Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19977 del 27/07/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 19977 Anno 2018
Presidente: CAMPANILE PIETRO
Relatore: MENGONI ENRICO

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27116/2011 R.G. proposto da
Cattaneo Emilio, nella qualità di titolare dell’omonima ditta individuale,
rappresentato e difeso dagli Avv. Cecilia Estrangeros ed Angelo Vaccaro,
come da procura speciale in calce al ricorso, elettivamente domiciliato in
Roma, via Crescenza n. 25, presso lo studio dell’Avv. Antonio Ieradi
Ricorrente
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, elettivamente
domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura generale
dello Stato, che la rappresenta e difende
Controricorrente

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia
n. 74/24/11, depositata il 24/5/2011
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/6/2018
dal consigliere Enrico Mengoni;

Data pubblicazione: 27/07/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 10/5/2011, la Commissione tributaria regionale della
Lombardia respingeva l’appello proposto da Emilio Cattaneo avverso la pronuncia
emessa il 4/6/2010 dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, con la
quale era stato rigettato il ricorso avverso un avviso di accertamento emesso
dall’Agenzia delle Entrate con riferimento all’anno di imposta 2004 in relazione a
maggior IRPEF, addizionale regionale IRPEF, contributi previdenziali INPS, IRAP

maggior reddito conseguito dal contribuente nel periodo di interesse – per
l’importo di 54.838,00 euro -, come da studio di settore congruamente applicato.
Al contempo, la Commissione regionale accoglieva l’appello incidentale proposto
dalla Agenzia delle Entrate, condannando il Cattaneo alla rifusione delle spese di
entrambi i gradi di giudizio.
2. Propone ricorso per cassazione il Cattaneo, a mezzo del proprio difensore,
deducendo i seguenti motivi:
– omessa motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360, comma
1, n. 5, cod. proc. civ.). L’Agenzia delle Entrate, dopo aver convocato il
contribuente per il contraddittorio e ricevuto da questi documentazione contabile,
avrebbe direttamente emesso l’avviso di accertamento, senza variare le proprie
conclusioni e, di fatto, privando il Cattaneo della possibilità di accedere all’istituto
dell’accertamento per adesione. Tale questione, invero “importante, pregnante e
decisiva”, non sarebbe stata neppure menzionata nella sentenza impugnata;
– violazione degli artt. 10, comma 1, 12, comma 4, I. 27 luglio 2000, n. 112.
Il citato comportamento dell’Agenzia avrebbe leso il principio in forza del quale i
rapporti tra contribuente e fisco debbono esser improntati a buona fede, tanto
che il limitato contraddittorio – imposto dal legislatore – avrebbe comportato
anche la mancata compilazione di un verbale di chiusura nel quale si desse atto
delle osservazioni del contribuente.
3. L’Agenzia delle Entrate ha proposto rituale controricorso, con il quale ha
chiesto il rigetto della domanda avversa, attesane l’infondatezza manifesta e
l’evidente pretestuosità.
Con requisitoria scritta, il Procuratore generale presso questa Corte ha
chiesto dichiarare inammissibile il gravame.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso risulta manifestamente infondato.

2

ed IVA; in particolare, la sentenza dichiarava corretta la determinazione di

La doglianza proposta, infatti, emerge palese nella sua genericità, laddove con reiterati argomenti – si limita ad affermare che il contribuente sarebbe stato
privato del dovuto contraddittorio e che l’Agenzia delle Entrate non lo avrebbe
posto in condizione di proporre eventuali osservazioni, sì precludendogli
l’esercizio del diritto di difesa.
Attraverso tale generica censura, tuttavia, il contribuente trascura il
contenuto della decisione impugnata, nella quale – con adeguato argomento ed
assenza dei vizi denunciati – la Commissione regionale ha confermato che: a) i

dall’applicazione degli studi di settore, sì da giustificarne una effettiva
determinazione presuntiva; b) il Cattaneo, invitato a comparire per instaurare il
contraddittorio (anche nell’ottica di un eventuale accertamento con adesione),
aveva prodotto la documentazione sollecitata dall’Ufficio, analiticamente riportata
alla pag. 3 della sentenza; c) in forza di questa, erano stati individuati effettivi
indici di maggiore produzione e di maggiori ricavi (in particolare, l’aumento di
spese per personale dipendente, in uno con i flussi di acquisto e vendita di
prodotti finiti); d) in esito a tale ulteriore verifica, e ritenuto che il contribuente
non avesse fornito elementi idonei a confutare le risultanze dello studio di
settore (di cui, diffusamente, alla pag. 3), erano state quindi confermate le
presunzioni legali (relative) dell’Ufficio, nei termini della gravità, precisione e
concordanza.
Argomenti del tutto congrui, fondati su concrete emergenze istruttorie e
completamente esclusi dal presente ricorso; con il quale, infatti, il Cattaneo si è
limitato – nei termini sopra richiamati – a censurare un’astratta e formale
assenza di contraddittorio, senza però curarsi di confutare le analitiche
conclusioni alle quali sono pervenute le Commissioni di merito, tali da giustificare
l’avviso di accertamento originariamente impugnato.
Il ricorso, pertanto, deve esser dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in
dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità,
che liquida in euro 5.000,00 a titolo di compenso, oltre spese

enotate a debito.

Così deciso in Roma, il 13 giugno 2018
Il Pr

,

ente

ricavi dichiarati per il periodo di imposta 2004 erano inferiori a quelli derivanti

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