Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19992 del 10/08/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 10/08/2017, (ud. 27/06/2017, dep.10/08/2017),  n. 19992

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi A. – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19521-2016 proposto da:

A. C. SOLUZIONI S.R.L. – C.F. e P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GIOVANNI BEITOLO 9, presso lo studio dell’avvocato MAURO BOTTONI,

che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

DIRECT LINE INSURANCE S.P.A., T.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 43/2016 del TRIBUNALE di TIVOLI, depositata

l’11/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/06/2017 dal Consigliere Dott. GRAZIOSI CHIARA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

rilevato che A.C. Soluzioni Srl ha convenuto davanti al giudice di pace di Tivoli Direct Line Insurance S.p.A. e T.A. adducendo di essere creditrice di quest’ultimo per la somma di Euro 514,25 e di essere cessionaria del maggior credito del T. relativo ai danni da incidente stradale avvenuto l’11 luglio 2011, richiedendo quindi, in tesi, che la compagnia assicurativa fosse condannata a corrisponderle la somma di Euro 514,25 e, in subordine, tale condanna fosse pronunciata nei confronti del T.;

rilevato che il giudice di pace, con sentenza del 22-25 marzo 2013, ha ritenuto che il danno da fermo tecnico è cedibile ai sensi dell’art. 1260 c.c., ma che, nel caso in esame, la sua esistenza non sia stata provata mediante la fattura della stessa attrice, conseguentemente operando una riduzione equitativa dell’importo per esso dovuto dalla compagnia assicuratrice a Euro 150, e ritenendo estinta l’obbligazione della assicuratrice essendo stato provato il suo versamento di Euro 250; pertanto – il giudice di pace ha condannato il T. a pagare all’attrice la differenza tra l’importo della fattura e quanto pagato dalla compagnia assicuratrice, ovvero la somma di Euro 264,25, rigettando invece la domanda nei confronti della compagnia;

rilevato che, avendo A.C. Soluzioni Srl proposto appello, il Tribunale di Tivoli lo ha respinto con sentenza del 7-11 gennaio 2016;

rilevato che A.C. Soluzioni Srl ha presentato ricorso per cassazione, articolato in tre motivi;

rilevato che il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione dell’art. 112 c.p.c., in quanto il Tribunale avrebbe errato nell’ancorare la domanda del cessionario alla verifica del danno da fermo tecnico piuttosto che all’intero credito risarcitorio, e a ritenere il credito fondato sulla fattura anzichè sul contratto di cessione del credito;

rilevato che il secondo motivo denuncia, ancora ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione degli artt. 1260 e 1264 c.c., non essendo stata consentita l’integrale cessione “nonostante la manifesta sussistenza di un capiente credito originario”, dimostrata “dalle allegazioni delle parti creditrici” nonchè dal “pagamento a mani del cedente”;

rilevato che il terzo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto controverso e decisivo, ovvero del contratto di cessione, che dimostra la volontà negoziale delle parti;

rilevato che la sentenza impugnata, dopo avere affermato che le domande di pagamento attoree si fondavano su titoli diversi verso il T. (nei cui confronti titolo sarebbe stato il contratto di noleggio) e verso la compagnia assicurativa (nei cui confronti l’attrice avrebbe addotto un titolo risarcitorio extracontrattuale), dapprima osserva che ai fini del danno risarcibile ex art. 2043 c.c., non sussistono nè allegazione nè prova idonee a sorreggere la pretesa, ma in secondo luogo osserva altresì che “la cessione avente ad oggetto specificamente il danno da fermo tecnico risulta avvenuta e notificata nel dicembre 2011, mentre il pagamento del restante risarcimento in favore del danneggiato è risalente parte al precedente 27. 10. 2011 parte al successivo luglio 2012 quando già era stato corrisposto l’importo alla AC di Euro 320,00, e senza che venga fatta riserva alcuna da parte del danneggiato di danni ulteriori” per cui “a fronte della assoluta carenza probatoria in merito al danno ulteriore richiesto, deve ritenersi adeguato l’importo già corrisposto nell’ambito di una liquidazione equitativa” (motivazione, pagina 3);

ritenuto che quest’ultima argomentazione del giudice d’appello costituisce, in effetti, un’autonoma ratio decidendi e rilevato pure che tale ratio non è stata affrontata nei motivi del ricorso: il primo motivo di ricorso, infatti, come già più sopra si sintetizzava, si orienta sulla diversa questione del preteso errore del giudice d’appello consistito nell’ “ancorare la domanda del cessionario alla verifica del;danno da fermo tecnico, subito dal cedente piuttosto che sull’intero credito risarcitorio maturato” e nel “ritenere il credito azionato fondato sulla fattura nei confronti della T. piuttosto che ancorata e fondata sul contratto di cessione del credito”; il secondo sull’essere il cessionario che agisce nei confronti del ceduto tenuto a dare prova soltanto a mezzo del negozio di cessione; e il terzo ancora sul preteso omesso esame del contratto di cessione del credito;

ritenuto che conseguentemente i suddetti motivi rimangono privi di interesse, perchè, anche se fondati, non giungerebbero ad inficiare la ratio decidendi ulteriore di cui si è avvalso il giudice d’appello (cfr. Cass. sez.3, 7 novembre 2005 n. 21490; Cass. sez.3, 11 gennaio 2007 n. 389; Cass. sez. 3, 5 giugno 2007 n. 13070; Cass. sez. lav., 11 febbraio 2011 n. 3386; Cass. sez. 3, 14 febbraio 2012 n. 2108; S.U. 29 marzo 2013 n. 7931, Cass. sez. L, 4 marzo 2016n. 4293);

ritenuto che quindi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, e che non vi è luogo a pronuncia sulle spese del grado, non essendosi costituite le parti intimate;

ritenuto altresì che sussistono D.P.R. n. 115 del 2012, ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo.

PQM

 

Dichiara inammissibile il ricorso e non luogo a provvedere sulle spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 27 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2017

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