Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19979 del 13/07/2021

Cassazione civile sez. lav., 13/07/2021, (ud. 17/02/2021, dep. 13/07/2021), n.19979

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1597-2020 proposto da:

K.M., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA

DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ANDREA DIROMA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – Commissione Territoriale per il

Riconoscimento della Protezione Internazionale di Gorizia, in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 463/2019 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 28/06/2019 R.G.N. 445/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/02/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con sentenza n. 463/2019 la Corte di appello di Trieste ha confermato l’ordinanza del locale Tribunale di rigetto della domanda di protezione internazionale e complementare presentata da K.M., cittadino del (OMISSIS);

1.1. dalla decisione si evince che il ricorrente aveva giustificato l’allontanamento dal paese di origine con la denunzia da parte dei genitori della ragazza minorenne, rimasta incinta, con la quale aveva una relazione; il fatto denunziato costituiva in (OMISSIS) un reato molto grave per cui era ricercato dalla polizia che voleva arrestarlo; inoltre, i familiari della ragazza avevano minacciato di ucciderlo;

1.2. la Corte di merito, premesso che in sede di gravame l’appellante aveva chiesto il riconoscimento della protezione sussidiaria o in subordine umanitaria e premesso che l’appellante non aveva argomentato con specifici e circostanziati rilievi le ragioni per le quali la valutazione di non credibilità espressa dal primo giudice doveva ritenersì errata, ha escluso i presupposti per l’accoglimento del ricorso osservando che le fonti consultate escludevano con riferimento all’area di provenienza del richiedente protezione una situazione di conflitto indiscriminato tale da porre a repentaglio l’incolumità dei civili residenti e da pregiudicare loro l’esercizio dei diritti fondamentali; ha quindi ribadito la scarsa plausibilità del portato narrativo evidenziando essere rimasta indimostrata sia la minore età della donna sia la denunzia penale a carico del ricorrente per violenza sessuale su minore; quanto alla protezione umanitaria ha evidenziato che il richiedente non proveniva da una situazione di privazione dei diritti umani e di vulnerabilità atteso che in (OMISSIS) lavorava coltivando terreni di proprietà con i fratelli nel villaggio natale mentre in Italia non era dimostrata alcuna forma di integrazione e neppure condizioni di vulnerabilità in caso di rimpatrio;

non era ravvisabile un credibile pericolo di sottoposizione a pena capitale o a trattamenti inumani e degradanti, sicché era da escludersi la sussistenza dei presupposti per tale forma di protezione:

2. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso K.M. sulla base di cinque motivi; il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 2 lett. g) e art. 14 nonché omesso esame di fatti decisivi risultanti dall’istruttoria. Sostiene che, a differenza di quanto ritenuto dal giudice di appello, le COI acquisite non consentivano di escludere l’assenza in (OMISSIS) di una situazione di violenza generalizzata ai sensi dell’art. 14, lett. c);

2. con il secondo motivo deduce erronea e falsa applicazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, e dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, censurando la sentenza impugnata per avere affermato che non era rilevante la situazione dei paesi di transito, così venendo meno al dovere di cooperazione istruttoria;

3. con il terzo motivo deduce violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, e dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto il giudice d’appello, pur dando atto che dalle COI consultate risultava che la capitale del (OMISSIS), (OMISSIS), anch’essa luogo di transito del richiedente, era stata interessata da attentati, ne negava la rilevanza al fine dell’accoglimento della domanda di protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c);

4. con il quarto motivo deduce violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, e dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4 censurando la sentenza impugnata per avere affermato la non plausibilità del portato narrativo senza motivare sul punto; assume che ciò poteva essere dipeso dalla ricostruzione errata della vicenda nello storico di lite, frutto evidente di un refuso; sostiene che il racconto richiedeva di essere verificato mediante assunzione di informazioni specifiche e pertinenti, come previsto dal D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 27, in particolare sulle conseguenze in (OMISSIS) dell’avere avuto rapporti con minorenni;

5. con il quinto motivo deduce violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, e art. 19, comma 1 in combinato disposto con il D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32 e violazione dell’art. 8 CEDU. Censura il mancato riconoscimento della protezione umanitaria sia richiamando la situazione di incertezza ed insicurezza del (OMISSIS) risultante dalle COI sia lo sforzo di conseguire un’integrazione socio lavorativa, provato dalla permanenza in Italia e dal corso di studi compiuto. Evidenzia che l’assunto dell’agiatezza della vita in (OMISSIS) non trovava riscontro nelle dichiarazioni rese dal richiedente e che la regione di provenienza, a sud del Paese, era caratterizzata da carenze alimentari, da violazione dei diritti umani fondamentali, da un sistema giudiziario privo di indipendenza e non funzionante; denunzia a riguardo violazione del dovere di cooperazione istruttoria; allega la sproporzione tra il contesto di vita in Italia e il contesto di vita in (OMISSIS).

