Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19996 del 23/09/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. L Num. 19996 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: BRONZINI GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso 573-2012 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA G. MAZZINI 27, presso lo
studio dell’avvocato SALVATORE TRIFIRO’ che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2014
2505

contro

LIGRONE SERGIO C.F. LGRSRG76S19F205A, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 109, presso lo studio
dell’avvocato GIUSEPPE FONTANA, che lo rappresenta e

Data pubblicazione: 23/09/2014

difende, giusta delega in atti;
controricorrente non chà contro

ALI S.P.A.;
– intimata –

di MILANO, depositata il 22/12/2010 R.G.N. 02:552
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/07/2014 dal Consigliere

Dott.

GIUSEPPE

BRONZINI;
udito l’Avvocato GIUA LORENZO per delega TRIFIRO’
SALVATORE;
udito l’Avvocato FONZO FABIO per delega FONTANA
GIUSEPPE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE> che ha concluso per
inammissibilità o in subordine rigetto dei motivi uno e
sei, accoglimento parziale del settimo, assorbimento
dell’ottavo.

avverso la sentenza n. 1050/2010 della CORTE D’APPELLO

Udienza del 10.7.2014, causa n.7
.:

R.G.

573/2012

Ligrone Sergio esponeva al Tribunale del lavoro di Milano di essere stato assunto da Ali spa
con un contratto di lavoro temporaneo con decorrenza dal 13.2.2003 al 15.3.2003 stipulato
per “casi previsti dai contratti collettivi nazionali della categoria di appartenenza dell’impresa
utilizzatrice” come impiegato presso le Poste con mansioni di operatore addetto ai CMP presso
il CMP di Peschiera Borromeo. Chiedeva dichiararsi l’illegittimità del termine, la trasformazione
del rapporto in contratto a tempo indeterminato nei confronti della società Poste dalla data di
assunzione, con il pagamento delle retribuzioni non percepite. Si costituivano le Poste
contestando la fondatezza del ricorso. Il Tribunale di Milano con sentenza del 25.10.2007
accertava la nullità del termine e disponeva la chiesta trasformazione del contratto. La Corte di
appello di Milano con sentenza del 21.10.2010 accoglieva solo parzialmente l’appello delle
Poste ( in punto liquidazione del danno). La Corte territoriale rilevava che nel contratto di
lavoro non erano state indicate in modo chiaro ed univoco le ragioni dell’assunzione con
contratto di lavoro temporaneo posto che il contratto si riferiva genericamente alle ipotesi di
cui ai contratti collettivi”. Anche la prova articolata e la documentazione prodotta non era in
grado di dimostrare l’effettività della sostituzione con personale con diritto alla conservazione
del posto di lavoro ( come dedotto in giudizio dalle Poste). Stante queste carenze non poteva
operare la deroga di carattere eccezionale al principio dell’assunzione da parte del soggetto
per il quale si lavora e il rapporto andava accertato con riferimento all’effettivo datore di
lavoro. La necessaria conseguenza, anche alla luce della giurisprudenza di legittimità, era
l’accertamento di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con il soggetto per
cui si era in concreto lavorato e cioè le Poste Italiane, con il risarcimento del danno detratto, in
parziale riforma della sentenza di primo grado, raliunde perceptum.
Per la cassazione di tale decisione propongono ricorso le Poste con 7 motivi; resiste parte
intimata con controricorso. Le parti hanno depositato memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c.

