Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19998 del 24/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 24/07/2019, (ud. 11/06/2019, dep. 24/07/2019), n.19998

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 3850/2018 R.G. proposto da:

RWM Italia s.p.a. (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Luca

A. Lanzalone, Luciano Costantini e Salvatore Mileto, elettivamente

domiciliata presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via Pietro da

Cortona 8.

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (C.F. (OMISSIS)), in persona del

direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocatura

generale dello Stato, elettivamente domiciliata presso i suoi uffici

in Roma via dei Portoghesi 12.

– resistente –

avverso la sentenza n. 3886/10/2017 della Commissione Tributaria

Regionale del Lazio, depositata il giorno 26 giugno 2017.

Sentita la relazione svolta all’udienza del 11 giugno 2019 dal

Consigliere Dott. Fichera Giuseppe.

Udite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale Dott. Basile

Tommaso, che ha chiesto l’accoglimento del terzo motivo, con

assorbimento degli altri.

Uditi l’avv. Alessandro Fruscione, in sostituzione dell’avv.

Salvatore Miletto, per la ricorrente e l’avv. Giulio Bacosi per la

controricorrente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

RWM Italia s.p.a. impugnò l’informazione tariffaria vincolante (ITV) rilasciata dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, a seguito della sua richiesta avanzata nell’aprile del 2012, in relazione alla classificazione doganale di taluni prodotti importati dall’estero.

Accolta l’impugnazione in primo grado, avendo i giudici ritenuto errata la classificazione doganale adottata dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, quest’ultima propose appello; la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, con sentenza depositata il giorno 26 giugno 2017, dichiarò il ricorso originario della contribuente inammissibile, perchè l’ITV non rientrava tra gli atti autonomamente impugnabili, non manifestando in sè una pretesa tributaria erariale, nè costituendo diniego di agevolazione fiscale.

Avverso la detta sentenza, RMW Italia s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, mentre l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha depositato atto di costituzione per partecipare alla pubblica udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo RWM Italia s.p.a. deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 99 c.p.c., art. 101 c.p.c., comma 2, e art. 112 c.p.c., in quanto la commissione tributaria regionale, ritenendo inammissibile il ricorso avverso l’ITV, ha violato il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, nonchè quello del contraddittorio tra le parti, avendo omesso di concedere loro un termine per controdedurre sulla questione rilevata d’ufficio.

2. Con il secondo motivo deduce, di nuovo, violazione dell’art. 99 c.p.c., art. 101 c.p.c., comma 2, e art. 112 c.p.c., assumendo che la commissione tributaria regionale, ritenendo inammissibile il ricorso avverso l’ITV, ha violato il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, nonchè quello del contraddittorio tra le parti, avendo omesso di concedere loro un termine per controdedurre sulla questione rilevata d’ufficio.

2.1. I due motivi, sostanzialmente sovrapponibili, sono privi di fondamento.

Va ricordato, anzitutto, che in tema di contenzioso tributario, per consolidato orientamento di questa Corte, l’inammissibilità del ricorso introduttivo è sempre rilevabile di ufficio, in ogni stato e grado del giudizio (Cass. 31/03/2011, n. 7410; Cass. 30/12/2010, n. 26391).

Inoltre, va ribadito che nel caso in cui il giudice esamini d’ufficio una questione di puro diritto, senza procedere alla sua segnalazione alle parti onde consentire su di essa l’apertura della discussione (la c.d. “terza via”), non sussiste la nullità della sentenza, in quanto da tale omissione deriva la consumazione di un vizio (l’error iuris in iudicando ovvero l’error in iudicando de iure procedendi), la cui denuncia in sede di legittimità consente la cassazione della sentenza solo se tale errore si sia consumato in concreto (cfr. Cass. S.U. 30/09/2009, n. 20935).

Nella vicenda che ci occupa, allora, per un verso, non può dubitarsi che il giudice di merito potesse rilevare anche d’ufficio l’inammissibilità del ricorso originario della contribuente, pure in difetto di un motivo di appello da parte dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e, per altro verso, occorre considerare che l’eventuale errore processuale commesso dalla commissione tributaria regionale sulla questione dell’ammissibilità del ricorso originario, poteva essere censurato con il ricorso per cassazione, come del resto è esattamente avvenuto in questo caso con i motivi di cui si tratterà in prosieguo.

3. Con il terzo motivo denuncia violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, dell’art. 100 c.p.c., dell’art. 12 del regolamento CEE del Consiglio 12 ottobre 1992 n. 2913 (il Codice doganale comunitario), degli artt. da 5 a 12 del regolamento CEE della Commissione 2 luglio 1993, n. 2454, dell’art. 33 del regolamento UE 9 ottobre 2013, n. 952 (il Codice doganale dell’Unione), atteso che il giudice di merito ha errato nel ritenere che l’ITV con la quale l’amministrazione individua la classificazione doganale di una determinata merce, non sia vincolante per il contribuente che l’abbia invocata e, quindi, autonomamente impugnabile.

4. Con il quarto motivo lamenta violazione della L. 11 marzo 2014, n. 23 e del D.Lgs. n. 24 settembre 2015, n. 156, artt. 1e 6 in quanto la commissione tributaria regionale erroneamente ha ritenuto che la novella della legge processuale tributaria fosse applicabile anche all’ITV, che è invece istituto di derivazione comunitaria disciplinato autonomamente.

4.1. I due motivi, palesemente connessi, sono fondati nei limiti di cui si dirà.

4.2. Com’è noto, in tema di contenzioso tributario, questa Corte ha varie volte affermato che l’elencazione degli “atti impugnabili”, contenuta nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 pur dovendosi considerare tassativa, va interpretata in senso estensivo, sia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente e di buon andamento della Pubblica Amministrazione, che in conseguenza dell’allargamento della giurisdizione tributaria operato con la L. n. 448 del 2001.

Ciò comporta la facoltà di ricorrere al giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall’ente impositore che, con l’esplicitazione delle concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che la sorreggono, porti, comunque, a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, senza necessità di attendere che la stessa, ove non sia raggiunto lo scopo dello spontaneo adempimento cui è naturaliter preordinato, si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dal citato D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 (Cass. 11/02/2015, n. 2616; Cass. 11/05/2012, n. 7344; Cass. 25/02/2009, n. 4513; Cass. 08/10/2007, n. 21045).

Orbene, l’art. 12 del regolamento CEE del Consiglio n. 2913 del 1992 (quello che istituiva il Codice doganale comunitario), applicabile ratione temporis nella vicenda che ci occupa, stabiliva che l’autorità doganale dovesse fornire, su richiesta scritta dell’importatore, informazioni tariffarie vincolanti (UV). La ridetta 1TV, originariamente valida in materia tariffaria per un periodo di sei anni, “obbliga l’autorità doganale nei confronti del titolare soltanto per quanto riguarda, (..) la classificazione tariffaria”, ferma restando la sua applicabilità soltanto alle merci per le quali le formalità doganali siano state espletate in data posteriore alla comunicazione dell’informazione da parte della medesima autorità.

A sua volta, l’art. 33, par. 1, del regolamento UE del Consiglio n. 954 del 2013, contenente il Codice doganale dell’Unione, stabilisce oggi che le autorità doganali adottano, su richiesta dell’importatore, decisioni relative a informazioni tariffarie vincolanti (le c.d. “decisioni ITV”); al par. 2 del detto art. 33, si precisa poi che le decisioni 1TV “sono vincolanti (..) per il destinatario della decisione, nei confronti delle autorità doganali, soltanto a decorrere dalla data in cui riceve o si ritiene che abbia ricevuto notifica della decisione”.

Orbene, ancorchè solo nel Codice doganale dell’Unione Europea del 2013 sia stato chiarito espressamente che le ITV sono vincolanti per il destinatario della decisione, deve ritenersi che anche nel regime previgente, quello introdotto nel 1992, una volta richiesta l’ITV, l’importatore istante non poteva discostarsi dalla classificazione indicata dall’amministrazione in relazione alla merce successivamente importata, se non alla condizione di esporsi ad un avviso di rettifica da parte dell’Agenzia delle Dogane, ove l’aliquota daziaria in concreto applicabile fosse risultata in misura diversa rispetto a quella risultante dalla classificazione contenuta nella ITV.

Dunque, deve concludersi che la ITV rilasciata dall’autorità doganale, manifestando la volontà dell’Amministrazione in ordine all’aliquota daziaria applicabile in relazione ad un determinata merce, costituisca una precisa manifestazione della pretesa tributaria esercitata dalla medesima in relazione al prodotto importato, come tale autonomamente impugnabile dal contribuente, anche se non rientrante tra gli atti tassativamente elencati dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19; e ciò anche se nel caso in discussione – avuto riguardo al tenore della disciplina applicabile ratione temporis – l’omessa impugnazione della ITV non avrebbe determinato il consolidarsi della pretesa del fisco, comunque suscettibile di essere contestata attraverso una impugnativa dell’eventuale avviso di rettifica emesso dall’amministrazione doganale.

4.3. Quanto al richiamo, contenuto nella sentenza impugnata, alla disciplina generale introdotta dal D.Lgs. n. 156 del 2015, art. 6, comma 1, a tenore della quale non sono impugnabili trattandosi di meri pareri che non incidono direttamente in danno del contribuente -, le risposte alle istanze di interpello di cui alla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 11, va ricordato, in via dirimente, che detta norma non potrebbe trovare applicazione nel caso di specie (in cui l’istanza avanzata dalla contribuente risale all’aprile del 2012), in quanto essa non ha valenza interpretativa nè efficacia retroattiva, disciplinando di nuovo la materia solo per l’avvenire (così Cass. 06/10/2017, n. 23469).

4.3. Va soggiunto che proprio in tema di contenzioso tributario, questa Corte ha ritenuto che il provvedimento reso dall’Amministrazione sulla disapplicazione di norme antielusive, del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 37-bis, comma 8, seppur atto non rientrante in quelli indicati dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, trattandosi di provvedimento con il quale l’Amministrazione porta a conoscenza del contribuente, pur senza efficacia vincolante per questi, il proprio convincimento in ordine ad un determinato rapporto tributario, deve ritenersi impugnabile (Cass. 20/12/2018, n. 32962; Cass. 15/02/2018, n. 3775).

Parimenti, allora, occorre affermare che l’ITV rilasciata dall’amministrazione doganale, manifestando la concreta pretesa dell’Ufficio in ordine all’aliquota daziaria applicabile in relazione ad una determinata merce, debba ritenersi autonomamente impugnabile dalla contribuente, ancorchè priva – almeno fino all’entrata in vigore del regolamento UE del Consiglio n. 954 del 2013 – di efficacia immediatamente vincolante nei suoi confronti.

4.4. Deve pronunciarsi in conclusione il seguente principio di diritto: “In materia doganale, le informazioni tariffarie vincolanti (IW) rilasciate su richiesta dell’importatore dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, anche se non rientranti tra gli atti tassativamente elencati dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, sono autonomamente impugnabili dal destinatario, manifestando la volontà dell’amministrazione in ordine all’aliquota daziaria applicabile in relazione ad un determinata merce oggetto di importazione”.

5. In definitiva, respinti i primi due motivi del ricorso ed accolti il terzo e il quarto, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, per un nuovo esame sulla base del principio di diritto espresso e per statuire anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Respinge il primo e il secondo motivo del ricorso, accoglie il terzo e il quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, anche sulle spese di legittimità.

Così deciso in Roma, il 11 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA