Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19980 del 24/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 24/07/2019, (ud. 27/03/2019, dep. 24/07/2019), n.19980

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 13012/2015 proposto da:

SYNDIAL s.p.a., (P.IVA: (OMISSIS)) in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti

Prof. Marco Miccinesi e Prov. Francesco Pistolesi, del Foro di

Firenze, con domicilio eletto presso l’Avv. Prof. Marcello Clarich,

con studio in Roma in via Liegi n. 32;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12,

domicilia;

– controricorrente –

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12,

domicilia;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro n. 1619/2014,

pronunciata il 7 novembre 2014 e depositata il 12 novembre 2014;

udita la relazione svolta nell’udienza del 27 marzo 2019 dal

Consigliere Fabio Antezza;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Ettore

Pedicini, che ha concluso per l’inammissibilità o, in subordine,

l’infondatezza del ricorso;

udito, per il ricorrente, l’Avv. Simone Giananneschi (per l’Avv.

Francesco Pistolesi) che ha insistito nel ricorso;

udito, per i controricorrenti, l’Avv. Giulio Bacosi (dell’Avvocatura

Generale dello Stato) che ha insistito nel controricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il contribuente ricorre, con un motivo, per la cassazione della sentenza (indicata in epigrafe) di accoglimento dell’appello proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (M.E.F.) e dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (A.D.) avverso la sentenza n. 2016 del 2005 emessa dal Tribunale di Catanzaro. Quest’ultima, a sua volta, aveva accolto la domanda di rimborso delle somme versate a titolo di addizionale all’imposta sull’energia elettrica (dal 1989 al 1992). Le Amministrazioni resistono con unico atto di controricorso.

2. Dalla sentenza impugnata oltre che dagli atti di parte emerge quanto segue circa i fatti di causa.

3. Il contribuente propose all’Amministrazione finanziaria domanda di rimborso delle addizionali pagate (dal 1989 al 1992) sull’energia elettrica ai sensi del D.L. 30 settembre 1989, n. 332, ex art. 4 (conv. dalla L. 27 novembre 1989, n. 384), adducendo l’utilizzo della stessa come materia prima nel processo di produzione del fosforo. In particolare, la pretesa era fondata sull’esclusione, con efficacia retroattiva, dall’assoggettamento a detta addizionale d’imposta l’energia elettrica utilizzata come materia prima nei processi industriali elettrochimici ed elettrometallurgici, ai sensi del D.L. 28 giugno 1995, n. 250, ex art. 4 (conv., con modif., dalla L. 8 agosto 1995, n. 349 e successivamente abrogato dalla L. 23 dicembre 2000, n. 388).

Rigettata l’istanza, il contribuente convenne in giudizio l’Amministrazione finanziaria, con atto di citazione innanzi al Tribunale di Catanzaro.

4. All’esito del giudizio di primo grado, per quanto ancora rileva in questa sede, fu accolta la domanda, avendo il Giudice ritenuto accertato, anche all’esito di espletata CTU, che trattavasi di energia elettrica costituente materia prima nella produzione del fosforo.

5. La Corte territoriale, invece, con sentenza oggetto di attuale impugnazione, riformò la decisione di primo grado in accoglimento dell’appello proposto dal M.E.F. e dall’A.D. Essa ritenne che l’energia elettrica, nella specie, fosse stata utilizzata, nel processo di produzione del fosforo, non quale materia prima bensì con funzione meramente termica o di riscaldamento (quindi sostituibile), al fine di favorire l’innesco ed il mantenimento del processo stesso, creando le condizioni di temperatura idonea (nel modo più efficiente possibile in quel momento storico). Quanto innanzi fu statuito condividendo l’esito di ulteriore CTU (espletata in secondo grado), che aveva concluso nei detti termini anche muovendo dalla ricostruzione storica del processo di produzione di fosforo negli ultimi tre secoli (“… il processo di produzione del fosforo giallo con il forno ad arco elettrico non è esclusivo, perchè nel passato è stata utilizzata differente tecnica…”).

La Corte d’Appello, in particolare, argomentò dal principio della non soggezione all’addizionale sull’energia elettrica impiegata negli opifici industriali, alla luce della norma interpretativa dettata dal D.L. n. 250 del 1995, cit. art. 4, solo limitatamente all’ipotesi di uso dell’energia “come materia prima” nei procedimenti elettrochimici ed elettrometallurgici, ivi comprese le lavorazioni siderurgiche e delle fonderie, e non anche nel caso di uso della stessa in funzione di riscaldamento, quindi sostituibile riferimento, esplicito, fu, in particolare a Cass. sez. 5, 08/09/2008, n. 22566, Rv. 604698-01).

6. Contro la sentenza d’appello il contribuente propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, mentre il M.E.F. e l’A.D. resistono con controricorso, con il quale prospettano non solo infondatezza del motivo proposto ma anche la sua inammissibilità.

In sede di discussione le parti concludono come riportato in epigrafe.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In ricorso non merita accoglimento.

2. Con l’unico motivo di ricorso, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si deducono violazione e falsa applicazione del D.L. n. 332 del 1989, art. 4, commi 1 e 3, (conv. dalla L. n. 384 del 1989) e del D.L. n. 250 del 1995, art. 4 (conv., con modif., dalla L. n. 349 del 1995).

