Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19986 del 10/08/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 10/08/2017, (ud. 22/06/2017, dep.10/08/2017),  n. 19986

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12036-2016 proposto da:

DEL MONTE DANIEL, elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE DI

PIETRA PAPA 21, presso lo studio dell’avvocato MAURO LONGO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE SPA, (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 190,

presso lo studio dell’avvocato DORA DE ROSE che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 22456/2015 del TRIBUNALE di ROMA, depositata

il 06/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/06/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

Fatto

RILEVATO

che:

a seguito di notifica in data 28 aprile 2010 da parte di D.M.D. dell’ordinanza di assegnazione della somma di Euro 474,43 nei confronti del terzo pignorato Poste Italiane s.p.a., unitamente all’atto di precetto recante l’importo complessivo di Euro 807,89, Poste Italiane provvide al pagamento dell’importo di Euro 474,43 con assegno datato 7 maggio 2010 e incassato il 21 giugno 2010. Avverso l’esecuzione forzata intrapresa dal D.M. propose opposizione Poste Italiane e, successivamente alla sospensione dell’esecuzione disposta dal Giudice dell’esecuzione, il Giudice di Pace di Roma accolse l’opposizione. Avverso detta sentenza propose appello D.M.D.. Con sentenza di data 6 novembre 2015 il Tribunale di Roma rigettò l’appello. Osservò il giudice di appello che, benchè l’ordinanza di assegnazione sia titolo esecutivo, il terzo pignorato non è parte del processo esecutivo e non è tenuto a conoscere gli atti dell’esecuzione, sicchè in base all’obbligo di buona fede e correttezza il creditore deve invitare il terzo ad un adempimento spontaneo in modo da evitare il pagamento delle ulteriori spese e competenze in precetto. Aggiunse che, avendo Poste Italiane documentato il pagamento entro un ristretto termine temporale, non ripetibili erano le somme richieste a titolo di spese di precetto ed illegittima era l’esecuzione forzata.

Ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi D.M.D. e resiste con controricorso la parte intimata. Il relatore ha ravvisato un’ipotesi di manifesta infondatezza del ricorso. Il Presidente ha fissato l’adunanza della Corte e sono seguite le comunicazioni di rito. E’ stata presentata memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 553 c.p.c., art. 543 c.p.c. e ss.. Osserva il ricorrente che a seguito della notifica dell’ordinanza di assegnazione il terzo pignorato diviene parte del processo esecutivo quale debitore del creditore procedente e che l’ordinanza ha efficacia di titolo esecutivo anche per le spese necessarie per la sua attuazione.

Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 1175 c.c.. Lamenta il ricorrente che secondo il giudice di merito esisterebbe una particolare tipologia di titoli esecutivi, la cui efficacia insorgerebbe solo dopo la preventiva richiesta stragiudiziale, laddove invece l’ordinanza di assegnazione è un puro e semplice titolo esecutivo.

I motivi, da trattare unitariamente in quanto connessi, sono manifestamente infondati. Vanno richiamati i principi di diritto affermati da Cass. 10 maggio 2016, n. 9390. 1) L’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione assegna in pagamento al creditore procedente la somma di cui il terzo pignorato si è dichiarato debitore nei confronti del debitore espropriato costituisce titolo esecutivo nei confronti del terzo ed a favore dell’assegnatario, ma acquista tale efficacia soltanto dal momento in cui sia portata a conoscenza del terzo assegnatario o dal momento successivo a tale conoscenza che sia specificamente indicato nell’ordinanza di assegnazione. Corollari di tale principio sono i seguenti principi. 2) Il creditore procedente potrà comunicare l’ordinanza di assegnazione al terzo ovvero potrà notificargli lo stesso provvedimento in forma esecutiva; ma, in tale seconda eventualità, non potrà essere contestualmente intimato il precetto, risultando inapplicabile il disposto dell’art. 479 c.p.c., comma 3. 3) Se l’ordinanza di assegnazione viene notificata al terzo in forma esecutiva contestualmente all’atto di precetto, senza che gli sia stata preventivamente comunicata nè altrimenti resa nota, è inapplicabile l’art. 95 c.p.c. e le spese sostenute per il precetto restano a carico del creditore procedente. Il corrispondente vizio del precetto, per la parte in cui sono pretese tali spese, può essere fatto valere mediante opposizione all’esecuzione, in quanto si contesta il diritto del creditore di procedere esecutivamente per il rimborso delle somme auto-liquidate nel precetto.

Più di recente Cass. 24 maggio 2017, n. 13112 ha affermato che l’ordinanza di assegnazione, costituendo titolo esecutivo nei confronti del terzo, può essere notificata unitamente al precetto, ma se nella stessa viene fissato un termine, decorrente dalla notifica, per effettuare il pagamento, il terzo che adempia entro la scadenza non può essere tenuto a sopportare le spese del precetto, ove intimate, perchè superflue ed in quanto il credito, se ancora sussistente, non era eseguibile al momento del precetto.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1 – quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

 

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 330,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2017

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