Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19972 del 21/09/2010

Cassazione civile sez. III, 21/09/2010, (ud. 08/07/2010, dep. 21/09/2010), n.19972

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

G.G., G.P.P., D.M.M., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA POMPEO MAGNO 2/B, presso lo studio

dell’avvocato TERRANOVA CARLO GIUSEPPE, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato FABRIZIO FALVO, giusta procura in calce al

ricorso per regolamento di competenza;

– ricorrenti –

contro

C.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TACITO 50,

presso lo studio dell’avvocato COSSU BRUNO, che lo rappresenta e

difende unitamente agli avvocati ANNA TAVERNA, BOMBOI SAVINA, giusta

procura a margine della scrittura difensiva;

– resistente –

e contro

AZIENDA SANITARIA n. (OMISSIS) DI (OMISSIS), TORO ASSICURAZIONI SPA;

– intimate –

avverso la sentenza n. 1510/2009 del TRIBUNALE di COSENZA del

19.5.09, depositata il 20/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’8/07/2010 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;

per il resistente è solo presente l’Avvocato Savina Bomboi.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. CARMELO

SGROI che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Quanto segue:

p. 1. G.G., G.P.P. e D.M.M. hanno proposto ricorso per regolamento facoltativo di competenza avverso la sentenza del 20 maggio 2009, con la quale il Tribunale di Cosenza, investito nel dicembre 1999 della domanda da loro proposta contro l’Azienda Sanitaria n. (OMISSIS) di (OMISSIS) e C.P., nonchè, successivamente, della chiamata in garanzia della Toro Assicurazioni s.p.a. da parte di detta Azienda, l’ha rigettata nel merito. Ad avviso dei ricorrenti la sentenza avrebbe omesso di pronunciare sull’eccezione di incompetenza che essi attori avevano formulato ai sensi dell’art. 30 bis c.p.c.: a) una prima volta nell’udienza del 26 febbraio 2004, immediatamente successiva al trasferimento di G.G., magistrato ordinario, dal distretto della Corte d’appello di Reggio Calabria, nel quale trovatasi in servizio all’atto della introduzione della causa, in un ufficio del distretto della Corte d’Appello di Catanzaro; b) ed una seconda volta all’udienza del 6 dicembre 2007, immediatamente successiva al trasferimento del predetto magistrato presso il Tribunale di Cosenza.

Dette eccezioni erano state reiterate in sede di precisazione delle conclusioni e trovavano fondamento, anche dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 147 del 2004, sia dalla circostanza che la domanda aveva ad oggetto pretesa di risarcimento danni da reato di omicidio colposo ascrivibile alla struttura sanitaria ed al C., medico in servizio presso di essa, per la morte del padre e manto dei ricorrenti, in conseguenza di un ricovero presso il pronto soccorso dell’Ospedale di Cosenza in data 14 febbraio 1990, sia in ragione del principio desumibile dall’art. 30 bis c.p.c., comma 2, sulla sopravvenienza della incompetenza per il trasferimento nel distretto del giudice adito del magistrato successivamente alla sua “chiamata in giudizio”.

All’istanza di regolamento di competenza ha resistito con memoria il C..

p. 2. Essendo il ricorso soggetto alle disposizioni di cui a D.Lgs. n. 40 del 2006 e configurandosi le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380 bis c.p.c. nel testo anteriore alla L. n. 69 del 2009, è stata redatta relazione ai sensi di detta norma, che è stata notificata agli avvocati delle parti e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Quanto segue:

p. 1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., si sono svolte le seguenti considerazioni:

” (…) 3. – L’istanza di regolamento di competenza appare ammissibile, dovendosi reputare infondata l’eccezione di inosservanza dell’art. 366 c.p.c., n. 3, formulata dal resistente.

Sia nel sostenere che avrebbero dedotto la sopravvenuta incompetenza del Tribunale bruzio allorquando il ricorrente G.G. si trasferì nel distretto della Corte d’Appello di Catanzaro, sia nel sostenere che essa sarebbe stata ulteriormente evidenziata a seguito del trasferimento del medesimo proprio presso il Tribunale di Cosenza, i ricorrenti hanno indicato, sia pure in modo indiretto, di avere a verbale delle due relative udienze prospettato la sopravvenienza della incompetenza ed in fine di avere mantenuto nella precisazione delle conclusioni l’eccezione. I ricorrenti hanno anche indicato indirettamente il modo in cui ebbe a provvedere il Tribunale in occasione del primo rilievo di incompetenza sopravvenuta ed hanno riprodotto il contenuto del provvedimento assunto nella seconda occasione.

