Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19973 del 10/08/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. lav., 10/08/2017, (ud. 02/03/2017, dep.10/08/2017),  n. 19973

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20444-2014 proposto da:

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI S.P.A., (già Unipol Assicurazioni s.p.a. e

prima ancora UGF Assicurazioni s.p.a. e Compagnia Assicuratrice

Unipol s.p.a.) C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO SERRA

21, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE ALBERTO RASI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato TOMMASO TOMMESANI,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

F.G., C.F. (OMISSIS);

– intimato –

Nonchè da:

F.G., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA OVIDIO 32, presso lo studio dell’avvocato MALENA MASSIMO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO FRANCESCO LECCISOTTI,

giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI S.P.A. (già Unipol Assicurazioni s.p.a. e

prima ancora UGF Assicurazioni s.p.a. e Compagnia Assicuratrice

Unipol s.p.a.) C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO SERRA

21, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE ALBERTO RASI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato TOMMASO TOMMESANI,

giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 126/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 21/02/2014 R.G.N. 47/2012; udita la relazione della

causa svolta nella pubblica udienza del 02/03/2017 dal Consigliere

Dott. LAURA CURCIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale;

udito l’Avvocato SALVATORE ALBERTO RASI;

è comparso l’Avvocato PASQUALE REGINA.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1) In primo grado il Tribunale di Bologna accoglieva parzialmente la domanda di F.G., dipendente della Unipol Sai accertando il demansionamento, la mancata corresponsione di differenze retributive ed indennità varie e condannando la datrice di lavoro al pagamento di danno biologico ed all’immagine, oltre al pagamento di differenze retributive.

2)La sentenza veniva appellata sia dalla Unipol Sai che dal F. in via incidentale.

3)La Corte d’appello di Bologna ha respinto l’appello principale di Unipol, ritenendo provato il demansionamento subito per anni dal dipendente, operatore Sertel addetto soltanto alla ricezione delle telefonate e all’inserimento dei dati, senza mai essere stato adibito anche alla gestione e liquidazione dei sinistri, mansioni rientranti nella qualifica rivestita di impiegato di sesto livello, anche se tale qualifica era stata attribuita in via convenzionale in forza di specifico accordo, ma non rientranti neanche nella qualifica di assunzione di quarto livello.

La corte ha inoltre confermato la sentenza di primo grado, respingendo sul punto l’appello principale di Unipol spa, in relazione all’accertato mobbing, provato in base alle risultanze istruttorie testimoniali, che avevano confermato condotte mobbizzanti, connotate dalla volontà di danneggiare psicologicamente il F. e individuate nell’adibizione a mansioni inferiori, nella collocazione in una postazione fissa e a vista, nella denigrazione e nel trattamento differenziato rispetto ai colleghi di lavoro.

4)E’ stato poi respinto l’appello incidentale del F. sia con riferimento al lamentato danno alla professionalità, che la Corte ha ritenuto non provato, non essendovi state in merito precise allegazioni nel ricorso di primo grado, sia con riferimento al richiesto danno patrimoniale, sulla base di quanto osservato dal CTU che non aveva ravvisato riduzione della capacità lavorativa specifica.

5) La sentenza ha invece accolto parzialmente il gravame di entrambe le parti in relazione alla determinazione del danno non patrimoniale e, riportandosi alle conclusioni della seconda CTU espletata, ha ritenuto che andasse liquidato il danno differenziale, atteso che il rapporto si era concluso successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 30 del 2000; danno determinato in Euro 33.266,66, con applicazione delle Tabelle del Tribunale di Milano, sulla base di un’invalidità permanente del 20%, detratto l’ammontare spettante in astratto in base all’assicurazione INAIL.

6)Infine la Corte territoriale ha accolto l’appello principale della società affermando che non fossero dovute le differenze retributive scaturenti dall’applicazione dell’art. 86 del CCNL, ritenuto non applicabile ed ha altresì escluso, sempre accogliendo il motivo di gravame della società, il diritto all’indennità sostitutiva del preavviso, essendo stato erogato al F. l’importo di cui all’allegato 9 del CIA. E’ poi stata riconosciuta dalla Corte l’indennità sostitutiva delle ferie non godute durante la malattia, respingendo sul punto il gravame della società.

7) Ancora la corte ha accolto il motivo di appello di Unipol escludendo la debenza del rimborso forfettario di trasferta, trattandosi non di trasferta ma di trasferimento e, comunque, per aver erroneamente richiesto il F. la liquidazione di somme applicando il sistema “a diaria” e non chiedendo le somme a titolo di risarcimento del danno.

8) Infine la Corte territoriale ha confermato la sentenza, appellata sul punto da entrambe le parti, con riferimento al riconoscimento dell’indennizzo per mancate pause di lavoro per i soli anni 1998 e 1999, essendo prescritto il 1997.

9) Ha proposto ricorso del Cassazione Unipol affidato a nove motivi. Ha resistito il F. con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale affidato a dieci motivi, a cui ha opposto difese Unipol con controricorso. E’ stata depositata memoria ex art. 378 c.p.c. da parte del F..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

10) Deve preliminarmente rilevarsi la nullità della procura a margine della “comparsa di intervento,” rilasciata all’avvocato Pasquale Regina e depositata all’udienza di discussione, in sostituzione dell’avv.to A.F. Leccisotti. La stessa infatti non è conforme a quanto disposto dall’art.83 c.p.c. vigente ratione temporis (cfr. Cass. n. 7241/2010-Cass. 18323/2014).

11) I motivi del ricorso principale che hanno riguardato vari punti della motivazione possono essere congiuntamente valutati con riferimento alle questioni che risultano comunque connesse. In particolare possono essere trattati congiuntamente il primo, il secondo ed il terzo motivo che si riferiscono a: 1) violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in particolare dell’art. 2103 c.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 3, n. 1. Secondo la società ricorrente la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere che il F. non avesse svolto mansioni corrispondenti al suo livello di inquadramento in quanto le prestazioni dell’addetto al Sertel sarebbero state in linea con la declaratoria del livello 4 previsto dal cm, che prevedeva tra le tante anche un’attività di liquidazione dei sinistri, attività che tuttavia non caratterizzava la prestazione degli addetti al progetto Sertel, come anche previsto dal CCNL 18.18.1999; 2) violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in particolare dell’art. 2103 c.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 3, n. 1, per avere la Corte erroneamente ritenuto che il mansionario del lavoratore di 4 livello operante nel settore sinistri venisse connotato necessariamente dall’attività di liquidazione dei sinistri identificandosi anche con essa, tanto da ritenere che vi sarebbe stato un demansionamento in assenza dell’espletamento di tale mansione; 3) omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 5, n. 1, per avere la corte distrettuale ritenuto irrilevante sia l’attribuzione convenzionale del 4 livello di inquadramento, sia l’utilizzo a scopo interpretativo della regolamentazione della figura dell’addetto Sertel come anche prevista dal CCNL 18.18.1999. In particolare i giudici di merito non avrebbero considerato l’efficacia inter partes dell’inquadramento convenzionale ed in particolare la figura dell’addetto Sertel creata dalla contrattazione aziendale, inquadrato al 4 livello, ma senza che fosse stato delineato un mansionario e senza riferimento a caratteristiche intrinseche della prestazione.

12) I motivi sono in parte inammissibili ed in parte infondati. La censura così come svolta non coglie nel segno. L’accertamento del demansionamento deve essere effettuato, proprio per rispettare l’art. 2103 c.c., verificando se le mansioni concretamente svolte siano riconducibili a quelle in astratto definite dal CCNL nell’ambito del livello riconosciuto all’atto dell’assunzione o a quello successivamente acquisito. Non emerge con chiarezza espositiva nel ricorso principale l’esistenza di una attribuzione “convenzionale “del 4 livello ai lavoratori addetti al Sertel, nè emerge una censura altrettanto chiara della sentenza nella parte in cui ha rilevato che sarebbe stata comunque irrilevante la circostanza di un riconoscimento del suddetto livello in via convenzionale in forza di uno specifico accordo. La corte territoriale ha infatti osservato come l’attività dell’operatore Sedel non si esauriva unicamente nella ricezione delle telefonate o nell’inserimento dei dati, ma anche nella ricezione della denuncia di sinistro, nell’istruzione della pratica e a volte anche nella liquidazione ed ha quindi accertato, sulla base delle testimonianze esaminate, la esistenza di un demansionamento per essere state le mansioni svolte dal F. in particolare nell’ufficio di Bologna non corrispondenti neanche alla figura di operatore Sertel di IV livello. Le censure della società ricorrente non si sostanziano in realtà nella mancata individuazione da parte della Corte delle qualifiche o gradi previsti dalla normativa applicabile nel singolo caso (contratto collettivo ovvero regolamento del personale ad esso equiparabile) omissione da cui deriverebbe un’errata applicazione dell’art. 2013 c.c., ma finiscono per offrire una diversa valutazione dei fatti così come emergenti dalle deposizioni testimoniali, utili al fine di circoscrivere quelle attività che, secondo la società ricorrente, sarebbero da ricondurre alla qualifica attribuita al F.. Operazione chiaramente inammissibile e quindi preclusa in questa sede.

13) Con il quarto, quinto e sesto motivo di ricorso, in cui le censure hanno riguardato il denunciato mobbing, la società ricorrente si è lamentata di: 4) omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 5, n. 1 ed in particolare non riconoscibilità degli elementi costitutivi del mobbing che, secondo la ricorrente, la Corte territoriale avrebbe erroneamente individuato nel demansionamento, nelle espressioni di discredito pronunciate da taluni colleghi e quindi non dalla società nei confronti del F., nell’isolamento del F. da parte dei colleghi, smentito dalle testimonianze raccolte; 5) violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 in termini di omessa pronuncia sul motivo svolto da Unipol spa di insussistenza di nesso causale tra le condotte asseritamente mobbizzanti e la malattia denunciata dal F., quindi nullità della sentenza comunque per omessa motivazione; 6) ancora omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 4, n. 1, per avere la Corte riconosciuto un nesso di causalità tra condotte imputate alla società e malattia riscontrata nel F., nonostante le due CTU medico legali non avessero espressamente effettuato tale connessione e che in particolare la prima CTU aveva fornito una chiave di lettura tenendo maggiormente conto delle risultanze testimoniali, perizia tuttavia non seguita dai giudici di secondo grado, i quali avrebbero tratto il loro convincimento orientandosi maggiormente sulle argomentazioni della seconda perizia d’ufficio, appiattite maggiormente sulle sole dichiarazioni del F.;

14) Anche tali motivi sono inammissibili e comunque infondati. In particolare infondato appare il quinto motivo di ricorso, dovendosi escludere un’ omessa pronuncia con riferimento al terzo motivo di appello a cui, sia pure concisamente la Corte territoriale ha risposto perchè, esaminando le testimonianze vertenti sulle condotte dei superiori del F., e anche di alcuni colleghi, che tendevano ad emarginare il lavoratore, ne ha evidenziato il carattere di efficienza causale ritenendo che detti comportamenti configurassero la fattispecie di cui all’art. 2087 c.c..

Ciò è sufficiente per escludere un vizio di omessa pronuncia sul motivo nei termini di violazione dell’art. 112 c.p.c., che va fatta valere esclusivamente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e che consente alla parte di chiedere – e al giudice di legittimità di effettuare – l’esame degli atti del giudizio di merito, nonchè, specificamente, dell’atto di appello.(cfr cass.22759/2014). Ma nel caso in esame neanche possono ritenersi ammissibili le altre censure di cui al quarto e sesto motivo, atteso che le stesse ripropongono una diversa lettura dei fatti vagliati dalla Corte territoriale – come ad esempio: situazione isolamento, collocamento in postazione fissa e a vista…- sia attraverso l’esame di altre testimonianze, sia dando una lettura diversa degli stessi fatti.

15) Con il settimo motivo di gravame la ricorrente lamenta: la violazione e falsa applicazione di previsioni e accordi nazionali, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere i giudici dell’appello errato nel motivare il rigetto della domanda del F. di superiore inquadramento nel 5 livello per mancato svolgimento da parte del lavoratore dell’attività di liquidatore e non per inapplicabilità all’addetto Sertel della previsione contenuta nella nota a verbale dell’art. 86 del CCNL 1994, così offrendo un’interpretazione errata della pattuizione che limita la progressione automatica di carriera soltanto al liquidatore di 4 livello, escludendola in generale per il personale appartenente a tale livello.

Il motivo è inammissibile, per due ordini di ragioni. Infatti la parte ricorrente non ha trascritto, nella sua parte rilevante ai fini dell’esame del motivo, il contenuto dell’allegato 9 del CIA o quello completo delle note a verbale dell’art. 86 del ccnl del ‘94, nota solo parzialmente trascritta tanto nella sentenza impugnata quanto nel ricorso di legittimità, ma neanche ha precisato dove esattamente reperire tali documenti nel fascicolo di parte. Ciò ha impedito che questa Corte avesse un quadro esatto e completo della disciplina collettiva ed in particolare di quella aziendale, così da poter verificare esattamente i termini della regolamentazione pattizia correlata al sostenuto inquadramento “convenzionale” dell’operatore Sertel prima del CCNL del 1999, ma più in generale le distinte qualifiche di 4 e di 5 livello. Ma il motivo è soprattutto inammissibile perchè non vi è l’interesse ad una pronuncia, difettando in tal caso l’utilità giuridica che dall’eventuale accoglimento del gravame possa derivare alla parte che lo ha proposto (cfr Cass. n. 4592/2012). Ed infatti la Corte territoriale ha comunque accolto il motivo di appello della società, escludendo la sussistenza del diritto del F. al riconoscimento, sia pure ai soli fini economici, del diritto all’inquadramento nel 5 livello.

16)Con l’ottavo motivo di ricorso la società lamenta violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riferimento al D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13, per avere la Corte condannato Unipol spa al risarcimento del danno biologico che secondo la ricorrente, dopo la legge n. 38 citata sarebbe coperto dalle prestazioni a carico dell’Inail, perchè in assenza di prova di un danno superiore a quello liquidato dall’Istituto assicurativo, la voce rientrerebbe interamente nella copertura assicurativa; con il nono motivo di ricorso la società lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riferimento all’art. 213 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. per avere la Corte territoriale disposto informative all’Inail ai sensi dell’art. 213 c.p.c. per conoscere l’eventuale ammontare del danno biologico che sarebbe spettato al F., così sopperendo alle carenze deduttive e probatorie del ricorrente, onerato di dedurre il quantum in astratto dovuto dall’Inail e comunque di dedurre l’importo percepito dall’Istituto al fine di verificare eventuale esistenza di danno differenziale.

17) Tale punto di motivazione è stata oggetto anche di ricorso incidentale da parte del F. che con il quinto motivo lamenta un omesso esame circa un fatto decisivo aì sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ma anche la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c e dell’art. 416 c.p.c. e infine anche dell’art. 2967 c.c., per avere la Corte riconosciuto solo il danno differenziale, ritenendo erroneamente applicabile la normativa di cui al D.Lgs. n. 38 del 2000 che invece a dire del ricorrente incidentale non sarebbe stato applicabile in quanto la malattia riscontrata sarebbe stata contratta in epoca antecedente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo del 16.2.2000, ciò ricavandosi dalla certificazione medica allegata in atti. Anche tale motivo, per evidenti ragioni di connessione, viene esaminato congiuntamente all’ottavo motivo di ricorso principale.

17) Entrambe le censure sono infondate. Va preliminarmente chiarito che nel caso in esame è applicabile la normativa di cui al D.Lgs. n. 38 del 2000 non perchè il rapporto di lavoro sia cessato dopo l’entrata in vigore del citato decreto, come erroneamente statuito dalla sentenza impugnata, ma in quanto la malattia è stata denunciata dall’interessato dopo il 9 agosto 2000, data di emanazione del DM 12 luglio 2000 recante le tabelle valutative del danno biologico (cfr Cass. 17089/2010, CSS M.9956/2011). Nel caso in esame dallo stesso ricorso incidentale del F., a pagina 46, si ricava che solo il 15.02.2002 il lavoratore comunicava all’Unipol la diagnosi di “malattia professionale”. Infondato poi è il motivo di ricorso di Unipol che sostiene la violazione dell’art. 13 del D.Lgs. n. 38 citato, per avere la Corte escluso la totale copertura assicurativa dell’INAIL. L’assicurazione Inail non copre tutto il danno biologico conseguente dalla malattia, operando pur sempre la norma di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 10, con riferimento al cd “danno differenziale”, nelle ipotesi di condotta del datore di lavoro posta in essere in violazione dell’art. 2087 c.c.. Questa Corte ha più volte statuito (cfr da ultimo Cass. N. 9166/2016) che “le somme eventualmente versate dall’ Inail a titolo di indennizzo D.Lgs. n. 38 del 2000, ex art. 13 non possono considerarsi integralmente satisfattive del diritto al risarcimento del danno biologico in capo al soggetto infortunato o ammalato, sicchè, a fronte di una domanda del lavoratore che chieda al datore di lavoro il risarcimento dei danni connessi all’espletamento dell’attività lavorativa, (nel caso di specie per demansionamento), il giudice adito, una volta accertato l’inadempimento, dovrà verificare se, in relazione all’evento lesivo, ricorrano le condizioni soggettive ed oggettive per la tutela obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali stabilite dal D.P.R. n. 1124 del 1965, ed in tal caso, potrà procedere, anche di ufficio, alla verifica dell’applicabilità dell’art. 10 del decreto citato, ossia all’individuazione dei danni richiesti che non siano riconducibili alla copertura assicurativa (cd. “danni complementari”), da risarcire secondo le comuni regole della responsabilità civile”.

18) Egualmente privo di fondamento deve ritenersi il nono motivo. Come giustamente osservato dalla corte di merito e come prima osservato, la questione relativa all’esatta determinazione del danno biologico spettante, con verifica di quali siano i danni riconducibili alla copertura assicurativa è questione rilevabile d’ufficio. Il F. in primo grado ha quantificato le voci di danno ritenute spettanti, tra cui quella relativa al danno biologico, assolvendo quindi all’onere deduttivo posto a suo carico. Era semmai onere della società eccepire appunto la erroneità della determinazione operata senza la previa detrazione dell’importo astrattamente a carico dell’Inail.

19) Con il primo motivo di ricorso incidentale il F. lamenta un omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, con violazione degli artt. 1226,1362 e 2056 c.c. dell’art. 112 c.p.c., per avere la corte territoriale erroneamente sostenuto che il giudice di prime cure avrebbe implicitamente ritenuto non dimostrate le voci di danno patrimoniale esistenziale, morale e per perdita di chance, oltre che l’indennità per inabilità temporanea, atteso che il Tribunale di primo grado aveva riconosciuto tali voci, anche se poi aveva ridotto l’ammontare del risarcimento richiesto dal F. al solo 50% della somma indicata complessivamente. Secondo il ricorrente avrebbe quindi errato la Corte territoriale nel ritenere non appellata sul punto la sentenza di prime cure, violando l’art. 1362 c.c. e art. 12 preleggi, norme poste a presidio della corretta interpretazione delle sentenze. La Corte avrebbe errato anche nel non riconoscere l’inabilità temporanea, riconosciuta anche dal CTU. Secondo il ricorrente incidentale sul punto nessun giudicato si sarebbe formato, avendo il F. proposto appello incidentale.

Il motivo è inammissibile. Il F. non solo ha trascritto soltanto alcuni passi della sentenza di primo grado in ordine alla motivazione riferita alle voci di danno accolte ed a quelle respinte, ma in particolare ha trascritto nel proprio ricorso soltanto una parte del motivo di appello incidentale riferito alle voci in questione. La confusa e imprecisa trascrizione non consente di valutare compiutamente sia l’effettivo contenuto della motivazione del tribunale in merito alle voci che tale giudice avrebbe effettivamente escluso, anche implicitamente come ritenuto dalla Corte territoriale, oppure riconosciuto, sia la relativa precisa censura mossa a tale motivazione, con la conseguente richiesta di riforma. Sul punto pertanto deve rilevarsi la mancata autosufficienza del ricorso.

20) Con il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso incidentale il F. lamenta un omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, con violazione degli artt.1226, 1362 e 2056 c.c. per avere la Corte d’Appello recepito acriticamente le risultanze della CTU e per non avere tenuto conto delle relazioni dei periti di parte (secondo motivo), per avere erroneamente quantificato il danno non patrimoniale, con riferimento all’esatta individuazione e applicazione dei dati relativi all’età, al momento dell’insorgenza della patologia e delle tabelle di Milano applicate, che non sarebbero state quelle in vigore al momento della redazione della sentenza e per non avere applicato l’aumento della percentuale dell’invalidità in ragione della cd personalizzazione (terzo motivo); in fine per non avere, erroneamente, riconosciuto il danno da incapacità lavorativa specifica di lavoro, essendosi i giudici di merito limitati con affermazioni di stile, a riportarsi a quanto avrebbe indicato in merito il CTU, il quale a sua volta si sarebbe limitato solo ad affermare che non vi era stato danno alla capacità lavorativa specifica.

21) In tema di liquidazione del danno alla persona e con particolare riferimento ai criteri di cui alle cd. “tabelle milanesi”, questa Corte ha osservato (cfr. Cass n.12288/2016) che dette tabelle non costituiscono fatto notorio, pertanto “non soddisfa l’onere di autosufficienza di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, il ricorso per cassazione che si limiti ad riportare le somme pretese in applicazione delle stesse, omettendo di indicarle specificamente tra i documenti ex art. 369 c.p.c., comma 2, e di individuare l’atto con il quale siano state prodotte nel giudizio di merito ed il luogo del processo in cui risultino reperibili; nè è ammissibile la loro successiva produzione ex art. 372 c.p.c., comma 2, non trattandosi di documenti relativi all’ammissibilità del ricorso”. Non possono quindi ritenersi ammissibili in particolare le censure di cui al terzo motivo di gravame, che lamentano una erronea quantificazione del danno non patrimoniale e la sua mancata personalizzazione, in relazione a quanto previsto dalle tabelle con riferimento all’età. Quanto al quarto motivo di gravame, in cui viene censurata la sentenza per avere solo apparentemente motivato in ordine al mancato riconoscimento del danno da incapacità lavorativa specifica, deve rilevarsi che la Corte ha fatto espresso diretto riferimento a quanto espresso nella CTU sul punto. La valutazione pertanto è stata oggetto di esame e ciò è sufficiente perchè la motivazione sia rispettosa del disposto di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nella sua nuova formulazione.

22) Con il sesto motivo di ricorso incidentale si lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo e anche la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223,1226,2043 e 2056 c.c., oltre che la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. per non avere la Corte territoriale riconosciuto il danno patrimoniale da dequalificazione professionale.

Secondo il F. sarebbe incontestabile che il demansionamento ed il mobbing provocano danni alla sfera psico – fisica del lavoratore e che la mancata attività di liquidatore non più svolta per oltre cinque anni, aveva procurato il danno professionale, trattandosi di una professione di notevole specializzazione che notoriamente richiede aggiornamento.

Anche tale motivo si profila inammissibile e comunque infondato. A parte la non corretta indicazione del vizio denunciato, che non viene neanche qualificato compiutamente, non comprendendosi se per il ricorrente il mancato riconoscimento del danno professionale sia da ascrivere ad un vizio motivazionale di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. oppure ad una falsa applicazione delle norme di diritto indicate, deve rilevarsi che la Corte ha esaminato il punto controverso ed ha escluso l’esistenza di un danno patrimoniale di cui non era stata fornita alcuna prova, neanche in via presuntiva.

23) Con il settimo motivo di ricorso incidentale F. lamenta un omesso esame di un fatto decisivo e poi anche violazione degli artt. 1223 e 2043 c.c. oltre che degli artt. 115 e 116 c.p.c. per non avere la Corte di appello riconosciuto il danno relativo alla mancata percezione delle differenze retributive che avrebbe ottenuto se gli fosse stato riconosciuto l’inquadramento al quinto livello del CCNL 1994. Secondo il F. la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto che tali somme sarebbero state chieste a titolo di differenze retributive, mentre invece le stesse sarebbero state richieste a titolo risarcitorio, non avendo egli svolto le mansioni di liquidatore per fatto addebitabile alla datrice di lavoro, atteso che il mancato svolgimento di dette mansioni gli avrebbe impedito il riconoscimento della superiore qualifica.

24) Con l’ottavo motivo di ricorso incidentale F. lamenta un omesso esame circa un fatto decisivo e poi sempre anche la violazione dell’art. 416 c.p.c. e art. 2118 c.c., dell’art. 71 del cm e Allegato CIA, per avere la Corte erroneamente rigettato la domanda diretta al riconoscimento dell’indennità sostitutiva del preavviso avendo egli percepito le due annualità di retribuzione di cui all’art. 9 del CIA Unipol, sul presupposto che detta erogazione fosse alternativa e non cumulativa con l’indennità di preavviso. Avrebbe invece errato la Corte perchè l’indennità prevista dal citato art. 9 non si cumulerebbe in caso di licenziamento dovuto a superamento del periodo di comporto per assenze dovute a malattia comune, ma non ad invalidità permanente, come nel caso del F..

25) Con il nono motivo di ricorso incidentale si lamenta un omesso esame circa un fatto decisivo c.c., poi violazione degli artt. 1226 e 2056 c.c., oltre che artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 29, lett. F del CIA, per non avere la Corte territoriale considerato che le somme richieste per le trasferte, effettuate in relazione allo spostamento da Bologna a Bari del luogo di svolgimento della prestazione, non erano richieste a titolo di rimborso spese bensì a titolo risarcitorio, non essendosi trattato di un trasferimento bensì di una missione.

26) I tre motivi possono esaminarsi congiuntamente perchè connessi, essendo tutti fondati su un’identica questione consistente nella lamentata erroneità della sentenza che non avrebbe considerato la natura risarcitoria delle domande di pagamento di tali somme.

Si tratta di motivi in primo luogo inammissibili per come formulati, non avendo anche in questo caso il ricorrente incidentale chiaramente individuato in quale vizio sia incorso il giudice di appello. Questa Corte ha rilevato più volte l’inammissibilità di mescolanza e di sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, non essendo consentito prospettare una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione (Cass. n.2299/2013). Ed infatti mentre il vizio di violazione di legge postula la deduzione di un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato, l’errata ricognizione della fattispecie concreta, attraverso le risultanze di causa è operazione esterna all’esatta interpretazione delle norme di legge, riguardando la valutazione fatta dal giudice del merito che in sede di legittimità può censurarsi solo sotto l’aspetto motivazionale della sentenza (Cfr Cass. n. 1312/2012).

27) Nelle censure di cui ai motivi che si esaminano il ricorrente lamenta in sostanza che la sentenza abbia mal interpretato le domande svolte in primo grado, non esattamente analizzando neanche le disposizioni del CIA di Unipol in punto di esatto inquadramento nel 4 o nel 5 livello, quanto alle differenze economiche, delle clausole del CIA del 1996 in punto di riconoscimento dell’indennità in caso di risoluzione del rapporto per invalidità permanente, come anche delle clausole del CIA del 2001 in punto di spese di trasferta. Ebbene non solo le clausole richiamate, indispensabili per valutare la corretta interpretazione delle stesse da parte del giudice di merito, non sono state compiutamente trascritte in ricorso, e neanche indicate come allegazione specifica di deposito unitamente al ricorso incidentale, ma soprattutto le dette censure richiedono necessariamente valutazioni in fatto che sono precluse in questa sede, tenuto conto che nessun vizio motivazionale può rilevarsi, essendo, state tali questioni oggetto di esame da parte della Corte territoriale, che le ha valutate tanto con riferimento alle mansioni di liquidatore non di fatto svolte, quanto all’accertamento dello spostamento di sede da qualificarsi trasferimento o missione e, con riferimento all’indennità di preavviso per il licenziamento, alla riconducibilità delle assenze all’invalidità permanente o a malattia comune.

28) Con il decimo motivo di ricorso incidentale si lamenta un omesso esame circa un fatto decisivo c.c., poi violazione dell’art. 410 c.p.c. e art. 2943 c.c.artt. 1226e 2943 c.c. per avere i giudici di merito erroneamente ritenuto prescritto il diritto all’indennizzo per mancato godimento delle pause di lavoro relative all’anno 1997, mentre il F. avrebbe interrotto la prescrizione nel 2001, con il tentativo obbligatorio di conciliazione.

Il motivo appare inammissibile atteso che il verbale relativo al citato tentativo di conciliazione non è stato compiutamente trascritto, nè allegato, essendo stato solo indicato il numero del documento inserito nel fascicolo di parte, ma comunque si tratta di motivo infondato, atteso che dall’unica frase riportata nel ricorso incidentale si evince chiaramente che la richiesta di risarcimento non è stata effettuata per lo specifico titolo di cui si discute, ma in generale per “ogni altro indennizzo comunque connesso al rapporto di lavoro”, espressione del tutto generica e non riferibile alla voce di danno richiesta.

29) Vanno pertanto respinti tanto l’appello principale, quanto l’appello incidentale. La reciproca parziale soccombenza giustifica la compensazione delle spese del presente giudizio.

PQM

 

rigetta il ricorso principale e quello incidentale, compensa le spese del presente giudizio. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il relativo ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso art.13.

Così deciso in Roma, il 2 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2017

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA