Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19980 del 23/09/2020

Cassazione civile sez. lav., 23/09/2020, (ud. 21/07/2020, dep. 23/09/2020), n.19980

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4246-2015 proposto da:

P.D., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE

CLODIO 14, presso lo studio dell’avvocato BRUNO MANTOVANI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MASSIMO DI CELMO;

– ricorrente –

contro

– INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso la

sede legale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati

TERESA OTTOLINI e LUCIANA ROMEO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8039/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 13/11/2014, R.G.N. 1759/2011.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. con sentenza in data 13 novembre 2014, la Corte di Appello di Napoli ha dichiarato inammissibile il gravame proposto oltre il termine breve d’impugnazione e ha compensato le spese del giudizio in considerazione della natura e peculiarità della vicenda processuale, definita con pronuncia in rito;

2. avverso tale sentenza P.D. ha proposto ricorso, affidato ad un motivo, al quale ha opposto difese l’INAIL, con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

3. deducendo violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., come modificati dalla L. n. 263 del 2005 e dalla L. n. 69 del 2009, dell’art. 112 c.p.c., e omesso esame di un fatto decisivo, il ricorrente censura il malgoverno delle spese processuali nel giudizio di gravame e la disposta compensazione in vicenda, diversamente da quanto argomentato dalla Corte territoriale, non connotata da alcun profilo di peculiarità atteso l’esito, con decisione in rito, sul gravame interposto in violazione di termini perentori;

4. il ricorso è da accogliere;

5. nel ricorso all’esame, in assenza di una reciproca soccombenza, si discute della sussumibilità delle ragioni indicate nella motivazione tra le ipotesi di “gravità ed eccezionalità” normativamente prevista;

6. l’art. 92 c.p.c., comma 2, (nella formulazione introdotta dalla L. n. 263 del 2005 e poi modificata dalla L. n. 69 del 2009, ratione temporis applicabile in quanto il ricorso introduttivo di primo grado è stato proposto successivamente all’entrata in vigore di quest’ultima legge) legittima la compensazione delle spese di giudizio, ove non sussista reciproca soccombenza, solo in presenza di “gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione”;

7. la richiamata disposizione costituisce una norma elastica che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico – sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili a priori, ma da specificare, in via interpretativa, da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche (v. Cass., Sez. U., n. 2572 del 2012; v., fra le più recenti, Cass. nn. 9977 e 21157 del 2019);

8. nell’ipotesi in cui siano esplicitate, in motivazione, le ragioni della statuizione è comunque necessario che non siano illogiche o erronee, dovendosi ritenere altrimenti sussistente il vizio di violazione di legge (v., fra le altre, Cass. n. 11222 del 2016);

9. nella specie, la definizione in rito del gravame non è connotata dalla gravità ed eccezionalità richiesta dalla norma nè i giudici del gravame hanno dato corso alla verifica giudiziale necessaria a superare profili di obiettiva e grave incertezza in ordine alla domanda azionata e al tema devoluto con il gravame;

10. quanto alla liquidazione delle spese, secondo la regola della soccombenza, in continuità con il principio affermato da Cass., Sez. U, n. 17405 del 2012 (riaffermato, fra le altre, da Cass. n. 30529 del 2017, Cass. n. 27234 del 2018 e numerose altre coeve), si applicano i nuovi parametri, cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del decreto, che detti parametri abbia rideterminato, e si riferisca al compenso spettante al professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, ancorchè tale prestazione abbia avuto inizio, e si sia in parte svolta, vigenti le tariffe abrogate (D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, ex art. 9, comma 1, convertito in L. 24 marzo 2012, n. 27) o precedenti decreti ministeriali, evocando l’accezione omnicomprensiva di compenso la nozione di un corrispettivo unitario per l’opera complessivamente prestata;

11. il compenso evoca la nozione di un corrispettivo unitario, che ha riguardo all’opera professionale complessivamente svolta dal difensore nei pregressi gradi o fasi del processo fino al momento in cui la prestazione professionale si esaurisce;

12. tale interpretazione è del resto coerente con l’interpretazione che si dà costantemente in riferimento al momento della decisione della lite o comunque dell’esaurimento dell’affare per il cui svolgimento fu conferito l’incarico dal cliente, ai fini della decorrenza della prescrizione triennale per le competenze dovute agli avvocati (art. 2957 c.c., comma 2; v., in termini, Cass. n. 30529 del 2017 cit.);

13. nella specie, e per quanto premesso, la prestazione professionale si è completata vigente il decreto del Ministero della Giustizia 8 marzo 2018, n. 37, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 96 del 26 aprile 2018, recante modifiche al decreto 10 marzo 2014, n. 55, concernente la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense, ai sensi della L. 31 dicembre 2012, n. 247, art. 13, comma 6;

14. il ricorso va, pertanto, accolto nel profilo inerente alla violazione di legge, assorbita ogni altra censura, la sentenza va cassata in parte qua e, per non essere necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito le spese del giudizio di appello vengono regolate, secondo la regola della soccombenza, in considerazione del valore della causa, come da separato dispositivo, mentre non può provvedersi all’attribuzione, in favore dell’avvocato Massimo Di Celmo, in considerazione della non autosufficienza della relativa istanza, atteso che non vengono richiamati gli atti del giudizio di gravame da cui risulti la dichiarazione di anticipo delle spese;

15. infine, segue coerente la condanna alle spese del giudizio di legittimità, con distrazione in favore degli avvocati Massimo Di Celmo e Bruno Mantovani, dichiaratisi antistatari.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in parte qua e, decidendo nel merito, condanna l’INAIL al pagamento delle spese del giudizio di appello, liquidate in Euro 5.600,00 per compensi professionali, oltre Euro 200,00 per esborsi e accessori di legge; condanna l’INAIL al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 6.000,00 per compensi professionali, oltre Euro 200,00 per esborsi e oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge, con distrazione in favore degli avvocati Massimo Di Celmo e Bruno Mantovani dichiaratisi antistatari.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 21 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2020

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