Motivi della decisione
Con il primo motivo si allega l’omessa motivazione della sentenza impugnata. Non erano state
indicate le ragioni di nullità dell’apposizione del termine, posto che la Corte non aveva ritenuto
s

l’applicabilità della legge n. 1369/1960 e non aveva spiegato perché il rapporto era stato
costituito con l’utilizzatrice.
li motivo appare infondato. La Corte territoriale ha infatti ritenuto che l’apposizione del
termine fosse nulla per una duplice ragione; da un lato nel contratto di lavoro erano state
4
richiamate solo le ipotesi di cui ai contratti collettivi” e pertanto del tutto genericamente;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

dall’altro lato la prova e la documentazione offerta dalle Poste in ordine alla sussistenza
effettiva delle ipotesi di ricorso legittimo alle prestazioni di lavoro interinale era del tutto
carente. Va ricordata sul punto la giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte secondo
cui “in materia di rapporto di lavoro interinale, la mancanza o la generica previsione, nel
contratto intercorrente tra l’impresa fornitrice ed il singolo lavoratore, dei casi in cui è
possibile ricorrere a prestazioni di lavoro temporaneo, in base ai contratti collettivi
dell’impresa utilizzatrice (nella specie la Poste italiane s.p.a.), spezza l’unitarietà della
fattispecie complessa voluta dal legislatore per favorire la flessibilità dell’offerta di lavoro nella
legittimità del contratto interinale, che il legislatore fa discendere dall’indicazione nel contratto
di fornitura delle ipotesi in cui il contratto interinale può essere concluso. Pertanto, trova
applicazione il disposto di cui all’arti° della legge 24 giugno 1997, n.196 e dunque quanto
previsto dall’arti della legge 23 ottobre 1960, n.1369, per cui il contratto di lavoro col
fornitore “interposto” si considera a tutti gli effetti instaurato con l’utilizzatore “interponente”
( cass. n. 13960/2011; cfr. cass. n. 21837/2012). Pertanto la motivazione offerta dal Giudice di
appello appare congrua e logicamente coerente, anche se va corretto il passaggio nel quale si
riferisce non alla legge n. 1369/1960, ma al principio del datore di lavoro effettivo alla luce
della citata giurisprudenza di legittimità. In ogni caso non si tratterebbe di una carenza
motivazionale ma semmai della violazione dell’art. 112 c.p.c. e quindi, sotto tale profilo, il
motivo appare inammissibile.
Con il secondo motivo si allega la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., dell’art. 10
L. n. 167/1997 e dell’art., 1 della legge n. 1369/1960.
Il motivo appare inammissibile in quanto non si ricostruisce come la questione sia stata
eventualmente posta in appello ( la statuizione di primo grado era già nel senso della
trasformazione del rapporto in capo alle Poste italiane); in ogni caso alla luce della
giurisprudenza di questa Corte sopra citata l’apposizione al contratto del termine appare
senz’altro nulla ed il rapporto deve essere considerato sin dalla sua stipula in favore
dell’utilizzatore ex legge n. 1369/1960. Posto che spetta al Giudice stabilire quale sia la legge
applicabile al caso concreto, dalla fondatezza del motivo conseguirebbe solo l’onere di
rettificare la motivazione della sentenza impugnata, ma non la sua cassazione.
Con il terzo motivo si allega la violazione e falsa applicazione degli artti, 3 e 10 L. n. 196/97. Le
eventuali violazioni commesse dalle Poste della normativa del 97 non comportavano le
conseguenze stabilite dai Giudici di merito.
Con il quarto motivo si allega la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 I. n. 1,3, e 10 L.
n. 196/97. Le conseguenze della violazioni di cui parla la sentenza impugnata dovevano
condurre solo ad una trasformazione del rapporto di lavoro in capo alla impresa fornitrice.
I motivi che possono essere trattati congiuntamente vedendo sullo stesso tema appaiono
infondati alla luce della già richiamata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale
l’omessa indicazione nel contratto di lavoro dei motivi di ricorso alla fornitura di prestazioni di
lavoro temporaneo ( e nel caso in esame anche l’accertata, mancata, offerta di una idonea

2

salvaguardia dei diritti fondamentali del lavoratore e far venir meno quella presunzione di

prova della sussistenza dei motivi specificati in giudizio) comporta le conseguenze stabilite dai
Giudici di merito.
Con il quinto motivo si allega la violazione e falsa applicazione dell’art. 23 L n. 56/1987.
Il quinto motivo appare inammissibile in quanto non è spiegata la decisività del motivo posto
che si impugna un passaggio motivazionale della sentenza impugnata privo di rilevanza ( si
rileva in sentenza che non sarebbe applicabile l’art. 23 L. n. 56/1987) posto che lo stesso

