Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19979 del 30/08/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 19979 Anno 2013
Presidente: TRIFONE FRANCESCO
Relatore: CARLEO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 26510-2007 proposto da:
GIACINO ANTONIO GCNNTN38A02L781E,

GIACINO VITO

GCNVTI72A26L781X, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato
PANARITI BENITO, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato GIACINO ANTONIO difensore di
2013

sè medesimo, giusta delega in atti;
– ricorrenti –

1577
contro

RICCI

ADELMO

RCCDLM32L21D486G,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA FRANCESCO DENZA 27, presso

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Data pubblicazione: 30/08/2013

lo studio dell’avvocato PIPERNO PAOLO,
rappresenta

e

difende

unitamente

che lo

all’avvocato

REGGIANINI ANDREA giusta delega in atti;
– controricorrente nonchè contro

ORTOLI MASSIMILIANO, BALDERI LUCIA, PALETTA VITTORIA;
– intimati –

avverso la sentenza n. 73/2007 della CORTE D’APPELLO
di BOLOGNA, depositata il 05/03/2007, R.G.N.
2712/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/07/2013 dal Consigliere Dott. GIOVANNI
CARLEO;
udito l’Avvocato BENITO PANARITI;
udito l’Avvocato ROSSELLA CINI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per il
rigetto del ricorso;

ROTELLA TOMMASO, PROSPERI STEFANO, ORTOLI ROBERTO,

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione ritualmente notificata Balderi Lucia, Prosperi
Stefano, Giacino Vito, Giacino Antonio, Ortoli Roberto, Ortoli
Massimiliano e Rotella Tommaso convenivano dinanzi al Pretore
di Modena Ricci Adelmo, esponendo che con contratto del

appartamento allo scopo dichiarato di soddisfare proprie
esigenze abitative di carattere transitorio. Aggiungevano che,
al momento della stipulazione del contratto, il Ricci era
consapevole del fatto che l’appartamento sarebbe stato in
realtà utilizzato dal figlio della conduttrice (Prosperi
Stefano, studente universitario) e dagli altri attori,
anch’essi studenti universitari presso l’università di Modena e
che il canone era stato contrattualmente stabilito in misura
superiore a quella del canone “equo” previsto dalla legge per
le ordinarie locazioni abitative. Ciò premesso, chiedevano la
condanna del Ricci alla restituzione delle eccedenze
indebitamente pagate, pari alla somma complessiva di L.
26.871.787. Il convenuto contestava la domanda, che fu
rigettata dal Pretore con sentenza del 19/6/1997. Su appello
della Balderi e degli altri attori il Tribunale di Modena, con
sentenza del 21/4/1999, in riforma della sentenza del Pretore,
condannava il Ricci al pagamento della somma pretesa “ex
adverso”, osservando che, in violazione dell’art. 26 della
legge 271/1978, n. 392, il canone pagato dalla Balderi aveva
ecceduto il limite di legge. Avverso tale decisione proponeva

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28/10/1992 la Balderi aveva assunto in conduzione dal Ricci un

ricorso per cassazione il Ricci denunziando la violazione degli
artt. 26 lett. a) e 79 legge n. 392 del 1978 e 1419 Cod. Civ in
quanto il Tribunale aveva contraddittoriamente affermato che il
contratto di locazione, quantunque fosse formalmente stipulato
per soddisfare esigenze abitative transitorie della conduttrice

volontà dei contraenti di destinare l’appartamento al
soddisfacimento delle esigenze stabili di studio del figlio
della conduttrice e degli altri studenti che concretamente vi
avrebbero abitato, non poteva ritenersi simulato. La Suprema
Corte, in accoglimento del predetto motivo, rilevando
insanabile contraddizione nella motivazione della sentenza del
tribunale, cassava la decisione impugnata, rinviando alla Corte
di appello di Bologna anche per la liquidazione delle spese
della lite in sede di legittimità. Riassumevano la causa
Balderi Lucia, Prosperi Stefano, Giacino Vito, Giacino Antonio,
Ortoli Roberto, Ortoli Massimiliano e Rotella Tommaso
proponendo la rivalutazione delle emergenze istruttorie in
funzione della ritenuta simulazione del contratto. stipulato
per esigenze transitorie, sostenendo che il contratto realmente
voluto dalle parti emergeva dalla contestuale scrittura,
predisposta dall’agente immobiliare incaricato dalla proprietà,
sottoscritta da tutti i genitori e recante nel retro la
sottoscrizione del medesimo agente. In esito al giudizio, in
cui si costituiva il Ricci richiedendo il rigetto delle
domande, la Corte di appello di Bologna con sentenza

