Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19987 del 13/07/2021

Cassazione civile sez. III, 13/07/2021, (ud. 02/12/2020, dep. 13/07/2021), n.19987

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35171-2019 proposto da:

D.T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE G. MAZZINI,

6, presso lo studio dell’avvocato MANUELA AGNITELLI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrenti –

e contro

COMMISSIONE TERRITORIALE RICONOSCIMENTO PROTEZIONE INTERNAZIONALE

MILANO;

– intimati –

nonché contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso. AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– resistenti –

avverso la sentenza n. 1724/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 18/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/12/2020 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. D.T., cittadino del (OMISSIS), propone ricorso articolato in quattro motivi, notificato il 17 novembre 2019, nei confronti del Ministero dell’Interno, avverso la sentenza n. 1724/2019 della Corte d’Appello di Milano, pubblicata in data 18.4.2019, non notificata.

2. Il Ministero ha depositato tardivamente una comunicazione con la quale si dichiara disponibile alla partecipazione alla discussione orale.

3. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in adunanza camerale non partecipata.

4. Il ricorrente riferisce la sua vicenda personale: cittadino del (OMISSIS), ove ha lasciato la madre, la moglie e la figlia, non ha mai frequentato la scuola, lavorava come autista di una persona che, dopo qualche tempo, gli rivelava di essere omosessuale, un giorno veniva fermato in macchina dalla polizia che arrestava il suo datore di lavoro, fuggiva lasciando nella vettura i suoi documenti, e apprendeva dalla madre di essere ricercato in quanto ritenuto a sua volta omosessuale. In ragione di questi fatti, nel 2014 si allontanava dal suo paese e raggiungeva l’Italia dopo aver viaggiato attraverso Mali e Burkina Faso.

5. La sua domanda, volta al riconoscimento, in via gradata, di tutte le forme di protezione internazionale, veniva rigettata in primo grado con sentenza confermata in appello.

Diritto

RITENUTO

che:

con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione DEL D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 2 e 11, nonché la sussistenza di una motivazione inesistente e illogica, per aver la corte d’appello rigettato la domanda volta al riconoscimento dello status di rifugiato ritenendone insussistenti i presupposti senza neppure pronunciarsi sulla credibilità del ricorrente, che ha compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la sua domanda.

Il primo motivo è infondato. La sentenza esprime la sua valutazione sulla credibilità del richiedente asilo, lasciando chiaramente intendere, alle pagine 5 e 6 della motivazione, che ritiene il racconto, generico e lacunoso, intrinsecamente inverosimile alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva. A fronte di ciò, appare legittimo che non si sia proceduto oltre ad accertare come sia percepita l’omosessualità nel paese di provenienza del ricorrente e se l’essere sospettato di essere omosessuale possa di per sé esporre gli appartenenti a quel paese al rischio di subire un danno grave alla persona e come tale (v. Cass. n. 6738 del 2021).

Con il secondo motivo, denuncia la violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, comma 1 e art. 3, comma 3, lett. a), nonché degli artt. 2, 3, 5, 8 e 9 Cedu e DEL D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 27, comma 1 bis, rilevando che il rigetto della domanda volta al riconoscimento della protezione sussidiaria non è stato preceduto da alcuna istruttoria, volta ad accertare se nel paese di origine il ricorrente corresse l’effettivo rischio di sottoposizione a trattamenti inumani o degradanti.

Il secondo motivo è poi collegato al terzo, ove il ricorrente denuncia nuovamente la violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14 e art. 3, essendo stato il rigetto del riconoscimento della protezione sussidiaria fondato sulla base di un giudizio prognostico futuro e incerto, e non sulla situazione effettiva del paese di origine, laddove ha escluso che in (OMISSIS) vi fosse un pericolo generalizzato.

I due motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, e sono fondati. La sentenza impugnata, a pag. 6 riferisce la situazione attuale del (OMISSIS), attingendo le sue informazioni da un non meglio collocato nel tempo rapporto Easo, dal quale ricava che, attualmente, il (OMISSIS) rappresenta una delle democrazie più stabili dell’Africa.

In tal modo, non si conforma, nella applicazione della norma, al principio di diritto già enunciato da questa Corte, secondo il quale in tema di protezione internazionale, il dovere di cooperazione istruttoria del giudice, che è disancorato dal principio dispositivo e libero da preclusioni e impedimenti processuali, se presuppone l’assolvimento da parte del richiedente dell’onere di allegazione dei fatti costitutivi della sua personale esposizione a rischio, comporta però ove tale onere sia stato assolto, il potere-dovere del giudice di accertare anche d’ufficio se, e in quali limiti, nel Paese di origine del richiedente si verifichino fenomeni tali da giustificare l’applicazione della misura, mediante l’assunzione di informazioni specifiche, attendibili e aggiornate, non risalenti rispetto al tempo della decisione, che il giudice deve riportare nel contesto della motivazione, non potendosi considerare fatti di comune e corrente conoscenza quelli che vengono via via ad accadere nei Paesi estranei alla Comunità Europea (vedi in questo senso, tra le altre, Cass. n. 11096 del 2019).

L’obbligo di attivare la propria cooperazione istruttoria, a fronte della specifica allegazione da parte del migrante della esistenza di una situazione di pericolo diffuso o di violenza indiscriminata nel proprio paese di origine, non è soddisfatto dal generico riferimento a fonti di informazione che, di per sé, promanando da organismi pubblici o anche da associazioni private che si occupino professionalmente di ricostruire e aggiornare la situazione politica, sociale, economica nei paesi del mondo, sarebbero in sé attendibili, se l’informazione tratta non è anche contestualizzata nel tempo in modo tale da consentire la verifica che essa sia anche aggiornata, ovvero sia idonea ad identificare compiutamente la situazione nel paese di provenienza del migrante al momento della decisione.

Con il quarto motivo il ricorrente denuncia la violazione di legge, in riferimento al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1, nonché la illogicità, contraddittorietà e apparenza della motivazione laddove la corte d’appello ha rigettato la sua domanda volta alla concessione della protezione umanitaria.

Afferma che la sua domanda è stata rigettata, per difetto di prova di una integrazione lavorativa, senza considerare come in (OMISSIS) rischiasse una repressione della propria libertà sessuale.

L’accoglimento del secondo e terzo motivo di ricorso comporta l’assorbimento del quarto. Atteso che dovrà essere rinnovata la valutazione sulla sussistenza del diritto alla più ampia protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. c), nel caso in cui questa, a conclusione del nuovo esame del merito, non potesse essere concessa, il giudice dovrà provvedere a verificare se sussistono i presupposti della residuale protezione minore.

Il primo motivo va quindi rigettato, accolti secondo e terzo, assorbito il quarto, la sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione anche per le spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo, accoglie il secondo e il terzo per quanto di ragione, assorbito il quarto, cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2021

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