r.g. n. 2974-12

sentenza impugnata e decidere la causa nel merito, allorquando la questione di diritto
posta con il suddetto motivo risulti infondata, di modo che la pronuncia da rendere viene a
confermare il dispositivo della sentenza di appello -determinando l’inutilità di un ritorno
della causa in fase di merito- sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori
accertamenti di fatto.
Similmente, v. altresì Cass. V civ. n. 8622 del 30/05/2012, secondo è consentito alla

questione di diritto che non richieda nuovi accertamenti di fatto, anche quando essa ritualmente prospettata sia in primo che in secondo grado – sia stata totalmente ignorata
dai giudici di merito. In tale eventualità, infatti, non solo non vi è stata alcuna limitazione
al contraddittorio ed al diritto di difesa, ma la perdita per le parti di un grado di merito è
compensata dalla realizzazione del principio costituzionale di speditezza, di cui all’art. 111
Cost..
V. ancora, Cass. Il civ. n. 8561 del 12/04/2006, circa il doveroso uso del potere di
correzione della motivazione della sentenza, integrando la decisione di rigetto mediante
l’enurciazione delle ragioni di diritto che sostengono il provvedimento opposto, senza
necessità di rimettere la causa ad altro giudice affinché dichiari infondato il motivo non
esaminato).
Per altro verso, poi, le anzidette doglianze svolte da ricorrente appaiono ad ogni modo
inconferenti, sicché vanno disattese, risultando comunque corretta la decisione di rigetto
della domanda, alla luce altresì delle diverse considerazioni che precedono.
Ed invero, quanto al primo motivo, non vi è dubbio che l’attore era comunque onerato, ex
art. 2697 c.c., della prova in ordine ai fatti costitutivi del diritto da egli vantato,
indipendentemente dalla valutazione di merito degli elementi all’uopo offerti, il cui
concreto apprezzamento spetta e spettava comunque al giudice competente.
Infatti, mentre la doglianza relativa alla violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod.
civ., configurabile soltanto nell’ipotesi in il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad
una parte diversa da quella che ne risulta gravata secondo le regole dettate da quella
norma, integra motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3,
cod. r roc. civ., la censura che investe la valutazione (attività regolata, invece, dagli artt.
115 e 116 cod. proc. civ.) può essere fatta valere (ma nei limiti rigorosamente consentiti
dalla norma di rito) ai sensi del numero 5 del medesimo art. 360 (Cass. III civ. n. 15107
8

Corte decidere nel merito, ai sensi dell’art. 384, comma secondo, cod. proc. civ., una

Ltd. 12-04-17 i r.g. n. 2974-12

del 17/06/2013. V. in senso analogo ancora Cass. n. 19064 del 05/09/2006, ed altre,
secordo cui, in particolare, la violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ. si
configura soltanto nell’ipotesi che il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una
parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, non
anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il
giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata abbia assolto tale onere.

secondo cui la deduzione della violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. è ammissibile ai sensi
dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., ove si alleghi che il giudice, nel valutare
una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di
diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di
attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una
differente risultanza probatoria -come, ad esempio, valore di prova legale- nonché,
qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia invece
dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si
deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento
della

D rova,

la censura è consentita ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc.

civ.. Ne consegue l’inammissibilità della doglianza che sia stata prospettata sotto il profilo
della violazione di legge ai sensi del n. 3 dell’art. 360 cod. proc. civ.).
Quanto, poi, al c.d. vizio di motivazione, l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.,
nella ”ormulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40,
prevede l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione”, come riferita ad “un fatto
controverso e decisivo per il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o una precisa
circos:anza in senso storico – naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o
“argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle
censu – e irritualmente formulate (Cass. V civ. n. 21152 – 08/10/2014.
V. altresì Cass. III civ. n. 17037 del 20/08/2015, secondo cui il riferimento – contenuto
nell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (nel testo modificato dall’art. 2 del d.lgs. 2 febbraio
2006, n. 40, applicabile “ratione temporis”) – al “fatto controverso e decisivo per il
giudiz o” implicava che la motivazione della “quaestio facti” fosse affetta non da una mera
contraddittorietà, insufficienza o mancata considerazione, ma che fosse tale da
determinare la logica insostenibilità della motivazione.
9

Cfr., peraltro, Cass. lav. n. 13960 del 19/06/2014 – conforme Cass. n. 26965/2007-

ud. 12-04-17 / r.g. n. 2974-12

Cfr. inoltre Cass. I civ. n. 17761 – 08/09/2016, secondo cui il motivo di ricorso con cui, ai
sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c., come modificato dall’art. 2 del d.lgs. n. 40 del 2006, si
denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, deve specificamente indicare
il “fatto” controverso o decisivo in relazione al quale la motivazione si assume carente,
dovendosi intendere per “fatto” non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un
fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c., (cioè un fatto

fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purché controverso e decisivo.
Conforme Cass. n. 2805 del 2011).
Orbene, le doglianze mosse dal ricorrente appaiono inammissibili, poiché si traducono in
effetti in apprezzamenti delle acquisite risultanze istruttorie, diversamente da quanto
accertato e valutato, con sufficiente e lineare argomentazione, dalla Corte di merito in
proposito; ciò che non è consentito in sede di legittimità, nemmeno sotto la vigenza del
precedente testo dell’art. 360 n. 5 c.p.c. (“per omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”), poi sostituito dall’art.
54, D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con L. 7 agosto 2012, n. 134 (cfr., tra le altre,
Cass. I civ. n. 16526 del 05/08/2016, secondo cui in tema di ricorso per cassazione per
vizi della motivazione della sentenza, il controllo di logicità del giudizio del giudice di
merito non equivale alla revisione del ragionamento decisorio, ossia dell’opzione che ha
condctto tale giudice ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che
ciò si tradurrebbe, pur a fronte di un possibile diverso inquadramento degli elementi
probatori valutati, in una nuova formulazione del giudizio di fatto in contrasto con la
funzicne assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità.
V. altresì Cass. sez. 6 – 5, n. 91 del 7/1/2014, secondo cui la Corte di Cassazione non può
procedere ad un nuovo giudizio di merito, con autonoma valutazione delle risultanze degli
atti, né porre a fondamento della sua decisione un fatto probatorio diverso od ulteriore
rispetto a quelli assunti dal giudice di merito. Conformi Cass., n. 15489 del 2007 e n. 5024
del 28/03/2012. V. ancora Cass. I civ. n. 1754 del 26/01/2007, secondo cui il vizio di
motivazione che giustifica la cassazione della sentenza sussiste solo qualora il tessuto
argomentativo presenti lacune, incoerenze e incongruenze tali da impedire l’individuazione
del criterio logico posto a fondamento della decisione impugnata, restando escluso che la
parte possa far valere il contrasto della ricostruzione con quella operata dal giudice di
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costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un

ud. 12-04-17 / r.g. n. 2974-12

merito e l’attribuzione agli elementi valutati di un valore e di un significato difformi
rispetto alle aspettative e deduzioni delle parti. Conforme Cass. n. 3881 del 2006. V. pure
Cass. n. 7394 del 26/03/2010, secondo cui è inammissibile il motivo di ricorso per
cassa zione con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio di motivazione, ai
sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., qualora esso intenda far valere la rispondenza della
ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della parte

acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito di discrezionalità di
valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero
convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale
convincimento rilevanti ai sensi della disposizione citata. In caso contrario, infatti, tale
motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni
e dei -_:onvincimenti del giudice di merito, e perciò in una richiesta diretta all’ottenimento di
una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di
cassazione. In senso analogo anche Cass. n. 6064 del 2008 e n. 5066 del 5/03/2007.
Similmente, v. altresì Cass. lav. n.

2272 del 02/02/2007, secondo cui il difetto di

motivazione, nel senso di sua insufficienza, legittimante la prospettazione con il ricorso
per cassazione del motivo previsto dall’art. 360, comma primo, n. 5), cod. proc. civ., è
configurabile soltanto quando dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito e
quale risulta dalla sentenza stessa impugnata emerga la totale obliterazione di elementi
che potrebbero condurre ad una diversa decisione ovvero quando è evincibile l’obiettiva
deficienza, nel complesso della sentenza medesima, del procedimento logico che ha
indotto il predetto giudice, sulla scorta degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma
non già, invece, quando vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte
ricorrente sul valore e sul significato attribuiti dal giudice di merito agli elementi delibati,
poiché, in quest’ultimo caso, il motivo di ricorso si risolverebbe in un’inammissibile istanza
di revisione delle valutazioni e dei convincimenti dello stesso giudice di merito che
tende -ebbe all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla
natura e alle finalità del giudizio di cassazione. In ogni caso, per poter considerare la
motivazione adottata dal giudice di merito adeguata e sufficiente, non è necessario che
nella stessa vengano prese in esame -al fine di confutarle o condividerle- tutte le
argomentazioni svolte dalle parti, ma è sufficiente che il giudice indichi le ragioni del
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e, in particolare, prospetti un preteso migliore e più appagante coordinamento dei dati

ud. 12-04-17 / r.g. n. 2974-12

proprio convincimento, dovendosi in tal caso ritenere implicitamente disattese tutte le
argomentazioni logicamente incompatibili con esse. Parimenti Cass. sez. un. civ. n. 5802
– 11106/1998: il vizio di omessa o insufficiente motivazione, ex art. 360 n. 5 cod. proc.
civ., sussiste soltanto se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla
sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della
controversia, e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in

Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello
di controllare, sotto il profilo logico – formale e della correttezza giuridica, l’esame e la
valutazione fatta dal giudice del merito, al quale soltanto spetta individuare le fonti del
proprio convincimento e, all’uopo, valutarne le prove, controllarne l’attendibilità e la
concludenza, e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i
fatti in discussione).
Pertanto, nei sensi anzidetti il ricorso va respinto, con conseguente condanna della parte
rimasta soccombente al rimborso delle relative spese.
P.Q.M.
la Corte RIGETTA il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che
liquida, a favore della società controricorrente, nella misura di euro 5000,00
(cinquemila/00) per compensi professionali ed in euro 200,00 (duecento/00) per
esborsi, oltre spese generali al

15%,

i.v.a. e c.p.a. come per legge.
IL PRESIDENTE

Così deciso in Roma il dodici aprile 2017
IL CCNS GLIERE estensore

dr. Vincenzo Di Cerbo

O.;

dr. Fede ico De Gregorio

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senso difforme da quello preteso dalla parte, perché la citata norma non conferisce alla

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