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Balderi e quantunque fosse in realtà espressione della comune

depositata in data 5 marzo 2007 confermava la sentenza emessa
dal Pretore di Modena e provvedeva al governo delle spese.
Avverso la detta sentenza Vito Giacino ed Antonio Giacino hanno
quindi proposto ricorso per cassazione articolato in quattro
motivi ed illustrato da memoria. Resiste il Ricci con

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con la prima doglianza,

deducendo la violazione e la falsa

applicazione di norme di diritto, parte ricorrente ha censurato
la sentenza impugnata per aver la Corte di Appello,
erroneamente, ritenuto che la domanda, proposta da essi
ricorrenti nel giudizio di rinvio, avente ad oggetto la
simulazione del contratto, costituisse mutamento della domanda
originaria. Ed infatti, la Corte – così continua la doglianza avrebbe trascurato che i ricorrenti con le domande ex artt.44 e
45 legge n.392/78 avevano, se non altro implicitamente, svolto
una domanda di simulazione per interposizione fittizia della
Balderi nella veste di effettivo conduttore.
La censura è inammissibile per svariate ragioni. Ed invero, in
primo luogo, mette conto di sottolineare che i ricorrenti, pur
deducendo di aver ” fin col deposito dei ricorsi ex artt.44-45
legge n.392/78, introdotto sostanzialmente la domanda di
simulazione del contratto per esigenze transitorie”,

si sono

ben guardati dal riportare nel ricorso per cassazione il
contenuto degli atti richiamati oppure di riportarne i passi
essenziali, non essendo sufficiente a riguardo la mera

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controricorso.

deduzione e non essendo possibile sopperire a tali lacune con
indagini integrative, mediante l’accesso a fonti esterne, che
resta precluso alla Corte di cassazione. Invero, il ricorso per
cassazione in ragione del principio di cosiddetta
“autosufficienza” – deve contenere in sé tutti gli elementi

cassazione della sentenza di merito ed, altresì, a permettere
la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la
necessita’ di accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e,
quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di
merito. E ciò, anche in ipotesi di

error in procedendo per il

quale la Corte di cassazione è giudice anche del fatto
processuale, in quanto non è consentita al giudice della
legittimità una autonoma ricerca degli atti, ma solo una
verifica del loro contenuto, riportato negli atti difensivi.
Ma vi è di più. Ulteriore ragione di inammissibilità della
doglianza si fonda sul rilievo che i ricorrenti, pur deducendo
un preteso vizio di violazione di legge, non solo hanno omesso
di indicare le norme di legge che sarebbero state violate, ma
hanno operato un’irrituale commistione tra simulazione relativa
oggettiva, riguardante cioè elementi singoli del contratto o
una singola clausola del medesimo, e quella soggettiva,
riguardante invece il caso della interposizione simulata di un
soggetto del contratto.
Ed invero, da una parte hanno affermato di aver ”
deposito dei ricorsi ex

fin col

artt.44-45 legge n.392/78, introdotto

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necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la

sostanzialmente la domanda di simulazione del contratto per
esigenze transitorie”

(cfr pag.10 del ricorso), con chiaro

riferimento alla divergenza fra situazione reale e situazione
apparente in relazione al profilo oggettivo del carattere
transitorio, e, dall’altra, hanno invece dedotto che la domanda

ritenuto la Corte di merito, perché, se un conduttore, non
intestatario del contratto, cita in giudizio il locatore
chiedendone la condanna alla restituzione del maggior canone
corrispostogli, implicitamente propone una domanda di
accertamento della simulazione relativa soggettiva (cfr quesito
di diritto), con chiaro riferimento quindi al diverso profilo
della simulazione soggettiva. Ne deriva l’inammissibilità della
censura in esame.
Passando alle due successive doglianze, entrambe articolate
sotto il profilo del vizio motivazionale (la Corte bolognese
non avrebbe esattamente e congruamente valutato gli atti cui
gli appellanti si erano richiamati in sede di riassunzione
(seconda doglianza); la Corte sarebbe incorsa nel vizio dedotto
per non aver tenuto conto delle risultanze della sentenza
penale n.1686/2002 del Tribunale di Modena, contenente la
confessione dello Zanetti alla P.G. secondo cui tutte le parti
del contratto erano a conoscenza fin dal principio che
l’appartamento era destinato alle esigenze abitative dei
quattro studenti (terza doglianza), va rilevato che nessuna

