Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19991 del 21/09/2010

Cassazione civile sez. I, 21/09/2010, (ud. 05/05/2010, dep. 21/09/2010), n.19991

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

F.C., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata e difesa

dall’avv. Marra Alfonso Luigi per procura in atti;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro

tempore, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende per

legge;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Napoli in data 22 gennaio

2007, nella causa iscritta al n. 1658/06 V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 5

maggio 2010 dal relatore, cons. Dr. Stefano Schirò;

alla presenza del Pubblico ministero, in persona del sostituto

procuratore generale, Dott. PRATIS Pierfelice, che nulla ha

osservato.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

LA CORTE:

A) rilevato che è stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti:

IL CONSIGLIERE RELATORE, letti gli atti depositati;

RITENUTO CHE:

1. F.C. ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto in data 22 gennaio 2007, con il quale la Corte di appello di Napoli ha condannato la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore del menzionato ricorrente della somma di Euro 2.670,00 a titolo di indennizzo per il superamento del termine di ragionevole durata di un processo in materia calcolo del TFR instaurato davanti al TAR Campania con ricorso del 28 gennaio 1998 ed ancora pendente alla data di deposito del ricorso per equa riparazione (28 giugno 2006);

1.1. la Presidenza intimata ha resistito con controricorso;

OSSERVA:

2. la Corte di appello di Napoli ha accolto la domanda nella misura di Euro 2.670,00, a titolo di indennizzo del solo danno non patrimoniale, avendo accertato una durata del processo superiore di cinque anni e quattro mesi al termine ragionevole e liquidando un indennizzo di Euro 500,00 per ogni anno di ritardo;

3. il ricorrente censura il decreto impugnato, proponendo dodici motivi di ricorso, con i quali lamenta:

3.1. la mancata applicazione della normativa comunitaria alla stregua dell’interpretazione fornita dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo (primo motivo); il calcolo dell’equo indennizzo solo con riferimento al periodo eccedente la ragionevole durata della causa e non all’intera durata del giudizio (secondo motivo);

3.2. l’inosservanza, sulla base di carente motivazione, dei parametri europei in ordine alla quantificazione per anno del danno non patrimoniale (terzo e quarto motivo);

3.3. il mancato riconoscimento, ancora con vizio di motivazione e in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, del bonus di Euro 2.000,00 in ragione della natura previdenziale della controversia (quinto, sesto e settimo motivo);

3.4. l’insufficiente liquidazione delle spese processuali, con vizio di motivazione, senza l’indicazione delle voci tariffarie applicabili, con erronea applicazione delle tariffe professionali vigenti riguardanti i procedimenti di volontaria giurisdizione, anzichè i giudizi ordinari dinanzi alla Corte d’appello, senza tener conto degli onorari liquidati dalla CEDU e disattendendo i minimi tariffari e la nota spese depositata, (motivi da otto a dodici);

4. i motivi di cui al punto 3.1., esaminati congiuntamente, appaiono manifestamente infondati un quanto la Corte di appello, ai fini della determinazione del termine ragionevole di durata, si è attenuta ai criteri di valutazione indicati dalla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2, in conformità ai parametri fissati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo un ragionevole criterio di valutazione che resiste alle infondate critiche del ricorrente, considerato comunque che la violazione del principio della ragionevole durata del processo non può discendere in modo automatico dall’accertata inosservanza dei termini medesimi, dovendo in ogni caso il giudice della riparazione procedere a tale valutazione alla luce degli elementi previsti dalla L. n. 89 del 2001, art. 2 (Cass. 2004/6856;

2005/19204; 2005/19352); inoltre è vincolante per il giudice nazionale, il disposto della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a), ai sensi del quale è influente solo il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole di durata del processo (Cass. 2005/21597; 2008/14);

4.1. appare invece manifestamente fondata la censura, di cui al precedente punto 3.2., relativa al mancato rispetto dei parametri europei in ordine alla quantificazione per anno del danno non patrimoniale, in quanto la determinazione dell’indennizzo nella misura di Euro 2.670,00, avuto riguardo alla determinazione nella specie del periodo di superamento del termine ragionevole di durata del processo e in ragione di un indennizzo annuo di Euro 500,00, sembra configurarsi irragionevolmente, in misura inferiore a quella che risulterebbe dall’applicazione dei parametri stabiliti dalla CEDU;

4.2. appare manifestamente infondata la doglianza di cui al precedente punto 3.3., in quanto non può ravvisarsi un obbligo di diretta applicazione dell’orientamento della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo cui va riconosciuta una somma forfetaria nel caso di violazione del termine nei giudizi aventi particolare importanza, fra cui anche la materia previdenziale; da tale principio, infatti, non può derivare automaticamente che tutte le controversie di tal genere debbano considerarsi di particolare importanza, spettando al giudice del merito valutare se, in concreto, la causa previdenziale abbia avuto una particolare incidenza sulla componente non patrimoniale del danno, con una valutazione discrezionale che non implica un obbligo di motivazione specifica, essendo sufficiente, nel caso di diniego di tale attribuzione, una motivazione implicita (Cass. 2006/9411;

2008/6898);

4.3. restano assorbite le censure di cui al punto 3.4., dovendosi comunque procedere alla riliquidazione delle spese del giudizio di merito in ragione dell’accoglimento del ricorso sotto il profilo in precedenza rilevato.

5. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilevi formulati ai punti 4., 4.1., 4.2. e 4.3., si ritiene che il ricorso possa essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”;

B) osservato che non sono state depositate conclusioni scritte o memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso le argomentazioni esposte nella relazione;

ritenuto pertanto che, in base alle considerazioni che precedono, meritino accoglimento, nei termini di cui in motivazione, i motivi tre e quattro, rigettati i primi due motivi e quelli da cinque a sette, con assorbimento dei restanti motivi, e che il decreto impugnato debba essere annullato in ordine alla censura accolta;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2; in particolare, determinato in cinque anni e quattro mesi il periodo di durata non ragionevole, secondo la valutazione del giudice di merito non censurata dal ricorrente, il parametro per indennizzare la parte del danno non patrimoniale subito nel processo presupposto va individuato nell’importo non inferiore ad Euro 750,00 per anno di ritardo, alla stregua degli argomenti svolti nella sentenza di questa Corte n. 16086 del 2009; secondo tale pronuncia, in tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo e in base alla giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo (sentenze 29 marzo 2006, sui ricorsi n. 63261 del 2000 e nn. 64890 e 64705 del 2001), gli importi concessi dal giudice nazionale a titolo di risarcimento danni possono essere anche inferiori a quelli da essa liquidati, “a condizione che le decisioni pertinenti” siano “coerenti con la tradizione giuridica e con il tenore di vita de paese interessato”, e purchè detti importi non risultino irragionevoli, reputandosi, peraltro, non irragionevole una soglia pari al 45 per cento del risarcimento che la Corte avrebbe attribuito, con la conseguenza che, stante l’esigenza di offrire un’interpretazione della L. 24 marzo 2001, n. 89 idonea a garantire che la diversità di calcolo non incida negativamente sulla complessiva attitudine ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, evitando il possibile profilarsi di un contrasto della medesima con l’art. 6 della CEDU (come interpretata dalla Corte di Strasburgo), la quantificazione del danno non patrimoniale deve essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo eccedente il termine di ragionevole durata; tali principi vanno confermati in questa sede, con la precisazione che il suddetto parametro va osservato in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, dovendo invece aversi riguardo per quelli successivi, al parametro di Euro 1.000,00 per anno di ritardo, tenuto conto che l’irragionevole durata eccedente tale periodo comporta un evidente aggravamento del danno (Cass. 2009/16086; 2010/819); nel caso di specie si deve, di conseguenza, riconoscere al ricorrente, in relazione ad una durata non ragionevole di cinque anni e quattro mesi, l’indennizzo di Euro 4.590,00, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo, al cui pagamento deve essere condannata la Presidenza soccombente;

B1) le spese del giudizio di merito e quelle del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397; 2008/25352), compensate per la metà quelle del giudizio di cassazione in conseguenza dell’accoglimento parziale del ricorso, con distrazione di tutte le spese in favore del difensore del ricorrente dichiaratosi antistatario.

P.Q.M.

La Corte rigetta i primi due motivi e quelli da cinque a sette.

Accoglie nei termini di cui in motivazione i motivi tre e quattro, assorbiti i motivi da otto a dodici. Cassa il decreto impugnato in ordine alla censura accolta e, decidendo nel merito, condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 4.590,00,oltre agli interessi legali a decorrere dalla domanda.

Condanna la Presidenza soccombente al pagamento in favore del ricorrente delle spese del giudizio di merito, che si liquidano in Euro 873,00, di cui Euro 378,00 per competenze ed Euro 50,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, nonchè di quelle del giudizio di cassazione, compensate per la metà, che si liquidano per l’intero in Euro 595,00 di cui Euro 495,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, con distrazione, per le spese di entrambi i giudizi, in favore del difensore del ricorrente, avv. Alfonso Luigi Marra, dichiaratosi antistatario.

Così deciso in Roma, il 5 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2010

 

 

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