Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1999 del 26/01/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 1999 Anno 2018
Presidente: CANZIO GIOVANNI
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso 24318-2012 proposto da:
BETON

AGRI

SRL,

IMMOBILIARE

DELL’AGRI

SRL,

elettivamente domiciliati in ROMA PIAZZA DELLA
BALDUINA 59/A, presso lo studio dell’avvocato FILIPPO
GESUALDI, rappresentati e difesi dall’avvocato
GIUSEPPE NICOLA SOLIMANDO;

– ricorrente contro
2017
3229

AGENZIA DELLE ENTRATE, EQUITALIA CENTRO SPA, AGENZIA
DELLE ENTRATE DI RIMINI 2;
– intimati Nonché da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

Data pubblicazione: 26/01/2018

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente incidentale contro

IMMOBILIARE DELL’AGRI SRL, BETON AGRI SRL, EQUITALIA
CENTRO SPA, AGENZIA DELLE ENTARTE DI RIMINI 2;
intimati

avverso la sentenza n. 99/2011 della COMM.TRIB.REG.
BOLOGNA, depositata il 20/09/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 12/12/2017 dal Consigliere Dott.
GIOVANNI DIOTALLEVI.

R.G.N. 24318/12

L’Immobiliare dell’Agri s.r.l. e la Beton Agri s.r.l. propongono ricorso per cassazione, nei confronti
dell’Agenzia delle Entrate di Roma e di Rimini che resistono con controricorso e spiegano ricorso
incidentale, nonché contro Equitalia Centro s.p.a. (già Equitalia Romagna s.p.a.), avverso la sentenza
della Commissione Tributaria Regionale di Bologna, sez. 19, del 20 settembre 2011, dep. in segreteria
il 20 settembre 2011, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di una cartella di
pagamento, emessa anche per sanzioni oltre la maggiore imposta e gli interessi determinati a seguito
di un pluriennale contenzioso, riformata la decisione di primo grado, che aveva accolto parzialmente
il ricorso delle contribuenti, aveva escluso l’applicabilità delle sanzioni in ragione del disposto
dell’art. 6, c. 2 del d. Lgs. n. 472/1997.
I giudici d’appello, nell’accogliere il gravame dell’Ufficio, nella contumacia delle contribuenti, hanno
prospettato l’inesistenza delle condizioni di oggettiva incertezza sulla portata e l’ambito di
applicazione delle disposizioni di cui all’art. 8 del d.lgs. n. 546/1992, pur essendo stata notevolmente
contratta la pretesa erariale iniziale a seguito delle decisioni pregresse delle Commissioni tributarie
di primo e secondo grado.
Ciò premesso le società ricorrenti lamentano con il primo motivo la violazione del contraddittorio in
grado di appello, non essendo state avvisate della data di udienza per la discussione;
con un secondo motivo lamentano il vizio di motivazione con riferimento alla dedotta inammissibilità
del ricorso in appello per violazione dell’art. 329 c.p.c., dovendosi ritenere che l’Amministrazione
finanziaria avesse prestato acquiescenza alla sentenza di primo grado;
con il terzo motivo deducono la carenza di motivazione con riferimento alla omessa quantificazione
del quanturn debeatur.
Si è costituita l’Agenzia delle Entrate con controricorso contestando la assoluta genericità del primo
motivo di ricorso; ha dedotto l’inammissibilità del secondo motivo per difetto di autosufficienza e
comunque l’assenza di una specifica rinuncia in ordine alla possibilità di irrogare le sanzioni per
l’imposta così come accertata; con il terzo motivo ha dedotto l’obiettiva insussistenza delle condizioni
di incertezza interpretativa della normativa, che avrebbe consentito l’applicazione dell’art. 8 D.Lgs.
n. 546/1992;
Ha proposto altresì ricorso in via incidentale e condizionata, negando la sussistenza di difficoltà e
incertezze interpretative della norma applicabile, deducendo esclusivamente un errore di calcolo nella
distribuzione delle passività aziendali.
Motivi della decisione
I motivi di parte ricorrente sono inammissibili o infondati.
Il primo motivo è inammissibile per assoluta genericità ed indeterminatezza, considerati i dati
specifici e documentali evidenziati nel controricorso dalla controparte.
Allo stesso modo il secondo motivo è inammissibile vista l’assenza di una specifica ed espressa
manifestazione di rinuncia sul punto da parte dell’Ufficio. Anzi il comportamento processuale della
parte interessata dimostra esattamente il contrario, mentre in appello le società ricorrenti non sono
comparse.

Svolgimento del processo

Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso deve essere respinto.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo
P.Q.M.
La Corte di cassazione rigetta il ricorso. Condanna le ricorrenti alla rifusione delle spese del grado
in favore di entrambe le convenute liquidate in euro 3510,00 ciascuno oltre spese forfettarie nella
misura del 15%, CPA ed IVA
Roma, 12 dicembre 2017

Il terzo motivo è infondato. Sul punto deve essere applicato il consolidato principio di diritto in base
al quale in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme fiscali, sussiste il potere del
giudice tributario di dichiarare l’inapplicabilità delle sanzioni per errore sulla norma tributaria in caso
di obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle norme alle quali
la violazione si riferisce, quando la disciplina normativa, della cui applicazione si tratti, contenga una
pluralità di prescrizioni, il cui coordinamento appaia concettualmente difficoltoso per equivocità del
loro contenuto, derivante da elementi positivi di confusione. L’onere di allegazione della ricorrenza
di siffatti elementi di confusione, laddove esistenti, grava sul contribuente, (Sez. 5, Sentenza n. 440
del 14/01/2015, Rv. 634427 – 01). In questo caso, come sinteticamente ma efficacemente ha statuito
la CTR non possono essere riscontrate obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito
delle disposizioni di cui all’art. 8 del d.lgs. n. 546/92. La conseguente insicurezza del risultato
interpretativo ottenuto, deve essere riferibile non già ad un contribuente generico o professionalmente
qualificato o all’Ufficio finanziario, bensì al giudice, unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito
il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione. (Sez. 6 – 5,
Ordinanza n. 4394 del 24/02/2014, Rv. 629969 – 01), circostanza che non può ritenersi sussistente
nel caso di specie.

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