Con il sesto motivo si allega la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. , degli artt. 115
e 116 c.p.c. e dell’art. 41 Cost. La Corte di appello non aveva ammesso la prova richiesta da
Posteche
li a voi

rolta avrebbe dimostrato la sussistenza delle esigenze dedotte di ricorso

al lavoro temporaneo.
Il motivo appare inammissibile in quanto, comunque, la prova era a sua volta inammissibile in
quanto a monte non vi era stata alcuna specificazione delle ragioni del ricorso a contratti di
fornitura di lavoro temporaneo avendo il contratto di lavoro fatto riferimento alla generica
indicazione dei casi previsti dalla contrattazione collettiva. Pertanto, essendo l’indicazione a
monte generica, la stessa non poteva essere comprovata successivamente dopo le
specificazioni offerte solo in giudizio. In ogni caso la Corte territoriale ha dato una congrua e
logica motivazione della mancata ammissione della prova evidenziando come i capitoli di
prova si riferissero ad un luogo di lavoro diverso da quello ove ha operato il lavoratore
intimato e come i detti capitoli non consentissero di ricostruire in alcun modo il processo
produttivo nell’ufficio ove il lavoratore ha lavorato e come quindi fossero inidonei a
comprovare le dedotte ( tardivamente ) esigenze di ricorso al lavoro temporaneo.
Con l’ottavo motivo ( che appare preliminare rispetto a settimo) si allega la violazione e falsa
applicazione degli artt. 1206,1207, 1217, 1219, 2094, 2099 e 2697 c.c. L’atto di messa in mora
e cioè la richiesta di tentativo di conciliazione non conteneva alcuna offerta della prestazione
lavorativa, così come il ricorso introduttivo.
Il motivo appare inammissibile in quanto si contesta il valore di atto di messa in mora del
documento che il Giudice di prime cure e quello di appello hanno individuato come una offerta
di prestazione lavorativa, ma senza produrre il documento e senza nemmeno riprodurlo in
radicale violazione, quindi, del principio di autosufficienza del ricorso in cessazione.
Con il settimo motivo si allega la violazione e falsa applicazione dell’art. 32 L. n. 183/2010.
Anche tale motivo appare inammissibile. Alla luce del costante orientamento di questa Corte,
in via di principio, che costituisce condizione necessaria per poter applicare nel giudizio di
legittimità lo ius superveniens che abbia introdotto, con efficacia retroattiva, una nuova
disciplina del rapporto controverso, il fatto che quest’ultima sia in qualche modo pertinente
rispetto alle questioni oggetto di censura nel ricorso, in ragione della natura del controllo di
legittimità, il cui perimetro è limitato dagli specifici motivi di ricorso (cfr. Cass. 8 maggio 2006
n. 10547, Cass. 27-2-2004 n. 4070). Tale condizione non sussiste nella fattispecie, benché, con
sentenza della Corte Costituzionale n. 303/2011 siano state dichiarate non fondate le questioni

3

tt U

ricorrente afferma che ciò che conta è solo stabilire se si sia violata la legge n. 196/1997.

di legittimità costituzionale dell’art. 32, commi 5, 6 e 7, della legge 4 novembre 2010, n. 183
sollevate, con riferimento agli artt. 3, 4, 11, 24, 101, 102, 111 e 117, primo comma, della
Costituzione, in quanto l’unico motivo concernente l’entità del risarcimento ( l’ottavo motivo)
è inammissibile.
Si deve quindi rigettare il proposto ricorso, le spese del giudizio di legittimità, liquidate come al
dispositivo, seguono la soccombenza.

La Corte:
rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di legittimità che si liquidano in euro 100,00 per spese, nonché
in euro 4.000,00 per compensi, oltre accessori.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 10.7.2014

P.Q.M.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA