Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19974 del 27/07/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 19974 Anno 2018
Presidente: CAMPANILE PIETRO
Relatore: MENGONI ENRICO

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21921/2011 R.G. proposto da
Nuova Distribuzione s.n.c. dei Fratelli Catanzaro Cosimo, Santo Eupremio e Luigi, in
persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Roma, via dei Gracchi
n. 151, presso lo studio dell’Avv. Francesco Segreto, che la rappresenta e difende unitamente all’Avv. Filomeno Montesarsi – come da procura speciale in calce al ricorso

Ricorrente
contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in
Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta
e difende
Controricorrente

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione distaccata
di Lecce, n. 70/22/11, depositata il 4/3/2011
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/6/2018 dal consigliere
Enrico Mengoni;

Data pubblicazione: 27/07/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 1°/10/2011, la Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione
distaccata di Lecce, accoglieva l’appello dell’Agenzia delle Entrate avverso la pronuncia emessa
il 20/6/2005 dalla Commissione tributaria provinciale di Brindisi, così rigettando il ricorso
proposto dalla “Nuova Distribuzione s.n.c. dei Fratelli Catanzaro Cosimo, Santo Eupremio e
Luigi” avverso una cartella di pagamento emessa per recupero di imposta, in esito ala revoca

2.

Propone ricorso per cassazione la società menzionata, in persona del legale

rappresentante, deducendo i seguenti motivi:
– violazione e falsa applicazione del d. Igs. n. 6 del 2003, nella parte in cui ha modificato
l’art. 2495 cod. civ. La Corte di appello non avrebbe valutato che, alla cancellazione dal
registro delle imprese, seguirebbe l’estinzione delle società, comprese quelle di persona, con
conseguente nullità di eventuali atti di accertamento emessi nei loro confronti. Verrebbe meno,
dunque, la legittimazione attiva e passiva dello stesso ente, con conseguente preclusione – per
l’Ufficio – di adottare e notificare atti impositivi o anche solo istruttori che, ove anche
comunicati, sarebbero inesistenti e privi di ogni valore;
– violazione e falsa applicazione delle “norme relative alla notifica”; motivazione carente
e contraddittoria. Contrariamente a quanto affermato in sentenza, la variazione societaria – id

est: la cancellazione di “Nuova Distribuzione di Catanzaro Vincenzo e figlio s.n.c.” e la
costituzione di “Nuova Distribuzione s.n.c. dei Fratelli Catanzaro Cosimo, Santo Eupremio e
Luigi” – sarebbe stata ritualmente registrata, in uno con la modifica delle cariche sociali. Non vi
sarebbe prova, peraltro, che la nuova società avesse mai avuto conoscenza della cartella di
pagamento, poiché comunicata solo a Vincenzo Catanzaro, precedente legale rappresentante
del cessato ente e privo di cariche nel nuovo soggetto. Con violazione, quindi, dell’art. 145 cod.
proc. pen.;
– irrazionalità della condanna alle spese, ritenuta eccessiva, con omessa motivazione.
3. Si è regolarmente costituita l’Agenzia delle Entrate, chiedendo il rigetto del ricorso.
Quanto alla prima questione, se ne eccepisce innanzitutto la novità; ancora, si evidenzia che la
dedotta cancellazione della ricorrente non risulterebbe dalla banca dati della Camera di
commercio. In ogni caso, si eccepisce che il gravame sarebbe stato proposto dal cessato legale
rappresentante, come tale privo di legittimazione processuale attiva. Erronea, inoltre, sarebbe
l’affermazione della ricorrente secondo la quale la stessa avrebbe ignorato i provvedimenti
emessi dall’Agenzia delle Entrate, sì da non poter far valere le proprie ragioni; la notifica del
processo verbale di constatazione, infatti, sarebbe datata 31/7/2003, allorquando, cioè, la
società non aveva ancora modificato il proprio atto costitutivo. Al riguardo, vero è che
l’incombente sarebbe stato eseguito in mani diverse da quelle del legale rappresentante
Vincenzo Catanzaro, a ciò rifiutatosi, ma è altrettanto vero che lo stesso avrebbe gestito di
fatto la società, anche dopo l’intervenuta variazione. Quanto, infine, all’avviso di recupero

di agevolazioni fiscali dell’anno 2002 per nuove assunzioni.

impugnato, questo sarebbe stato regolarmente notificato presso la nuova sede della società, e
ricevuto da persona qualificatasi come segretaria.
La ricorrente ha presentato memoria a data 1/6/2018, pervenuta in cancelleria il
18/6/2018, quindi successivamente alla celebrazione dell’udienza camerale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con riguardo, innanzitutto, alla prima questione dedotta, ossia il difetto di
legittimazione passiva della “Nuova Distribuzione di Catanzaro Vincenzo e figlio s.n.c.”, in
quanto cancellata dal Registro delle imprese e pertanto estinta, rileva la Corte che non risulta
invero verificatosi alcun effetto ex art. 2495 cod. civ.; nel caso di specie, in particolare, come
si evince già dall’atto di appello, la società ha provveduto soltanto a modificare l’atto
costitutivo, variando la ragione sociale, trasferendo la sede sociale ed attribuendo poteri
gestori ed amministrativi a Catanzaro Cosimo, Santo Eupremio e Luigi, in luogo di Catanzaro
Vincenzo.
Ne consegue, con ogni evidenza, che il soggetto giuridico di che trattasi è rimasto
sempre lo stesso, seppur diversamente qualificato e rappresentato, tanto da conservare
l’identico numero di partita IVA; sì da escludersi ogni effetto estintivo e, con esso, l’invocato
intervento dell’art. 2495, comma 2, cod. civ.
La prima censura, pertanto, deve essere rigettata.
5. In ordine, poi, alla seconda doglianza, relativa alla notifica del provvedimento di
revoca delle agevolazioni (che sarebbe avvenuta nelle mani di un soggetto – Catanzaro
Vincenzo – che non rivestiva alcuna qualifica nella “Nuova Distribuzione s.n.c. dei Fratelli
Catanzaro Cosimo, Santo Eupremio e Luigi”), rileva il Collegio che: a) come affermato
dall’Agenzia delle Entrate e non contestato, la notifica del processo verbale di constatazione,
redatto a conclusione della verifica effettuata dall’Ufficio, era stata eseguita il 31/7/2003, ossia
in epoca precedente alla menzionata modifica dell’atto costitutivo; b) lo stesso processo
verbale non era stato notificato a Catanzaro Vincenzo – legale rappresentate della “Nuova
Distribuzione di Catanzaro Vincenzo e figlio s.n.c.”, destinataria dell’accertamento -, perché
rifiutatosi, pur presente, con sottoscrizione dell’atto da parte del consulente del lavoro.
Emergenza pacifica, questa, che, peraltro, non aveva impedito alla società – modificato l’atto
costitutivo nei termini richiamati – di impugnare l’avviso di recupero di imposta indebitamente
fruito (in esito alla revoca del credito di imposta), così esercitando piena facoltà difensiva e
deducendo ogni argomento utile per l’accoglimento del ricorso tributario.
6. Ne consegue, dunque, che, quand’anche si volesse ammettere un vizio di notifica
proprio dell’atto (quel che, peraltro, pare trasparire anche dalla sentenza impugnata), lo stesso
risulterebbe all’evidenza sanato dalla rituale e tempestiva presentazione del ricorso innanzi alla
competente Commissione tributaria, ai sensi dell’art. 156 cod. proc. civ., senza alcun

4. Il ricorso è infondato.

pregiudizio per le prerogative difensive. Sì da confermarsi anche nel processo tributario,
quindi, il costante principio di diritto a mente del quale la notificazione costituisce mera
condizione di efficacia e non elemento dell’atto d’imposizione fiscale, sicché la sua nullità è
sanata – a norma dell’art. 156 cod. proc. civ. – per effetto del raggiungimento dello scopo,
desumibile anche dalla tempestiva impugnazione (Sez. 5, n. 18480 del 21/9/2016, Rv.
640971).
7. A tale proposito, peraltro, questa Corte ha più volte affermato che l’invalida notifica

pregiudicato il diritto di difesa del contribuente, situazione che si realizza nell’ipotesi in cui lo
stesso, in sede di ricorso giurisdizionale conto l’atto, ne abbia diffusamente contestato il
contenuto (Sez. 5, n. 11043 del 9/5/2008, Rv. 648360-01. Nei medesimi termini, tra le altre,
Sez. 5, n. 17198 del 12/7/2017, Rv. 644931, a mente della quale la tempestiva proposizione
del ricorso da parte del contribuente avverso la cartella di pagamento produce l’effetto di
sanare ex tunc la nullità della relativa notificazione, per raggiungimento dello scopo dell’atto ex
art. 156 cod. proc. civ., pur non determinando il venir meno della decadenza, eventualmente
nelle more verificatasi, del potere sostanziale di accertamento dell’Amministrazione finanziaria.
Ancora sul tema, e nel senso appena richiamato, Sez. 5, n. 6678 del 15/3/2017, Rv. 643463,
concernente la nullità della notifica dell’avviso di rettifica, che ha natura di provocati° ad
opponendum). E senza tacere, da ultimo dell’ulteriore, condiviso indirizzo in forza del quale in
tema di contenzioso tributario, qualora il contribuente impugni cumulativamente l’atto
presupposto e l’atto consequenziale, contestando nel merito la pretesa, la nullità della notifica
dell’avviso di accertamento è suscettibile di sanatoria ex art. 156 cod. proc. civ. ove non siano
allegate ulteriori difese nel merito, diverse da quelle già esposte, rimaste precluse dalla
mancata tempestiva cognizione dell’atto presupposto (tra le altre, Sez. 6, n. 19145 del
28/9/2016, Rv. 641105).
Anche la seconda censura, pertanto, deve essere rigettata.
8. Da ultimo, quanto alla contestata entità della condanna alle spese, rileva il Collegio
trattarsi di una doglianza generica e fattuale, poiché fondata sull’assunto per cui la stessa
condanna “appare ingiustamente afflittiva e immotivata”, anche alla luce della compensazione
invece disposta in primo grado; un argomento di merito e del tutto vago, quindi inammissibile,
che, come tale, non può costituire effettiva critica alla sentenza impugnata.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono
liquidate come da dispositivo.

dell’avviso di accertamento è sanata per raggiungimento dello scopo, ove detto vizio non abbia

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida
in euro 5.600,00,00 a titolo di compenso, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 16 giugno 2018

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