Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19982 del 21/09/2010

Cassazione civile sez. III, 21/09/2010, (ud. 10/06/2010, dep. 21/09/2010), n.19982

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 22655/2009 proposto da:

M.V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GIOVANNI BARRACCO 5/A, presso lo studio dell’avvocato ANTONIETTA

TARANTINO, rappresentata e difesa dall’avvocato CASULLI GAIO VITINIO,

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

GIULIANA 35, presso lo studio dell’avvocato MIGNATTI ELISABETTA,

rappresentato e difeso dall’avvocato SCORCIA SCIPIONE, giusta procura

speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2451/2008 del TRIBUNALE di BARI del 20/01/08,

depositata il 29/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/06/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA VIVALDI;

è presente il P.G. in persona del Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI.

 

Fatto

PREMESSO IN FATTO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1. – E’ chiesta la cassazione della sentenza emessa dal tribunale di Bari in data 20.10.2008 e depositata il 29.10.2008 in materia di opposizione all’esecuzione.

Preliminarmente va dato atto della correttezza del mezzo di impugnazione proposto, posto che la sentenza emessa a seguito di opposizione all’esecuzione – nel regime previsto dall’art. 616 cod. proc. civ., nel testo vigente a seguito della modifica intervenuta con la L. 24 febbraio 2006, n. 52, art. 14, comma 1, applicabile ratione temporis nella specie – può essere impugnata solo con il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7 (v. anche Cass. 29.1.2010 n. 2043).

Il ricorso contiene tre motivi.

I motivi rispettano i requisiti richiesti dall’art. 366 bis c.p.c..

La cassazione vi è chiesta per violazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 50 bis c.p.c., n. 5, artt. 158, 282, 32 c.p.c., art. 329 c.p.c., comma 2, art. 373 c.p.c.) ed omessa pronuncia.

I quesiti posti alla Corte sono esposti alle pagg. 9, 21 e 23-24 del ricorso.

Il ricorso può essere trattato in Camera di consiglio (art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5) ed accolto perchè fondato sulla base dei seguenti rilievi.

Con il primo motivo la ricorrente propone profili di censura legati a questioni relative al titolo di formazione giudiziale, ovverosia la sentenza n. 610/05 emessa dal tribunale di Bari, e ritenuta dall’odierna ricorrente, con l’opposizione all’esecuzione proposta, non munita di efficacia esecutiva provvisoria.

Con il secondo motivo propone profili di censura legati alla esecutorietà del capo relativo alla condanna alle spese contenuta nella sentenza, non di condanna, sopra indicata, costituente il titolo per l’esecuzione promossa in danno dell’odierna ricorrente.

Con il terzo motivo la ricorrente propone profili di censura in ordine alla statuizione del giudice del merito, che non ha ritenuto di accogliere la richiesta di cessazione della materia del contendere ed estinzione dell’azione esecutiva, per essere stata la sentenza di primo grado n. 610 del 2005 riformata, in sede di impugnazione, con la sentenza n. 385 in data 5.4.2 007, con la quale la Corte d’Appello ha compensato “integralmente tra le parti le spese del doppio grado del giudizio”.

Il terzo motivo, per la priorità logico-giuridica delle questioni con lo stesso trattate, va esaminato per primo.

Esso è fondato.

Con la pronuncia in questa sede impugnata il tribunale ha così motivato: “…Per tali ragioni va riconosciuta la legittimità dell’esecuzione, alla data di avvio della stessa, con conseguente rigetto dell’opposizione”, precisando “Non può del resto pervenirsi allo stato a declaratoria di cessazione della materia del contendere, in relazione alla disposta riforma sul punto della statuizione del giudice di primo grado per effetto della pronuncia n. 385/2007 della Corte d’Appello di Bari, in quanto la sentenza, ancorchè esecutiva, non risulta ancora passata in giudicato, sicchè allo stato l’azione esecutiva dovrà essere nuovamente sospesa per la sopravvenuta, provvisoria, caducazione del titolo”.

La statuizione in questo senso adottata è errata. Al riguardo va enunciato il seguente principio di diritto:

“In base all’art. 336 c.p.c., comma 2, come modificato dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, – per il quale la riforma o la cassazione estende i suoi effetti ai provvedimenti e agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata – la sentenza di primo grado, provvisoriamente esecutiva in ordine al capo concernente le spese giudiziali, riformata dal giudice di appello con la compensazione integrale delle stesse con riferimento ai giudizi di primo e secondo grado, per effetto di tale riforma perde l’efficacia di titolo esecutivo, in relazione sia alle eventuali statuizioni di merito, sia a quelle relative alle spese in essa contenute; con la conseguenza che il processo esecutivo, iniziato sulla base del titolo esecutivo costituito dalla sentenza di primo grado provvisoriamente esecutiva, non può essere proseguito, ed i relativi atti restano caducati: e ciò deve essere dichiarato dal giudice dell’opposizione all’esecuzione che sia stata proposta.

Il successivo, eventuale nuovo accoglimento della domanda di condanna, pronunciato, a seguito della cassazione della sentenza di appello, dal giudice di rinvio, può fondare il diritto ad una nuova esecuzione forzata, ma non può comportare una ripresa dell’originario processo esecutivo (v. anche Cass. ord. 12.3.2009 n. 6042; Cass. 24.5.2006 n. 12364)”.

Il giudice dell’opposizione all’esecuzione, quindi, avrebbe dovuto accogliere l’opposizione all’esecuzione forzata proposta, e non rigettarla.

Gli ulteriori motivi restano assorbiti dalle conclusioni raggiunte.

Conclusivamente, va accolto il terzo motivo, vanno dichiarati assorbiti gli altri; e la sentenza impugnata va cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con l’accoglimento dell’opposizione all’esecuzione proposta”.

La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti.

Non sono state presentate conclusioni scritte, nè alcuna delle parti è stata ascoltata in Camera di consiglio.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.

Conclusivamente, il ricorso deve essere accolto, la sentenza cassata e, pronunciando nel merito, va accolta l’opposizione all’esecuzione proposta.

Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo, vanno poste a carico solidale dei resistenti.

PQM

La Corte accoglie il ricorso. Cassa e, decidendo nel merito, accoglie l’opposizione all’esecuzione. Condanna i resistenti in solido al pagamento delle spese che liquida, per il giudizio di primo grado, in Euro 1.800,00 per diritti ed Euro 1.200,00 per onorari, e, per il giudizio di cassazione, in complessivi Euro 2.200,00 di cui Euro 2.000,00 per onorari; il tutto oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 10 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2010

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