Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19989 del 10/08/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 10/08/2017, (ud. 27/06/2017, dep.10/08/2017),  n. 19989

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18166-2016 proposto da:

R.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSSERIA 5,

presso lo studio dell’avvocato GUIDO FRANCESCO ROMANELLI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LAZZARO CEPOLLINA;

– ricorrente –

contro

S.A.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso unitamente e disgiuntamente dagli avvocati

MAURIZIO LAMBERTI e PAOLO CAMPAGNA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 582/2016 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 13/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/06/2017 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;

udito l’Avvocato.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte:

rilevato che R.A., con atto di citazione notificato il 14 giugno 2012, conveniva davanti al Tribunale di Genova S.M., al quale aveva locato un immobile in cui, a fronte della pattuita mancata debenza dei primi tre canoni locatizi, il conduttore avrebbe dovuto realizzare un impianto elettrico a norma; il conduttore peraltro era receduto anticipatamente e l’attrice adduceva che in un immediato sopralluogo ella avrebbe constatato che, al momento del rilascio, il conduttore aveva asportato alcune parti dell’impianto elettrico di proprietà appunto attorea; conseguentemente l’attrice chiedeva che controparte fosse condannata alla restituzione di quanto asportato o, in subordine, al pagamento della somma di Euro 2178;

rilevato che S.M. si era costituito negando di aver asportato alcunchè e che, avendo l’attrice frattanto rinunciato alla domanda in tesi, il Tribunale di Genova, con sentenza del 30 gennaio 2015, condannava il convenuto a corrisponderle la somma di Euro 1800 oltre Iva e interessi, nonchè a rifonderle le spese di causa;

rilevato che il S. presentava appello, cui controparte, costituitasi, resisteva, e che con sentenza del 25 maggio-13 giugno del 2016, la Corte d’appello di Genova accoglieva il gravame in riforma della impugnata sentenza;

rilevato che la R. ha presentato ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza della Corte d’appello, sulla base di un unico motivo, denunciante violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1218,1453 e 2697 c.c.: la ricorrente sostiene che il giudice d’appello avrebbe errato nel ritenere che ella, quale attrice, avesse l’onere di provare l’asporto dei pezzi dell’impianto da parte del S., perchè si sarebbe trattato di una questione di adempimento contrattuale, onde sarebbe stato onere del convenuto dimostrare di avere adempiuto al contratto;

rilevato che la corte territoriale, in realtà, ha tra l’altro osservato che “è pacifico in causa, in quanto ammesso dallo stesso appellante, che quest’ultimo al termine della locazione ha rimosso 10 plafoniere, mentre è contestato da parte dell’appellante che si trattasse di plafoniere stagne così come è contestata l’asportazione delle altre parti dell’impianto indicate dall’appellata”, la quale, “benchè fosse suo onere”, non aveva “adeguatamente dimostrato l’asportazione da parte del S. di n. 3 prese interbloccate 3P+T32A e di n. 3 interruttori magnetico termici 4 P + T, nonchè il fatto che le plafoniere rimosse fossero stagne” e che non risulta “che al momento della riconsegna non sia stata contestata l’incompletezza dell’impianto elettrico, nonostante le parti che la R. asserisce esser mancanti a tale momento fossero facilmente individuabili senza necessità di particolari conoscenze tecniche”:

rilevato che è agevolmente evincibile da quanto appena sintetizzato una ratio decidendi di cui la corte territoriale si è avvalsa, nel senso che l’onere probatorio avente ad oggetto l’adempimento delle obbligazioni contrattuali graverebbe sul conduttore nel caso in cui risultasse che, al momento del rilascio, la locatrice avesse contestato che il bene non fosse stato restituito rispettando l’obbligo di cui all’art. 1590 c.c. – che, ovviamente, nel caso di specie si concretizzava nella restituzione del bene con l’aggiunta della miglioria che era stata il corrispettivo della disponibilità dell’immobile sostitutivo di tre canoni per espressa pattuizione -;

ritenuto che, sempre seguendo tale ben comprensibile ratio decidendi, qualora, al contrario, in sede di rilascio del bene il locatore non abbia sollevato alcuna contestazione sulle sue condizioni, una siffatta condotta non può non assumere un significato favorevole al conduttore, e dunque una presunzione sulla corretta e integrale restituzione – ovvero sull’adempimento dell’obbligo restitutorio del conduttore -, che non fa venir meno il diritto del locatore ma pone a suo carico l’onere probatorio in ordine al rilascio del bene in una condizione invece non integralmente corretta;

rilevato che su questa ratio decidendi il ricorso non muove censure, limitandosi, su un piano astratto, a sostenere che l’onere probatorio sarebbe stato contrattualmente del conduttore, senza affrontare le conseguenze della mancata contestazione della locatrice al momento del rilascio che la corte territoriale ha posto a base della ratio decidendi appena evidenziata;

ritenuto pertanto che il ricorso deve essere disatteso, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione delle spese del grado – liquidate come da dispositivo – a controparte;

ritenuto altresì che sussistono D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis.

PQM

 

Rigetta il ricorso, condannando la ricorrente a rifondere a controparte le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 2900, oltre a Euro 200 per gli esborsi e al 15% per spese generali, nonchè agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 27 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2017

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