Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19991 del 27/07/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 19991 Anno 2018
Presidente: LOCATELLI GIUSEPPE
Relatore: CRUCITTI ROBERTA

ORDINANZA

C.C. 27-06-2018

sul ricorso proposto da:
AGENZIA delle ENTRATE, in persona del Direttore centrale pro

tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei

Portoghesi n.12 presso gli uffici dell’Avvocatura Generale
dello Stato che la rappresenta e difende;
– ricorrente –

s

contro
ITALTRIKE S.R.L.
-intimataper la cassazione della sentenza n.104/30/10 della Commissione
tributaria regionale del Veneto, depositata il 30 novembre 2011.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
27 giugno 2018 dal relatore Cons.Roberta Crucitti.
Rilevato che:
nella controversia concernente l’impugnazione da parte della
Italtrike s.r.l. di cartella, emessa ex art.36 bis d.p.r. 600/73 e
relativa ad IRES anno 2004, con la quale si chiedeva il pagamento
della maggiore imposta, conseguente all’applicazione dell’aliquota
del 33% (anzichè del 27% come liquidata dalla contribuente) sul
reddito da partecipazione in società avente sede in Paese a
fiscalità privilegiata, la Commissione Tributaria Regionale del

Data pubblicazione: 27/07/2018

Veneto, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettando l’appello
principale proposto dall’Agenzia delle entrate e quello incidentale
proposto dalla contribuente, confermava la decisione di primo
grado che aveva annullato l’iscrizione a ruolo;
in particolare,

il Giudice di appello ribadiva che la

contribuente, correttamente, aveva applicato l’aliquota del 27%
sulla base del tenore testuale dell’art.107, comma 6, TUIR; norma
che non aveva subito modifiche legislative né interpretazioni

avverso la sentenza ricorre l’Agenzia delle entrate su due
motivi;
Italtrike s.r.l. non ha svolto attività difensiva;
il ricorso è stato fissato in camera di consiglio ai sensi
dell’art.375, secondo comma, e dell’art.380 bis 1 cod.proc.civ.,
introdotti dall’art.1bis del d.l. 31 agosto 2016 n.168, convertito,
con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016 n.197.
Considerato che:
con il primo motivo si deduce la violazione o falsa
applicazione dell’art.167, co 6, d.P.R. n.917/ 1986 laddove la
C.T.R. aveva ritenuto corretta l’applicazione dell’aliquota nella
misura del 27%;
detta norma, nel testo vigente ratione temporis

,

disponeva,

al suo primo comma, che se un soggetto residente in Italia
detiene, direttamente o indirettamente, anche tramite societa’
fiduciarie o per interposta persona, il controllo di una impresa, di
una societa’ o di altro ente, residente o localizzato in Stati o
territori con regime fiscale privilegiato, i redditi conseguiti dal
soggetto estero partecipato sono imputati, a decorrere dalla
chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero
partecipato, ai soggetti residenti in proporzione alle partecipazioni
da essi detenute. Tali disposizioni si applicano anche per le
partecipazioni in soggetti non residenti relativamente ai redditi
derivanti da loro stabili organizzazioni assoggettati ai predetti
regimi fiscali privilegiati.
Al successivo comma 6 è poi previsto che i redditi del

autentiche;

soggetto non residente, imputati ai sensi del comma 1, sono
assoggettati a tassazione separata con l’aliquota media applicata
sul reddito complessivo del soggetto residente e, comunque, non
inferiore al 27 per cento. I redditi sono determinati in base alle
disposizioni del titolo I, capo VI, nonche’ degli articoli 96, 96-bis,
102, 103, 103-bis; non si applicano le disposizioni di cui agli
articoli 54, comma 4, e 67;
nel caso in esame, incontestato che la Italtrike s.r.l. aveva

dichiarato, nella misura corrispondente alla misura della sua
partecipazione (75%), i redditi del soggetto non residente
(Italtrike Asia Pacific Ltd con sede in Hong Kong), il contrasto
permane sulla misura dell’aliquota applicata in sede di
dichiarazione e contestata con l’emissione della cartella di
pagamento oggetto di causa;
la Commissione tributaria regionale, infatti, ha ritenuto
corretto l’operato della Società la quale -non avendo prodotto
alcun reddito in quel periodo fiscale e, quindi, con aliquota media
pari a zero- aveva applicato il limite minimo previsto dalla norma
ovvero l’aliquota del 27%;
dal canto suo, l’Agenzia delle entrate ribadisce, anche in
questa sede, che dal 2004 (anno di cui all’imposta oggetto di
giudizio) era entrata in vigore la legge istitutiva dell’IRES la quale
prevedeva indistintamente l’aliquota del 33%;
così ricostruiti i termini fattuali della vicenda processuale, la
censura è fondata;
la legislazione fiscale sulle società controllate estere
(contro//ed foreign companíes CFC)

ha una ratio spiccatamente

antielusiva, in quanto la c.d. imputazione per trasparenza
richiama alla disciplina tributaria interna redditi anche solo
apparentemente prodotti in territori esteri a fiscalità privilegiata;
per effetto della regola antielusiva

(CFC rule),

il reddito della

controllata estera viene trattato come reddito della controllante
domestica, restando quindi assoggettato all’aliquota interna: pro
tempore, l’aliquota del 33 per cento;

l’ente controllante che sia in perdita fiscale o senza redditi
3

u-,

propri – sprovvisto quindi di una sua «aliquota media» – non può
invocare per i redditi esteri imputati in trasparenza l’aliquota del
27 per cento, giacché in tal modo reclamerebbe un trattamento
agevolato;
la misura del 27 per cento è concepita dal legislatore come
la soglia minima dell’aliquota media e, pertanto, non viene in
rilievo laddove non vi sia un’aliquota media: unica aliquota
applicabile, in tal caso, è l’aliquota ordinaria (così

con il secondo motivo si deduce la violazione o falsa
applicazione dell’art.13 d.lgs. n.472/1997 ribadendosi la debenza
delle sanzioni sulla quale la C.T.R. non ha pronunciato, avendo
annullato integralmente l’atto impositivo;
il motivo è inammissibile laddove nella specie, dalla lettura
della sentenza impugnata non è possibile evincere un rigetto
implicito, mentre dalle stesse argomentazioni svolte dall’Agenzia
delle entrate nel ricorso la società aveva dedotto l’illegittimità
delle sanzioni ai sensi dell’art.10 legge n. 212 del 2000;
ne consegue, in accoglimento del solo primo motivo di
ricorso, inammissibile il secondo, la cassazione della sentenza
impugnata con rinvio alla Commissione tributaria regionale del
Veneto, in diversa composizione, la quale provvederà al riesame,
adeguandosi ai principi sopra esposti, nonchè all’esame dei motivi
relativi alle sanzioni ed al regolamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il
secondo;
cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione
tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, cui
demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di
legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 giugno
2018.

Cass.n.5154/2017);

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