Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19986 del 30/09/2011

Cassazione civile sez. III, 30/09/2011, (ud. 28/06/2011, dep. 30/09/2011), n.19986

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

RADIO VEGA DI AVERAME ANGELA & C SAS (OMISSIS), in persona

dell’accomandatario e legale rappresentante A.A.,

elettivamente domiciliatain ROMA, VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA 63,

presso lo studio dell’avvocato CONTALDI MARIO, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati PORTA ANGELO, NELA PIERLUCA giusta

delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

B.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA VALADIER 52, presso lo studio dell’avvocato MANCINI

CLAUDIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato BIANCHI

MARCO giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1071/2004 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

Sezione Quarta Civile, emessa il 1/07/2004, depositata il 28/02/2005;

R.G.N. 1452/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/06/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI CARLEO;

udito l’Avvocato CONTALDI MARIO;

udito l’Avvocato MANCINI CLAUDIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per l’inammissibilità.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata in data 19 gennaio 2001 B.R. esponeva che il 14 aprile 1981 D.M.P. aveva concesso in locazione alla s.a.s. Radio Vega un appezzamento di terreno in località (OMISSIS) per l’installazione di una cabina, contenente apparecchiature per la diffusione di programmi radiofonici e per l’apposizione di un palo di sostegno della relativa antenna, per la durata di anni dieci; che il contratto era stato rinnovato per un ulteriore decennio; che, avendo acquistato nelle more l’appezzamento di terreno in questione, con raccomandata ricevuta dalla conduttrice il 13 aprile 2000, aveva inviato disdetta del contratto per la scadenza del 14 aprile 2001. Ciò premesso, intimava licenza per finita locazione e conveniva in giudizio Radio Vega per la relativa convalida. A seguito di opposizione della conduttrice, il giudice adito emetteva ordinanza di rilascio e disponeva il mutamento di rito. In esito al giudizio, il Tribunale di Asti condannava Radio Vega al rilascio del terreno. Avverso tale decisione la conduttrice proponeva appello principale mentre il B. proponeva appello incidentale in ordine alla disposta compensazione delle spese ed in esito al giudizio, la Corte di Appello di Torino con sentenza depositata in data 28 febbraio 2005 rigettava entrambi i gravami compensando le spese. Avverso la detta sentenza Radio Vega ha proposto ricorso per cassazione articolato in un unico motivo, con due distinti profili. Resiste con controricorso il B..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

In via preliminare, si deve soffermare l’attenzione sull’eccezione di inammissibilità del ricorso, formulata dal controricorrente, il quale ha rilevato che nel caso di specie, mentre la sentenza impugnata è stata notificata a Radio Vega S.a.s. il 10 maggio 2005, il ricorso per cassazione, proposto dalla ricorrente, è stato notificato al B. presso lo studio del suo procuratore costituito e domiciliatario, avv. Fiorentino Marco, soltanto il 14 luglio 2005, come risulta dall’esame del timbro apposto sull’atto, debitamente firmato dall’ufficiale giudiziario della Corte di Appello di Torino, recante altresì l’indicazione della data e del numero del registro cronologico che l’ufficiale deve tenere.

Ciò posto, considerato che, a norma dell’art. 325 cpv, ove sia intervenuta la notificazione della sentenza, il termine per proporre ricorso per cassazione è di 60 giorni e decorre appunto dalla detta notificazione, avvenuta validamente, ne derivano – questa è la conclusione del controricorrente – la tardività della notifica dell’impugnazione e conseguentemente l’inammissibilità del ricorso de quo.

L’eccezione, pur fondata su rilievi corretti in punto di fatto, non merita però di essere condivisa. All’uopo, vale la pena di prendere le mosse dalla circostanza che, circa sette giorni prima dell’avvenuta notifica, esattamente il 7 luglio 2005, durante il decorso del termine di sessanta giorni, la notificazione dell’impugnazione presso il procuratore costituito del B. non era andata a buon fine in quanto l’ufficiale giudiziario non aveva reperito l’avv. Marco Fiorentino, nel luogo indicato dall’istante, a causa del trasferimento del suo recapito in altra parte della città.

Nella relata di notifica, l’ufficiale giudiziario precisava di non aver potuto notificare il ricorso perchè il procuratore, secondo informazioni assunte in loco, si era trasferito da tempo in (OMISSIS).