6. il primo motivo di ricorso è inammissibile. La Corte di merito ha escluso, sulla base di informazioni tratte da una pluralità di fonti che ha espressamente indicato (v. sentenza, pag. 10), la esistenza nella regione di provenienza dell’aspirante alla protezione di una situazione di violenza indiscriminata da conflitto armato; tale valutazione non risulta inficiata, come pretende il ricorrente, dal fatto che il giudice di appello ha dato atto che le medesime fonti attestavano attacchi violenti da parte di gruppi Jiahadisti in regioni al confine con Burkina Faso e Costa d’Avorio e quindi nel sud del (OMISSIS). L’accertamento della insussistenza dei presupposti per la protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c) costituisce, infatti, apprezzamento rimesso al giudice di merito il cui risultato può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti consentiti dal novellato art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. n. 23942/2020, n. 30105/2018), neppure formalmente dedotto; in realtà chi ricorre si limita a prospettare una diversa valutazione della situazione del Paese di provenienza, con una censura che attiene chiaramente ad una quaestio facti che non può essere riesaminata innanzi alla Corte di legittimità, perché si esprime un mero dissenso valutativo delle risultanze di causa e si invoca, nella sostanza, un diverso apprezzamento di merito delle stesse (Cass. n. 2563/2020);

7. il secondo motivo di ricorso è infondato. La Corte di merito ha escluso che potesse rilevare la situazione dei paesi di transito ai fini del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c) (sentenza, pag. 11); tale affermazione è coerente con le specifiche finalità della protezione sussidiaria ispirata all’esigenza di tutelare il richiedente asilo per l’ipotesi che il rientro nel paese di origine possa esporlo alla lesione di beni fondamentali e in particolare, ai sensi dell’art. 14, lett. c) cit., al pericolo derivante “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”; in tale contesto non vi è spazio per una valutazione estesa alla situazione del paese di transito che invece può rilevare ai fini della protezione umanitaria ove gli eventi traumatici ivi subiti possono concorrere ad integrare una di vulnerabilità giustificativa del permesso di soggiorno (Cass. 13565/2020, 13096/2019);

8. il terzo motivo di ricorso è infondato. Non sussiste apparenza di motivazione in quanto la Corte di merito, con argomentazione delle quali è dato percepire il fondamento logico -giuridico, ha escluso i presupposti della protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. c) per non essere, sulla base delle fonti consultate, la regione di provenienza del richiedente interessata da violenza indiscriminata puntualizzando che non era sufficiente ad integrare tale situazione il fatto che nella capitale (OMISSIS) si fossero verificati attacchi terroristici;

9. il quarto motivo di ricorso è inammissibile. La esistenza di un refuso, verosimilmente riferito ad altro provvedimento, nella redazione della sentenza non inficia le ragioni che hanno indotto il giudice di merito a confermare la valutazione di non credibilità del narrato. Tali ragioni sono riconducibili in sintesi al ritenuto difetto di specificità sul punto dell’atto di gravame (v. sentenza, pag. 9 in fine con continuazione alla pag. 10), con implicita valutazione di inammissibilità delle censure con esso articolate; tale valutazione non risulta in alcun modo investita dall’odierno ricorrente e tanto preclude ogni verifica in questa sede della questione relativa al difetto di credibilità soggettiva del richiedente;

10. il quinto motivo di ricorso è da respingere. Il motivo presenta innanzitutto un profilo di difetto di autosufficienza in quanto non sono trascritte o esposte per riassunto le allegazioni del giudizio di merito relative all’integrazione in Italia, ed alla eventuale documentazione addotta a sostegno; in ogni caso, il giudice di appello ha dato espressamente atto di avere verificato i presupposti della protezione umanitaria anche alla luce di una comparazione dei contesti di vita, escludendo che il ritorno in patria potesse comportare privazione di diritti fondamentali. Tale accertamento di fatto, ancorato a corretti parametri normativi, è frutto di apprezzamento riservato al giudice di merito che poteva essere incrinato solo dalla deduzione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, di omesso esame di fatto controverso e decisivo neppure formalmente prospettato dall’odierno ricorrente;

11. non si fa luogo al regolamento delle spese di lite non avendo il Ministero dell’Interno svolto in concreto attività difensiva;

12. sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis (Cass. Sez. Un. 23535/2019, in motivazione).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2021

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