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introdotta nel giudizio di rinvio non sarebbe nuova, come ha

delle due doglianze è corredata dal necessario momento di
sintesi.
A riguardo, deve tenersi presente che, ai sensi dell’art. 366 bis
cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6,
applicabile alle sentenze pubblicate dal 2 marzo 2006, ove sia

n. 5, così come è avvenuto nel caso di specie, la censura deve
contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di
diritto),

che ne circoscriva puntualmente i limiti, oltre a

richiedere sia l’indicazione del fatto controverso, riguardo al
quale si assuma l’omissione,

la contraddittorietà

o

l’insufficienza della motivazione sia l’indicazione delle
ragioni per cui la motivazione sarebbe inidonea a sorreggere la
decisione

(Cass.

ord.

n.

16002/2007,

n.

4309/2008

e

n.4311/2008). Ciò considerato, deve evidenziarsi che, nel
ricorso in esame, il ricorrente non solo non ha specificato il
fatto controverso ma non ha indicato neppure le ragioni di
sussistenza del vizio motivazionale.

Ora, posto che la norma

di cui all’art. 366 bis citato non può essere interpretata nel
senso che il momento di sintesi possa desumersi implicitamente
dalla formulazione del motivo di ricorso, poiché una siffatta
interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della
norma in questione, le due censure in esame, prive dei
requisiti richiesti, devono essere dichiarate inammissibili.
Resta da esaminare l’ultima doglianza, articolata sotto il
profilo della violazione e/o falsa applicazione di norme di

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4

denunciato un vizio motivazionale ai sensi dell’art. 360 c.p.c.

diritto, la quale si fonda sulla considerazione che la Corte di
Appello avrebbe violato gli artt.1414, 1415 co.2, 1417 cc, 26 e
79 legge n.392/78 trascurando che tutti i contraenti erano
consapevoli riguardo all’effettiva destinazione dell’immobile
ad uso abitativo dei quattro studenti.

riguardo, torna utile rilevare che il giudice di rinvio, con un
accertamento di fatto che è incensurabile in sede di
legittimità, ha concluso che dalle risultanze processuali non
fossero emerse prove sufficienti per poter ritenere che il
locatore fosse a conoscenza dell’intenzione della Balderi di
destinare l’immobile locato al soddisfacimento delle esigenze
abitative del figlio e degli altri studenti.
Ciò, in quanto il Ricci e la Balderi non ebbero rapporto
diretto tra loro né durante le trattative né al momento della
stipula del contratto e “i genitori dei tre studenti ulteriori
rispetto al figlio studente della stipulante Balderi” si
impegnarono pro quota per canoni ed accessori spese e forniture
soltanto nei confronti della Balderi stessa, senza avere
rapporti con il locatore.
Ciò posto, deve considerarsi che la valutazione delle
risultanze probatorie, al pari della scelta di quelle – fra
esse – ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, postula
un apprezzamento di fatto riservato in via esclusiva al giudice
di merito il quale, nel porre a fondamento del proprio
convincimento e della propria decisione una fonte di prova con

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Anche quest’ultima censura è inammissibile. Ed invero, a

esclusione di altre, nel privilegiare una ricostruzione
circostanziale a scapito di altre, non incontra altro limite
che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento,
senza essere peraltro tenuto ad affrontare e discutere ogni
singola risultanza processuale ovvero a confutare qualsiasi

Inoltre, è principio di diritto ormai consolidato quello per
cui l’art. 360 n. 3 del codice di rito non conferisce alla
corte di Cassazione il potere di riesaminare il merito della
causa, consentendo ad essa il solo controllo – sotto il
profilo logico-formale e della conformità a diritto – delle
valutazioni compiute dal giudice d’appello, al quale soltanto,
va ripetuto, spetta l’individuazione delle fonti del proprio
convincimento, scegliendo, fra esse, quelle funzionali alla
dimostrazione dei fatti in discussione.
Considerato che la sentenza impugnata appare esente dalle
censure dedotte, ne consegue che il ricorso per cassazione in
esame, siccome infondato, deve essere dichiarato
inammissibile. Segue la condanna dei ricorrenti alla rifusione
delle spese di questo giudizio di. legittimità, liquidate come
in dispositivo, alla stregua dei soli parametri di cui al D.M.
n.140/2012 sopravvenuto a disciplinare i compensi
professionali.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i
ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di

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deduzione difensiva.

legittimità che liquida, in favore del controricorrente, in
complessivi E 2.200,00 di cui C 2.000,00 per compensi, oltre
accessori di legge, ed E 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma in camera di Consiglio in data 5.7.2013

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