Ciò posto, appare opportuno evidenziare i seguenti profili di fatto:

1) come emerge dalla lettura della sentenza notificata, nell’atto di notificazione della sentenza, eseguita meno di due mesi prima, il B. non aveva dichiarato alcun mutamento del domicilio, eletto per il giudizio, da Corso (OMISSIS).

2) nel medesimo momento in cui la notificazione del ricorso per cassazione non andò a buon fine, l’ufficiale notificante fu messo in condizione di conoscere che il procuratore costituito del B. aveva trasferito il suo studio legale in piazza (OMISSIS) ove sette giorni dopo, esattamente il 14 luglio del 2005, riuscì effettivamente ad eseguire la notifica previa consegna a mani della segretaria del domiciliatario.

Ciò premesso, mette conto di sottolineare che la Suprema Corte, nei suoi arresti più recenti, ha modificato il precedente orientamento, secondo cui la questione della conoscenza o conoscibilità del diverso recapito del procuratore non aveva alcun rilievo giuridico, statuendo invece che, in caso di esito negativo della notifica di un’impugnazione, non imputabile al notificante, il procedimento notificatorio può essere riattivato e concluso, anche dopo il decorso dei relativi termini. Invero, se la notifica dell’atto di impugnazione, tempestivamente consegnato all’ufficiale giudiziario, non si perfeziona per cause non imputabili al notificante, questi non incorre in alcuna decadenza ove provveda con sollecita diligenza (da valutarsi secondo un principio di ragionevolezza) a rinnovare la notificazione, a nulla rilevando che quest’ultima si perfezioni successivamente allo spirare del termine per proporre gravame (Cass. 6547 del 2008).

Successivamente, sono intervenute anche le Sezioni Unite statuendo che, qualora la notificazione di atti processuali, da compiersi entro un determinato termine perentorio, non si sia perfezionata per cause non imputabili al notificante, quest’ultimo ha la facoltà e l’onere di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, e, ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, semprechè la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie (cfr. Sez. Un. n. 17352/09, Cass. n. 9046/10).

Dall’esame degli arresti giudiziari, sopra riportati nella loro essenzialità, appare pertanto evidente che la più recente giurisprudenza di questa Corte si è tendenzialmente orientata in direzione di un maggiore e più consapevole riguardo alle circostanze soggettive ed oggettive dalle quali sia dipeso il decorso infruttuoso dei termini di impugnazione. Conforme a tale orientamento appare pertanto il principio di diritto applicabile alla vicenda processuale che ci occupa, secondo cui, in tema di notificazione di un atto di impugnazione, tempestivamente consegnato all’ufficiale giudiziario, qualora la notificazione non si sia perfezionata per cause non imputabili al notificante, ed in particolare a ragione dell’avvenuto trasferimento del difensore domiciliatario non conoscibile da parte del notificante, e l’ufficiale giudiziario abbia appreso, già nel corso della prima tentata notifica, il nuovo domicilio del procuratore, il procedimento notificatorio non può ritenersi esaurito ed il notificante non incorre in alcuna decadenza, non potendo ridondare su di lui la mancata immediata rinotifica dell’atto, da parte dell’ufficiale giudiziario, non dipendente dalla sua volontà, ove provveda con sollecita diligenza (da valutarsi secondo un principio di ragionevolezza) a rinnovare la richiesta di notificazione, a nulla rilevando che quest’ultima si perfezioni successivamente allo spirare del termine per proporre gravame.

Nel caso di specie, la rinnovazione della notificazione del ricorso per cassazione al difensore del B.G. è avvenuta ad appena sette giorni dalla prima tentata notifica ed a distanza di quattro giorni dallo scadere del termine, sicchè deve escludersi la decadenza dell’impugnante e la fondatezza dell’eccezione di inammissibilità del controricorrente.

Esaurita tale questione preliminare, deve ora rilevarsi che la doglianza, svolta dalla ricorrente, si articola essenzialmente attraverso due profili: il primo, fondato sulla violazione della L. n. 223 del 1990, artt. 1, 4 e 32; il secondo, fondato sull’asserita omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Ed invero, la sentenza impugnata- così scrive la ricorrente – avrebbe trascurato che, quando un terreno su cui sussiste un impianto di radio diffusione viene rilasciato al suo proprietario libero da persone e cose, l’impianto subisce una radicale modificazione della funzionalità tecnico-operativa per effetto della sua distruzione e per abbandono della posizione su cui quell’impianto, ad essa riferito e tarato, si trovava, cosa che contrasta con la Legge “Marrani”, la quale vieta che gli impianti di radio diffusione abbiano a subire modificazioni della loro funzionalità tecnico-operativa.

