Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19994 del 30/08/2013
Civile Ord. Sez. 2 Num. 19994 Anno 2013
Presidente: FELICETTI FRANCESCO
Relatore: CARRATO ALDO
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 227801’12) proposto da:
SOCIETA’ COOPERATIVA a.r.l. MARIAN (P.I.: 01338071218), in persona del legale
rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al
ricorso, dall’Avv. Pietro Magistri ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv.
Rolando Grossi, in Roma, v. Monte Senario, n. 98;
– ricorrente –
contro
S.P.A. PIZZALTO (già IMPIANTI FUNIVIARI PIZZALTO S.N.C.), in persona del legale
rappresentante pro-tempore;
– intimata —
per la revocazione della sentenza della Corte di cassazione n. 2479 del 2012, depositata il
21 febbraio 2012;
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza camerale del 4 luglio 2013 dal
Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Sergio Del Core, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso per revocazione.
Rilevato che il consigliere designato ha depositato, in data 22 aprile 2013, la
seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. (così come richiamato
1
•
cf)/5-“//3
Data pubblicazione: 30/08/2013
dall’art. 391 bis, comma 2, c.p.c.): << La Cooperativa Marian a r.l. proponeva ricorso per
cassazione avverso la sentenza (in materia di determinazione di corrispettivo afferente ad
un contratto di appalto) della Corte di appello di L'Aquila n. 146 del 2010 e questa Corte,
con sentenza n. 2479 del 2012 (depositata il 21 febbraio 2012), lo rigettava.
Con ricorso proposto ai sensi dell'art. 391 bis c.p.c. (tempestivamente notificato), la sentenza di questa Corte, riferita ad un unico motivo. L'intimata S.p.a. Pizzalto non si è
costituita in questa fase.
Con l'unico motivo dedotto la società ricorrente ha denunciato la supposta sussistenza di
un errore di fatto, rilevante ai sensi dell'art. 395 n. 4 c.p.c., con riferimento al rigetto,
contenuto nell'impugnata sentenza, del terzo motivo di ricorso attinente alla questione
riguardante la decorrenza degli interessi, che avrebbe dovuto essere collocata al momento
della messa in mora della parte avversa (avvenuta con la notificazione della domanda di
accesso agli arbitri) non già dalla data di notificazione dell'atto introduttivo del giudizio, nel
mentre — con la sentenza di questa Corte — tale doglianza era stata illegittimamente
dichiarata inammissibile sul falso presupposto (come asserito dalla ricorrente) che, dalla
narrativa di fatto della sentenza della Corte distrettuale, era emerso che il Tribunale di
Sulmona aveva fatto decorrere gli interessi proprio dalla data del 24 settembre 1998,
senza che, per contro, fosse stato allegato che tale statuizione avesse formato oggetto di
appello.
Ritiene il relatore che il proposto ricorso per revocazione possa essere dichiarato
inammissibile, con la sua conseguente definibilità nelle forme di cui all'art. 380 bis c.p.c., in
relazione all'art. 391 bis, comma 2, c.p.c. .
E' risaputo — secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (v., ad es., tra le tante,
Cass., S.U., n. 26022, ord., e Cass. n. 16447 del 2009, ord.) — che, in tema di revocazione
delle sentenze della Corte di cassazione, la configurabilità dell'errore di fatto, ai sensi
2 predetta Cooperativa Marian ha formulato istanza di revocazione avverso la menzionata dell'art. 395, n. 4, c.p.c., presuppone che la decisione appaia fondata, in tutto o in parte,
esplicitandone e rappresentandone la decisività, sull'affermazione di esistenza o
inesistenza di un fatto che, per converso, la realtà effettiva (quale documentata in atti)
induce, rispettivamente, ad escludere od affermare, così che il fatto in questione sia
percepito e portato ad emersione nello stesso giudizio di cassazione, nonché posto a
fondamento dell'argomentazione logico-giuridica conseguentemente adottata dal giudice
di legittimità. E' stato, però, precisato che, in materia di revocazione delle sentenze della
Cassazione, è inammissibile il ricorso al rimedio previsto dall'art. 391 bis c.p.c. nell'ipotesi
in cui il dedotto errore riguardi norme giuridiche, atteso che la falsa percezione di queste,
anche se indotta da errata percezione di interpretazioni fornite da precedenti indirizzi
giurisprudenziali, integra gli estremi dell"error iuris", sia nel caso di obliterazione delle
norme medesime (riconducibile all'ipotesi della falsa applicazione), sia nel caso di
distorsione della loro effettiva portata (riconducibile all'ipotesi della violazione).