In sostanza, nella parte in cui è ammissibile non risolvendosi in valutazioni di merito che si vorrebbero sostituire a quelle del giudice di merito circa l’accertamento della fattispecie concreta, il ricorrente prospetta un errore di (non) sussunzione della fattispecie nella previsione astratta di cui al D.L. n. 250 del 1995, cit. art. 4. In particolare, il Giudice avrebbe errato nel non ritenere operante l’esenzione dall’addizionale nonostante trattavasi nella specie, quello di produzione del fosforo, di processo elettrochimico, con la conseguenza che, sempre a detta del ricorrente, l’energia utilizzata sarebbe dovuta essere considerata quale materia prima.

2.1. Il motivo in esame è infondato, nei detti limitati profili per i quali è ritenuto ammissibile.

Questa Corte ha chiarito che il principio della non soggezione all’addizionale sull’energia elettrica impiegata negli opifici industriali, alla luce della norma interpretativa dettata dal D.L. n. 250 del 1995, cit. art. 4, è operante limitatamente all’ipotesi di uso dell’energia “come materia prima” nei procedimenti elettrochimici ed elettrometallurgici, ivi comprese le lavorazioni siderurgiche e delle fonderie, e non anche nel caso di uso della stessa in funzione di riscaldamento.

Il riferimento è, in particolare, ex plurimis, a Cass. sez. 1, 22/11/2004, n. 22021, Rv. 579061-01, che, in fattispecie nella quale l’energia elettrica veniva utilizzata in una fase, preliminare, di fusione dei residuati di alluminio, cui seguiva una seconda fase di tranciatura del metallo fuso al fine di produrre dischi del medesimo alluminio, ha anche chiarito che gravato dell’onere della prova dell’utilizzo dell’energia elettrica come materia prima insostituibile e non com semplice fonte di produzione del calore ed, in quanto tale, sostituibile, è colui il quale invoca l’esenzione dall’addizionale.

Il principio in oggetto, già sancito da Cass. sez. 1, 26/06/1999, Rv. 528030-01, è stato ribadito anche da Cass. sez. 5, 08/09/2008, n. 22566, Rv. 604698-01. Essa, nella specie, ha cassato la sentenza impugnata, la quale aveva ritenuto applicabile l’esenzione, pur essendo stato accertato l’utilizzo dell’energia elettrica – nell’ambito di un processo produttivo relativo all’attività di stampaggio a caldo di spezzoni di barre di acciaio per la produzione di pezzi di volume e di forma come richieste dalla clientela – quale fonte di riscaldamento per rendere la parte esterna del pezzo da modellare più duttile, così da consentire al pezzo ammorbidito dal calore di acquisire la forma voluta sotto l’azione della pressa, e pertanto non come materia prima insostituibile, ma come semplice fonte di produzione del calore ed, in quanto tale, sostituibile.

Parimenti, Cass. sez. 5, 18/03/2009, n. 6542, Rv. 607506-01, in applicazione del principio, ha escluso l’applicabilità dell’esenzione per i processi industriali di “grafitazione” che utilizzano l’energia elettrica come materia prima per disaggregare il carbone, non essendo essi riconducibili alla fattispecie prevista dal D.L. n. 250 del 1995, cit. art. 4 ed essendo esclusa la possibilità di un’interpretazione analogica delle disposizioni in tema di esenzioni tributarie. Cass. sez. 5, 29/12/2011, n. 29568, Rv. 621049-01, invece, in applicazione del principio, ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto applicabile l’esenzione, in un caso in cui l’energia elettrica era stata utilizzata per la produzione di “particolari” metallici di acciaio mediante stampaggio a caldo, onde modificare non solo la forma esteriore della massa metallica ma anche la struttura intrinseca, e cioè il “reticolo di cristallizzazione”, come da risultanze della CTU.

2.2. La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione del principio di cui innanzi laddove, all’esito di giudizio di fatto espresso anche in forza delle risultanze della CTU rinnovata in sede d’appello, ha ritenuto, nella specie, l’energia elettrica utilizzata, nel processo di produzione del fosforo (con il forno ad arco elettrico), non quale materia prima bensì con funzione meramente termica o di riscaldamento (quindi sostituibile), al fine di favorire l’innesco ed il mantenimento del processo stesso, creando le condizioni di temperatura idonea (nel modo più efficiente possibile con riferimento al relativo momento storico).

3. In conclusione, il ricorso è rigettato con condanna del ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità che si liquidano in complessivi Euro 15.600,00, oltre spese prenotate a debito, in virtù dei parametri ratione temporis applicabili e delle relative percentuali di aumento (trattandosi di difesa di più parti sostanzialmente nella medesima posizione processuale).

Sussistono altresì i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2001, n. 115, art. 13, comma 1 quater (aggiunto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17) per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (medesima L. n. 228, ex art. 18, in quanto procedimento civile di impugnazione iniziato dal trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della cit. L. n. 228 del 2012, cioè a decorrere dal 31 gennaio 2013).

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità, in favore dei controricorrenti, che si liquidano in complessivi Euro 15.600,00 oltre spese prenotate a debito, dando atto della sussistenza dei presupposti, di cui al D.P.R. n. 115 del 2001, art. 13, comma 1 quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norme dallo stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 27 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2019

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