Entrambi i profili di doglianza sono infondati. A riguardo, mette conto di osservare che le ragioni della decisione impugnata si fondano sulla considerazione che, se dall’ordine di rilascio del fondo deriva la rimozione degli impianti ivi installati, non si è di fronte ad una disattivazione imposta da un provvedimento che abbia imposto una modificazione tecnico-funzionale nel senso inteso dalla L. n. 223 del 1990 ma solo di fronte al riconoscimento del diritto del locatore di riottenere la disponibilità del bene che aveva concesso in locazione. Ciò risulta di ovvia evidenza ove si tenga presente – così scrivono i giudici di seconde cure – che un’eventuale ricollocazione degli impianti con le medesime caratteristiche tecnico-operative non è certamente vietata dalla legge. Del resto – e la considerazione merita di essere sottolineata – non può trascurarsi che l’opinione contraria determinerebbe la spoliazione ex lege del diritto di proprietà degli immobili e l’obbligo, per le emittenti, di continuare indefinitamente la propria attività nel medesimo posto.

Ciò premesso, risulta pertanto evidente l’infondatezza del profilo di doglianza, afferente il preso vizio motivazionale, poichè il giudice di merito, come emerge chiaramente dalle considerazioni riportate, ha argomentato in maniera adeguata sul merito della controversia con una motivazione sufficiente, logica, non contraddittoria e rispettosa della normativa in questione. Nè d’altra parte il motivo del ricorso in esame è riuscito ad individuare effettivi vizi logici o giuridici nel percorso argomentativo dell’impugnata decisione .nè è riuscito ad indicare il necessario rapporto di causalità fra le circostanze che sarebbero state trascurate e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quelle circostanze, se fossero state considerate, avrebbero portato ad una diversa soluzione della vertenza. Giova aggiungere inoltre che il controllo di logicità del giudizio di fatto – consentito al Giudice di legittimità non equivale alla revisione del “ragionamento decisorio”, ossia dell’opzione che ha condotto il Giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata: invero una revisione siffatta si risolverebbe, sostanzialmente, in una nuova formulazione del giudizio di fatto, riservato al Giudice del merito, e risulterebbe affatto estranea alla funzione assegnata dall’ordinamento al Giudice di legittimità, (così Cass. n. 8808/08 in motivazione) Quanto alla pretesa violazione della L. n. 223 del 1990, artt. 1, 4 e 32 torna opportuno chiarire che, come ha già avuto modo di avvertire questa Corte, la ratio della normativa indicata, è quella di assicurare un regime di concorrenza ordinato nel tempo intermedio tra l’entrata in vigore della legge e la sua completa attuazione con un sistema di concessioni rilasciate ai privati esercenti di imprese di radio diffusione (cfr Cass. n. 5736/04). Pertanto, il divieto di modificazione degli impianti vale soltanto per il periodo transitorio stabilito dalla normativa, mirante ad impedire che, per il periodo precedente l’adozione del piano nazionale di ripartizione delle radio frequenze, l’assetto dei concessionari o comunque dei privati esercenti impianti per la radiodiffusione sonora o televisiva subiscano mutamenti che potrebbero riverberarsi in danno di altri soggetti. Come scrive la Corte territoriale, si è in presenza di una prescrizione diretta a tener ferma, per il periodo e per i soggetti indicati, la struttura intrinseca e la potenzialità del singolo impianto consentito, senza avere nulla a che vedere con il regime privatistico che collega l’esercente la stazione emittente con chi concede l’uso del terreno su cui installare gli impianti di radio diffusione, in quanto la normativa in materia radiotelevisiva non prende in considerazione lo specifico rapporto tra locatore e conduttore del terreno, che rimane regolato dal codice civile e dalle norme speciali sulle locazioni.

Considerato che la sentenza impugnata appare esente dai profili di doglianza dedotti, consegue il rigetto del ricorso, a cui consegue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese processuali che liquida in Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio, il 28 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2011

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