Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19991 del 24/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 24/07/2019, (ud. 07/05/2019, dep. 24/07/2019), n.19991

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 9827/2018 R.G. proposto da

R.I., R.M., Ro.Ma., R.D., R.G.,

eredi di R.L., rapp.ti e difesi dall’avv. Pietro Tacchi

Venturi, con cui elett.te domiciliano in Roma, al V.le Parioli n. 43

presso lo studio dell’avv. Francesco D’Ayala Valva, come da procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Comune di Marcaria, in persona del Sindaco p.t., elett.te domiciliato

in Brescia alla via Crispi n. 41 presso lo studio dell’avv. Andrea

Ferrari;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3753/25/17 della Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia – sez. distaccata di Brescia depositata il

21/9/2017, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 7

maggio 2019 dalla Dott.ssa d’Oriano Milena;

udito per i ricorrenti l’avv. Pietro Tacchi Venturi che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Pedicini Ettore che ha concluso per l’infondatezza.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 3753/25/17, depositata il 21 settembre 2017, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia – sez. distaccata di Brescia – accoglieva parzialmente l’appello, limitatamente alle sanzioni che dichiarava non dovute, proposto da R.L., de cuius dei ricorrenti, di cui nelle more era intervenuto il decesso, avverso la sentenza n. 241/02/14 della Commissione Tributaria Provinciale di Mantova, con compensazione delle spese di lite.

Il giudice di appello rilevava:

a) che il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di avvisi di accertamento riguardanti l’ICI per gli anni dal 2008 al 2011, relativa a terreni destinati ad attività estrattiva, qualificati dal Comune come aree fabbricabili, inseriti dal Piano Regolatore Generale nel polo estrattivo di Campitello;

b) che la Commissione di primo grado aveva rigettato il ricorso rilevando che, a prescindere dalla classificazione dei terreni data dagli strumenti urbanistici, gli stessi erano di fatto destinati ad attività estrattiva con possibilità di recupero successivo e destinazione ad uso insediativo.

La CTR, ritenuti gli avvisi adeguatamente motivati, confermava la decisione di primo grado in ordine alla sussistenza del presupposto impositivo osservando che i terreni, in quanto destinati a cava, non potevano essere considerati di natura agricola, e che per gli anni in questione era irrilevante la successiva esclusione dal piano estrattivo disposta a decorrere dal 2013; dichiarava poi non dovute le sanzioni in quanto intrasmissibili agli eredi.

2. Avverso la sentenza di appello, gli eredi di R.L. proponevano ricorso per cassazione, consegnato per la notifica il 21 marzo 2018, e ricevuto il 27 marzo 2013, affidato a tre motivi, nonchè memoria ex art. 378 c.p.c..

3. Il Comune impositore non resisteva in giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti censurano la sentenza impugnata, denunciando violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 1 e 2, lett. b), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, rilevando che i terreni oggetto degli avvisi di accertamento erano stati ritenuti erroneamente edificabili, e quindi soggetti a tassazione ai fini ICI, benchè destinati a cava, che tale destinazione aveva natura temporanea, legata al periodo di sfruttamento, ed in ogni caso subordinata all’intervento di società specializzate all’esercizio dell’attività estrattiva;

2. con il secondo motivo lamentano violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, rilevando che per quei terreni non era stata richiesta nè concessa alcuna autorizzazione per procedere all’attività estrattiva, indispensabile per lo sfruttamento che ne giustificasse l’aumento di valore;

3. con il terzo motivo lamentano violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ritenendo che fosse insufficiente ad assolvere l’onere motivazionale dei provvedimenti il richiamo alle delibere comunali che avevano definito le aliquote.

4. Preliminarmente va escluso che la sentenza n. 3753/25/17 della CTR della Lombardia – sez. distaccata di Brescia – passata in giudicato, depositata dai ricorrenti unitamente alla memoria ex art. 378 c.p.c., avente ad oggetto l’imposta IMU per l’annualità 2012 in riferimento agli stessi terreni, possa avere un effetto preclusivo in merito alla decisione del presente giudizio, relativo alla diversa imposta ICI ed in relazione ad annualità differenti.

4.1 In generale, la preclusione del giudicato opera nel caso di giudizi identici, nei quali cioè l’identità delle due controversie riguardi i soggetti, la causa petendi e il petitum per come questi fattori sono inquadrati nell’effettiva portata della domanda giudiziale e della decisione (cfr. per tutte Cass. n. 1514 del 2007; n. 1773 del 2000; nonchè già Sez. U n. 2874 del 1998); il giudicato copre poi il dedotto e il deducibile in relazione al medesimo oggetto, e, pertanto, non soltanto le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio ma anche tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia. (vedi Cass. n. 3488 del 2016 e n. 25745 del 2017).

Va tuttavia precisato che il processo tributario, rispetto a quello civile, conserva la specificità correlata al rapporto sostanziale che ne costituisce oggetto, ed attiene (v. Corte Cost. n. 53 del 1998 e n. 18 del 2000) “alla fondamentale e imprescindibile esigenza dello Stato di reperire i mezzi per l’esercizio delle sue funzioni attraverso l’attività dell’amministrazione finanziaria, la quale ha il potere-dovere di provvedere, con atti autoritativi, all’accertamento e alla pronta riscossione dei tributi”.

Una similare ratio rileva anche in presenza di tributi non destinati allo Stato, ovvero di contributi obbligatori secondo la definizione propria delle scienze delle finanze, in rapporto alle esigenze di reperimento dei proventi necessari a finanziare i servizi assicurati dagli enti preposti.

In base all’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte (vedi Sez. U, Sentenza n. 13916 del 16/06/2006), il processo tributario, ancorchè generalmente instaurato mediante impugnazione di un atto lato sensu impositivo (ex D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, comma 2, lett. d) e art. 19, comma 1), ha per oggetto lo specifico rapporto tributario dedotto in giudizio quale risulta, da un lato, dalla pretesa fatta valere dall’amministrazione con l’atto medesimo e, dall’altro, dai motivi della sua impugnazione.

In ragione di siffatta complessità oggettiva, associata all’autonomia dei singoli periodi d’imposta (che, ex art. 7 del T.U.I.R., è espressione di un principio generale in materia, valevole per tutti i tributi, anche non destinati allo Stato), deve negarsi la possibile esistenza di un’unica obbligazione tributaria corrispondente a più periodi, per cui, l’eventualità che il giudicato, formatosi in ordine a un periodo, possa avere efficacia preclusiva nel giudizio relativo al medesimo tributo per un altro periodo va limitata al caso in cui si discorra degli elementi rilevanti necessariamente comuni ai distinti periodi d’imposta, onde potersene desumere che l’accertamento di fatto su tali elementi (e solo l’accertamento di fatto) debba fare stato nel giudizio relativo alle obbligazioni sorte in un periodo d’imposta diverso.

E’ stato così affermato che “In tema di contenzioso tributario, l’efficacia del giudicato, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, nell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente. (Sez. 5, Sentenza n. 24433 del 30/10/2013; Sez. 5, Sentenza n. 13498 del 01/07/2015; Sez. 5, Ordinanza n. 37 del 03/01/2019)

L’esempio tipico è quello delle cd. qualificazioni giuridiche (del tipo di “ente commerciale” o di “soggetto residente”) in quanto assunte dal legislatore alla stregua di elementi preliminari per l’applicazione di una specifica disciplina; ovvero quello delle condizioni di una esenzione o di una agevolazione pluriennale (v. appunto in Sez. U n. 13916 del 2006), ma nei soli limiti dell’accertamento della questione di fatto e non anche in relazione alle conseguenze giuridiche. (Vedi Sez. 5, Sentenza n. 12763 del 06/06/2014)

Si è quindi ribadito che “In tema di ICI, la sentenza che abbia deciso con efficacia di giudicato relativamente ad alcune annualità fa stato con riferimento anche ad annualità diverse, in relazione a quei fatti che appaiano elementi costitutivi della fattispecie a carattere tendenzialmente permanente ma non con riferimento ad elementi variabili (come, ad esempio, il valore immobiliare D.Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 5, comma 5, che, per sua natura, con riferimento ai diversi periodi di imposta, è destinato a modificarsi nel tempo). (In Sez. 5, Sentenza n. 1300 del 19/01/2018, conforme Sez. 5, Sentenza n. 18923 del 16/09/2011).

4.2 Tanto premesso, va rilevato che la sentenza esibita, di cui si invoca il giudicato, contiene come unici accertamenti in fatto una circostanza pacifica, quale l’inserimento dei terreni nel Piano cave provinciale con destinazione ad attività estrattiva e non nelle aree edificabili del Piano regolatore comunale, ed un elemento per definizione variabile, quale la mancata attivazione dell’attività estrattiva; alla stessa va pertanto negata alcuna efficacia espansiva di tipo preclusivo.

5. Venendo all’esame del ricorso, il primo e secondo motivo, da trattarsi congiuntamente per connessione, risultano infondati.

5.1 Come più volte statuito da questa Corte (cfr. tra le altre Sez. 5, n. 19375 del 2003, n. 17035 del 2004, n. 19161 del 2004, n. 6501 del 2005, e da ultimo n. 26077 del 2015, n. 1390 e n. 18470 del 2016, n. 15668 del 2017 e n. 13606 del 2018), del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1, comma 2, pone quale presupposto applicativo dell’ICI il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e terreni agricoli siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati…”.

Nel successivo art. 2 il legislatore tributario ha fornito le rispettive nozioni, prevedendo al comma 1 lett. a) che “per fabbricato s’intende l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto urbano, considerandosi parte integrante del fabbricato la parte occupata dalla costruzione e quella che ne costituisce pertinenza…”; alla lett. b) del medesimo comma, che “per area fabbricabile si intende l’area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione…”, estendendone la nozione a tutte quelle che hanno, in fatto ed in diritto, detta vocazione edificatoria; infine nella lett. c), ha definito cosa debba intendersi per terreni agricoli.

5.2 Ebbene la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dei criteri normativi innanzi indicati laddove ha desunto la natura edificabile dei terreni, ed escluso quella agricola, dalla collocazione degli stessi in un’area del PRG suscettibile di attività estrattiva.

Stilla questione specifica dell’assoggettabilità ad ICI di terreni adibiti a cave, va data continuità al principio di recente affermato da questa Corte secondo cui “In tema di ICI, ove l’area sia adibita ad attività estrattiva secondo il regolamento urbanistico e suscettibile, in conformità allo stesso, di edificazione, ancorchè limitata alla realizzazione di fabbricati strumentali, la base imponibile deve essere determinata avendo riguardo al valore venale “(vedi Cass. n. 14409 del 2017, seguita da Cass. n. 3267 e 8559 del 2019).

Seppure in tema di imposta di registro, questa Corte ha del resto già affermato che “per determinare la natura del bene compravenduto, onde individuare l’aliquota applicabile, occorre avere riguardo alle previsioni urbanistiche correnti al momento dell’atto, che incidono sulle sue qualità ai fini fiscali, essendone irrilevante la concreta utilizzazione o utilizzabilità” e nello specifico che la circostanza che “per l’area sia prevista dallo strumento urbanistico la possibilità di utilizzazione come cava esclude la natura agricola del terreno non assumendo rilevanza alcuna la necessità che, per l’effettivo sfruttamento, il proprietario od un terzo interessato debbano ottenere l’autorizzazione previa verifica della sussistenza delle condizioni previste per il rilascio della stessa, così come non esclude la natura edificatoria del terreno il fatto che il proprietario debba munirsi della concessione per poter edificare” (si legge in Cass. n. 23045 del 2016, richiamata da Cass. n. 31604 del 2018).

6. Nè il carattere edificabile, nei limiti suindicati, può essere escluso in conseguenza della mancata adozione di strumenti attuativi, quali il rilascio di concessione, autorizzazioni o progetti di gestione.

Costituisce infatti un principio consolidato affermato da questa Corte che “In tema di ICI, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 203 del 2005, art. 11-quaterdecies, comma 16, conv., con modif., dalla L. n. 248 del 2005, e del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2,, conv., con modif., dalla L. n. 248 del 2006, che hanno fornito l’interpretazione autentica del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b), l’edificabilità di un’area, per l’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi, tenuto altresì conto che il detto del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, prevedendo che un terreno sia considerato edificatorio anche ove esistano possibilità effettive di costruzione, delinea, ai fini fiscali, una nozione di area edificabile ampia ed ispirata alla mera potenzialità edificatoria” (vedi da ultimo Cass. n. 4952 del 2018, nonchè Cass. n. 12308 del 2017, n. 16485 del 2016 e n. 15558 del 2009).

Sul punto va anche precisato che data la natura di norma di interpretazione autentica della disposizione di cui al D.L. n. 203 del 2005, art. 11-quaterdecies, comma 16, conv. con modif. nella L. n. 248 del 2005, e del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, conv. con modif. nella L. n. 248 del 2006, rispetto alla previsione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2,comma 1, lett. b), tale nozione, così ulteriormente specificata, è destinata ad operare anche per il passato, ed è quindi certamente utilizzabile per determinare la base imponibile relativa ad annualità antecedenti alla sua adozione.

La determinazione del valore venale effettuata dall’ente impositore, tenendo conto dell’astratta vocazione edificatoria dei terreni, a prescindere dalla presenza effettiva di un’attività di escavazione attiva, risulta pertanto corretta in quanto rispondente ai criteri fissati dello stesso decreto, art. 2, comma 2.

7. Il terzo motivo risulta invece inammissibile per difetto di specificità.

7.1 Nel giudizio tributario, in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c., qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso ne riporti testualmente i passi che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentirne la verifica esclusivamente in base al ricorso medesimo, essendo il predetto avviso non un atto processuale, bensì amministrativo, la cui legittimità è necessariamente integrata dalla motivazione dei presupposti di fatto e dalle ragioni giuridiche poste a suo fondamento.(vedi Cass. n. 9536 del 2013 e n. 16147 del 2017).

7.2 Ebbene nel ricorso in esame il motivo, con cui si contesta la analitica valutazione di adeguatezza della motivazione compiuta dalla CTR, è stato proposto senza riportare il contenuto degli atti, rendendo così impossibile la verifica dell’assolvimento dell’obbligo di motivazione.

8. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso va rigettato.

8.1 Nulla sulle spese stante la mancata ò costituzione del Comune intimato.

8.2 Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, in quanto notificato dopo tale data, sussistono le condizioni per dare atto- ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.

Così deciso in Roma, il 7 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2019

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