In termini complessivi, quindi, con riferimento alla revocazione delle sentenze della Corte
di cassazione, la configurabilità dell'errore di fatto, ai sensi dell'art. 395, n. 4, c.p.c.,
presuppone che la decisione appaia fondata, in tutto o in parte, esplicitandone e
rappresentandone la decisività, sull'affermazione di esistenza o inesistenza di un fatto che,
per converso, la realtà effettiva (quale documentata in atti) induce, rispettivamente, ad
escludere od affermare, così che il fatto in questione sia percepito e portato ad emersione
nello stesso giudizio di cassazione, nonché posto a fondamento dell'argomentazione
logico-giuridica conseguentemente adottata dal giudice di legittimità (cfr., da ultimo, Cass.
n. 1393 del 2012).
Alla stregua di tali elementi appare evidente che, nella specie, il ricorso si prospetta
inammissibile perché è rivolto contro il capo della sentenza di questa Corte n. 2479 del
2012, con il quale era stata dichiarata inammissibile la censura avverso la sentenza di
appello con riferimento alla riconfermata statuizione della decorrenza degli interessi dal 24
3 - settembre 1998 (come individuata con la sentenza di primo grado), sul presupposto che,
per quanto emergente dagli atti processuali e dalla stessa narrativa della sentenza di
seconde cure, la parte appellante non aveva allegato che tale statuizione avesse formato
specificamente oggetto di gravame dinanzi alla Corte aquilana.
La ricorrente, pertanto, con il proposto ricorso, intende ottenere una rivalutazione della (da retrodatarsi all'atto della proposizione della domanda arbitrale da valere come messa
in mora) che non è ammissibile in sede di revocazione, perché, all'esito di una specifica
attività di giudizio, questa Corte, con la sentenza n. 2479 del 2012, ha ritenuto che il capo
della sentenza di primo grado relativo alla suddetta circostanza non aveva costituito
oggetto di appello (tanto è vero che, dal contenuto del proposto gravame risulta essere
stata chiesta la riforma della sentenza del Tribunale di Sulmona, invocando la condanna
della controparte al pagamento di una somma capitale maggiore, "in una agli interessi
dalla data della domanda", senza nessun'altra precisazione, con implicito riferimento alla
domanda giudiziale), donde la relativa censura si sarebbe dovuta ritenere preclusa.
La pronuncia di questa Corte, pertanto, non è incorsa del prospettato errore di fatto
revocatorio, avendo (peraltro legittimamente) dichiarato l'inammissibilità del motivo di
ricorso in questione per motivi attinenti a valutazioni di diritto, con conseguente
inammissibilità del ricorso per revocazione.
In virtù delle esposte argomentazioni, essendo rimasta esclusa la configurazione dei
supposti vizi revocatori, si deve ritenere, in definitiva, che sembrano emergere le
condizioni, in relazione al disposto dell'art. 380 bis, comma 1, c.p.c. (e con riferimento
all'art. 391 bis, comma 2, c.p.c.), per poter pervenire alla possibile declaratoria di
inammissibilità del proposto ricorso per revocazione>>.
Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti
nella relazione di cui sopra, avverso la quale non risulta prodotta alcuna avversa memoria
4
sentenza appellata in ordine al momento di individuazione della decorrenza degli interessi
difensiva da parte della ricorrente, il cui difensore non ha, peraltro, nemmeno partecipato
all’adunanza camerale;
ritenuto che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile,
senza che debba adottarsi alcuna statuizione sulle spese del presente giudizio non
avendo l’intimata svolto attività difensiva.
La Corte dichiara l’inammissibilità del proposto ricorso per revocazione.
Così deciso nella camera di consiglio della 2″ Sezione civile in data 4 luglio 2013.
P.Q.M.