Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19998 del 10/08/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 10/08/2017, (ud. 05/07/2017, dep.10/08/2017),  n. 19998

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17438-2016 proposto da:

C.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARIA

CRISTINA 8, presso lo studio dell’avvocato GOFFREDO GOBBI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCIANO GAZZOLA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 41/6/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del VENETO, depositata il 11/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/07/2017 dai Consigliere Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La contribuente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste, con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto n. 41/06/2016, depositata in data 11/01/2016, con la quale – in controversia concernente le riunite impugnazioni di due avvisi di accertamento, emessi, per IRPEF ed addizionali, regionali e comunali, dovute, per i periodi di imposta 2007 e 2008, a seguito di rideterminazione sintetica del reddito, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva accolto integralmente il ricorso della contribuente.

In particolare, i giudici di appello hanno accolto il gravame dell’Agenzia delle Entrate, ritenendo legittimo l’accertamento così come presuntivamente operato dall’Ufficio, basato sul ‘possesso e/o disponibilità d immobili, autoveicoli” e sul “sostenimento di spese di gestione”, in difetto di prova contraria offerta dalla contribuente (anche in relazione all’apporto fornitole “dall’ex convivente, ora coniuge”, la cui “situazione patrimoniale” non era stata “esplicitata adeguatamente”).

A seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; la ricorrente ha depositato memoria ed il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente, è manifestatamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale, sollevata dalla ricorrente in relazione ai novellato art. 380 bis c.p.c., essendo il nuovo rito camerale di legittimità “non partecipato”, quale tendenziale procedimento ordinario per il contenzioso non connotato da valenza nomofilattiva, ispirato ad esigenze di semplificazione, snellimento e deflazione dei contenzioso in attuazione dei principio costituzionale della ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost. e ex art. 6 CEDU, nonchè di quello di effettività della tutela giurisdizionale (Cass. 395/2017; Cass. 5371/2017).

2. La ricorrente lamenta, con il primo motivo, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 ovvero la valutazione di un elemento probatorio idoneo a comprovare l’effettiva convivenza tra la contribuente ed il soggetto “finanziatore” (attuale coniuge, residente in Svizzera in entrambi i periodi d’imposta oggetto di contestazione), rappresentato dalla nascita, dalla loro unione, di una figlia).

La censura è inammissibile, attenendo a fatto storico che non risulta decisivo.

In ogni caso, la doglianza è infondata, non potendo il fatto dedotto ritenersi non esaminato dalla C.T.R., avendo questa statuito previa espressa analisi “della documentazione in atti”.

3. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, commi 4 e 6 poichè i giudici della CTR avrebbero richiesto la prova rigorosa movimentazioni bancarie tra la contribuente ed il soggetto “finanziatore”, atte a superare la presunzione derivante dai sistema del redditometro.

Il motivo di censura è infondato. I giudici del gravame non hanno richiesto alla contribuente di provare puntualmente le movimentazioni bancarie tra lei ed il sig. G.; la CTR ha ritenuto, valutando il quadro probatorio complessivamente fornito dalla parte contribuente, che non vi sia stata prova a cuna de contributo finanziario ricevuto dalla contribuente per il mantenimento dei beni a lei intestati e che oltretutto non era stata compiutamente delineata, stando agli atti, neanche l’effettiva situazione patrimoniale del sig. G..

La sentenza è dunque conforme ai principi di diritto espressi da questa Corte (Cass. 18 aprile 2014, n. 8995, richiamata dalle successive Cass. 26 novembre 2014, n. 25104; Cass. 16 luglio 2015, n. 14885).

4. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

 

La Corte respinge il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.000,00, a titolo di compensi, oltre eventuali spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2017

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