Tanto basta ad assolvere all’onere di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3.

V’è solo da aggiungere che trattandosi di evento morte da responsabilità sanitaria ben si comprende come la vicenda riguardi un fatto di reato nel quale un magistrato, G.G., è implicato per uno dei titoli supposti dalla sentenza n. 147 del 2004 della Consulta.

4.- Neppure è fondata l’eccezione di inammissibilità dell’istanza di regolamento, prospettata dal resistente sotto il profilo che si sarebbe formato giudicato sulla competenza del Tribunale di Cosenza in ragione della circostanza che all’udienza del 6 dicembre 2007 – per quanto deducono gli stessi ricorrenti – il Tribunale avrebbe deciso la relativa questione osservando che il giudizio era stato instaurato alcuni anni prima che G.G. fosse assegnato al Tribunale di Cosenza.

Siffatto rilievo del Tribunale, infatti, è da ritenere assolutamente privo del carattere di decisorietà sulla competenza. Ciò, si desume dal seguente principio di diritto: “Nelle cause attribuite alla competenza del tribunale in composizione monocratica, il giudice unico, che assomma in sè le funzioni di istruzione e di decisione, quando ritenga di emettere una decisione definitiva sulla competenza, è tenuto – ai sensi degli artt. 187 e 281 – bis cod. proc. civ. – ad invitare le parti a precisare le conclusioni, in tal modo scandendo la separazione fra la fase istruttoria e quella di decisione, non potendosi ritenere che una qualunque decisione assunta in tema di competenza implichi per il giudice l’esaurimento della potestas iudicandi sul punto” (Cass. Sez. Un. n. 11657 del 2008).

Il Tribunale, in sostanza, nonostante quella valutazione e per il fatto che essa era delibazione meramente ordinatoria ai fini dello svolgimento del processo, sarebbe potuto “ritornare” sulla questione in sede di pronuncia della sentenza, avendola i ricorrenti mantenuta ferma all’atto della precisazione delle conclusioni, come si allega nel ricorso.

5. – Si deve, inoltre, considerare che la sentenza impugnata, in quanto avrebbe omesso di pronunciare sull’eccezione di incompetenza sopravvenuta formulata dai qui ricorrenti, ha deciso anche sulla competenza, implicitamente affermandola (si veda, in proposito, Cass. n. 11779 del 2003, riguardo all’omessa pronuncia su eccezione di litispendenza o continenza). Il regolamento facoltativo sarebbe stato, dunque, giustamente esperito.

6. – Ciò premesso, l’istanza di regolamento di competenza appare infondata.

7. – Va premesso che, al lume dell’art. 30 bis c.p.c., comma 2, deve reputarsi che la situazione di incompetenza sopravvenuta in relazione alla fattispecie supposta dalla norma dell’art. 30 bis per come ridimensionata dalla citata sentenza del giudice delle leggi, deve ritenersi sia deducibile, in deroga all’art. 5 c.p.c., anche quando il magistrato sia attore, con svalutazione del significato del riferimento alla “chiamata in giudizio” del magistrato, che è formulazione certamente poco felice ed inidonea – specie se posta a raffronto con l’essere i magistrati “comunque parti”, figurante nel primo comma della norma – ad evidenziare con certezza che si sia inteso alludere alla sola ipotesi in cui la sopravvenienza si verifichi in controversia in cui il magistrato sia parte convenuta:

lo impongono evidenti ragioni di esegesi costituzionale del principio espresso dalla norma, che è derogatorio dell’art. 5 c.p.c., L’esigenza sottesa alla previsione di eccezionale rilevanza del mutamento dello stato di fatto rilevante per la competenza sussiste, infatti, indifferentemente se il magistrato sia attore o convenuto oppure coinvolto in diverso modo nel processo come parte. Inoltre, lo conferma la circostanza che, operando la regola derogatoria della competenza espressa dall’art. 30 bis c.p.c., comma 1, in ragione dell’espressione “comunque parti” anche nel caso in cui il magistrato si faccia attore nel processo svolgendo un intervento principale o adesivo autonomo e l’essere egli in servizio nel distretto del giudice adito si sia verificato dopo l’introduzione originaria della causa, in tal caso si verifica parimenti una deroga proprio all’art. 5 c.p.c.. Onde sarebbe contraddittorio negare che la deroga del secondo comma alla stessa norma non riguardi l’ipotesi che il magistrato sia attore fin dall’origine.

8. – Tuttavia, una volta assodato che l’art. 30 bis c.p.c., comma 2, da rilievo al mutamento sopravvenuto dello stato di fatto relativo al servizio del magistrato parte in causa, determinatosi con il suo trasferimento nel distretto di cui fa parte l’ufficio giudiziario adito, e che tale rilievo – derogatorio dell’art. 5 c.p.c. – si deve configurare, sia sul piano dell’esegesi corretta della norma, sia sul piano dell’esegesi costituzionale di essa, senza che rilevi che il magistrato fosse attore originario (come nella specie) o convenuto, si pone un interrogativo.

Esso è il seguente: il rilievo della sopravvenuta incompetenza deve ritenersi possibile, oltre che da parte del giudice e della controparte del magistrato, anche da parte di quest’ultimo, sia esso attore o convenuto? Una prima risposta potrebbe essere che, in presenza del potere d’ufficio del giudice, non possa essere negato al magistrato, attore o convenuto che sia, di evidenziare l’incompetenza sopravvenuta.

D’altro canto, con riferimento all’ipotesi di domanda originariamente proposta dal magistrato, la situazione del trasferimento di costui, essendo sopravvenuta, potrebbe non essere considerabile come situazione che si sia potuta tenere presente al momento della introduzione dell’azione e che, implicando una scelta del foro, escluda che di esso possa sostenersi l’incompetenza (come nel caso dell’attore che, per una sorta di ravvedimento, pretenda di proporre lui l’eccezione di incompetenza). In questo caso, infatti, è lo stesso magistrato attore che ha determinato l’errore sulla competenza e vale – con opportuno adattamento – la regola dell’art. 157 c.p.c., comma 2, secondo la quale la parte che ha dato causa alla nullità non può opporla. Viceversa, quando il magistrato attore si trasferisce nel distretto in cui è radicata la causa, si potrebbe pensare che, non dipendendo il trasferimento dalla sua mera volontà (perchè il trasferimento è disposto dal C.S.M., previa valutazione di ricorrenza delle condizioni), questo discorso non valga.

Tuttavia, parrebbe da ritenere che debba trovare applicazione il principio dell’equivalenza condizionale: l’avere proposto la domanda il magistrato ed aver quindi dato l’impulso causale originario alla sopravvenienza dell’incompetenza dovrebbe essere considerato rilevante.

Nè in contrario potrebbe valere il rilievo che l’esigenza di tutela dell’apparenza di imparzialità dell’ufficio giudiziario è valore talmente rilevante che debba consentirsi anche al magistrato di sollecitarne il rilievo. Certo il magistrato può rappresentare la situazione, come fece G.G., ma l’art. 157 c.p.c., comma 2, osta a che tale potere di rilevazione possa assurgere alla qualificazione di eccezione di incompetenza (sopravvenuta).

9. – L’istanza di regolamento di competenza dovrebbe, dunque, respingersi”.

p. 2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione, con la sola precisazione aggiuntiva di un distinguo fra la posizione del ricorrente G.G. e quella degli altri ricorrenti.

p. 2.1. Preliminarmente, va rilevata l’infondatezza dell’eccezione di improcedibilità del ricorso ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, formulata dal resistente nella memoria – peraltro, legittimamente, trattandosi di questione rilevabile d’ufficio – sotto il profilo che i ricorrenti non avrebbero prodotto la citazione introduttiva della controversia ed i verbali di causa, tranne quello di cui all’udienza del 14 maggio 2009. A tale omissione non sarebbe possibile ovviare attraverso il contenuto del fascicolo d’ufficio.

Si deve osservare che ai fini dello scrutinio dell’istanza di regolamento, l’esame della citazione e dei verbali diversi da quello prodotto non è necessario, in quanto è sufficiente il verbale prodotto ad evidenziare che la questione di competenza doveva essere decisa. L’esame dei verbali e particolarmente di quello dell’udienza del 6 dicembre 2007 sarebbe stato necessario ai fini della valutazione dell’eccezione di giudicato scrutinata nella relazione e prospetta dal resistente e la loro mancata produzione, peraltro, non avrebbe potuto rendere improcedibile il controricorso in parte qua, atteso che l’art. 370 c.p.c., ultimo comma, non commina la relativa sanzione.

p. 2.2. Il Collegio osserva, in secondo luogo, che nell’economia del giudizio, l’eccezione di sopravvenienza della incompetenza ai sensi dell’art. 30 bis c.p.c., essendovi in esso un cumulo iniziale oggettivo e soggettivo di domande ai sensi dell’art. 103 c.p.c. e precisamente il cumulo fra tre domande di risarcimento danni connesse per il titolo, ognuna proposta da uno dei qui ricorrenti, era riferibile esclusivamente alla domanda proposta da G.G., poichè soltanto con riferimento ad essa si era venuta a configurare la situazione dell’essere parte in causa un magistrato per uno dei titoli supposti dalla sentenza della Corte costituzionale n. 147 del 2004. La natura di litisconsorzio facoltativo del cumulo soggettivo di cause originario, insorto per effetto della congiunta proposizione di domande da parte dei tre ricorrenti escludeva che l’eccezione fosse riferibile e potesse produrre effetti con riferimento alle domande proposte da G.P.P. e da D.M.M..

Da questa precisazione discende che non è fondato l’assunto svolto dai ricorrenti nella loro memoria nel senso che l’argomento della relazione in ordine all’art. 157 c.p.c., comma 2, sarebbe – ove fosse esatto – pertinente solo per quanto attiene alla posizione di G.G. e, quindi, con riferimento esclusivamente alla domanda da lui proposta, di modo che lo spostamento di competenza dovrebbe almeno giustificarsi per le domande degli altri due ricorrenti, posto che ad essi non può essere addebitato di avere causato la sopravvenuta incompetenza, non essendo magistrati, con la conseguenza dello scioglimento del litisconsorzio e della rimessione delle stesse al foro di Salerno.

E’ vero, invece, che con riguardo alle domande degli altri due ricorrenti l’eccezione di sopravvenuta incompetenza appare assolutamente irrilevante, poichè in caso di litisconsorzio facoltativo iniziale l’esistenza di una incompetenza riferibile ad una delle domande cumulate non si comunica alle altre domande e la formulazione della correlata eccezione compete alle parti interessate e legittimate della domanda cui l’incompetenza del giudice adito si riferisce ed eventualmente al giudice stesso se sussista rilevabilità d’ufficio, dovendosi, dunque, l’eccezione in quanto formulata da parte estranea alla domanda considerarsi tamquam non esset.

Per tale assorbente ragione l’istanza di regolamento di competenza, in quanto proposta da G.P.P. e D.M.M. appare infondata, non avendo il trasferimento del loro litisconsorte determinato alcun effetto riguardo alle domande da loro proposte.

Il principio di diritto che viene in rilievo è il seguente:

“Allorquando venga proposta da più parti, di cui una sia un magistrato, una domanda di risarcimento per un illecito contrattuale o extracontrattuale che gli attori assumano essere stato fonte di danni per tutti, il litisconsorzio iniziale che si verifica ha natura facoltativa. Ne consegue che, se riguardo alla domanda dell’attore che sia magistrato, si configuri la situazione di incompetenza risultante dalla norma dell’art. 30 bis c.p.c., per come risultante dalla declaratoria di incostituzionalità di cui a Corte costituzionale n. 147 del 2004, è rilevante esclusivamente con riferimento alla domanda proposta dall’attore magistrato e non anche riguardo alle domande proposte dagli altri attori”.

p. 2.3. Nella memoria si contesta, poi, la validità dell’argomento svolto dalla relazione con riferimento al principio desumibile dall’art. 157 c.p.c., comma 2.

In secondo luogo si sostiene che il principio di cui alla norma in discorso non riguarderebbe gli atti o i fatti posti in essere al di fuori del processo, ma all’uopo si citano decisioni che concernono la questione della invocabilità giustamente esclusa – del detto principio a proposito di atti di natura sostanziale, alla cui nullità abbia dato causa la parte eccipiente (si citano, infatti:

Cass. n. 10121 del 2007; n. 100 del 1991; n. 3542 del 1994; n. 730 del 1983; n. 3232 del 1982; viene, poi, citata Cass. n. 230 del 1986, che ha affermato che “Il principio posto nella prima parte dell’art. 157 cod. proc. civ., comma 3, secondo il quale “la nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa”, trova applicazione soltanto per gli Atti processuali di parte, ma non per quelli del giudice, pure se emessi su istanza e sollecitazione della parte che ne deduce la nullità”: principio condivisibile, ma del tutto irrilevante nella specie).

Viene, poi, invocato il principio secondo cui “La regola dettata dall’art. 157 cod. proc. civ., comma 3, secondo cui la nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa, si riferisce solo ai casi in cui la nullità non possa pronunciarsi che su istanza di parte e non riguarda, perciò, i casi in cui, invece, questa debba essere rilevata d’ufficio. La regola non trova quindi, applicazione, quando, come nel caso di mancata integrazione del contraddicono in causa inscindibile, la nullità si ricolleghi ad un difetto di attività dei giudice al quale incombeva l’obbligo di adottare un provvedimento per assicurare il regolare contraddittorio del processo” (Cass. n. 4848 del 2001; nello stesso senso, da ultimo, Cass. n. 11315 del 2009).

Il principio è invocato a torto, perchè nel caso di specie il potere di rilevazione d’ufficio del difetto di integrità del contraddittorio è un potere che notoriamente è esercitabile in ogni stato e grado del giudizio (combinato disposto degli artt. 102, 331 c.p.c., art. 354 c.p.c., comma 1, e art. 383 c.p.c., comma 3), onde è spiegabile che l’atteggiamento della parte nel suo profilo di causazione della nullità, permanendo il potere d’ufficio del giudice, non possa spiegare effetti preclusivi al rilievo della nullità.

Quando, invece, come nel caso della questione della incompetenza ai sensi dell’art. 30 bis c.p.c., causata dal trasferimento del magistrato nel distretto in cui la causa è radicata, il potere di rilevazione d’ufficio (e – è da dire – quello dell’altra parte) sono conchiusi entro un certo limite, che si individua nell’udienza immediatamente successiva non solo al trasferimento, ma anche alla conoscenza da parte del giudice e del litigante interessato a rilevarla del trasferimento (come sostanzialmente ritenuto da Cass. n. 23193 del 2009, citata dai ricorrenti nella memoria: acide: Cass. (ord.) n. 27666 del 2009, che richiama il principio di cui all’art. 157 c.p.c., comma 2), l’applicazione del principio di cui all’art. 157 c.p.c., comma 3, siccome giustificante l’esclusione che lo stesso magistrato sollevi l’eccezione di sopravvenuta incompetenza non risulta incompatibile proprio per la ragione che sia il potere di rilevazione d’ufficio sia quello della controparte sono soggetti ad un termine di preclusione.

In fine, si sostiene nella memoria che l’art. 157, comma 30, sarebbe stato richiamato torto, perchè “L’art. 157 cod. proc. civ., comma 3 secondo cui “la nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa”, pone un principio d’ordine generale applicabile non solo in presenza di una nullità ma in ogni caso in cui all’inosservanza di un precetto d’ordine processuale sia collegata una sanzione (Cass. n. 9546 del 2002), mentre nella specie non vi sarebbe stata inosservanza di alcuna norma processuale, perchè l’originaria individuazione della competenza del Tribunale di Cosenza era avvenuta nel pieno rispetto delle regole di competenza.

Si tratta di un argomento che non tiene conto del valore che deve annettersi al comportamento del magistrato che dia impulso con la sua domanda al trasferimento nel distretto in cui è radicata una causa che lo vede parte nei sensi rilevanti alla stregua dell’art. 30 bis, nella riscrittura operata da Corte costituzionale n. 147 del 2004 e cui già la relazione ha fatto riferimento.

Deve, in conclusione, affermarsi il seguente principio di diritto:

“Qualora un magistrato parte di una controversia soggetta alla regola di competenza di cui all’art. 30 bis c.p.c., come riscritto dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 147 del 2004, si trasferisca su sua domanda nel distretto in cui la causa è stata a suo tempo legittimamente radicata, l’incompetenza sopravvenuta ai sensi di detta norma può essere rilevata d’ufficio o su istanza della controparte del magistrato nella prima udienza successiva all’acquisizione di conoscenza del trasferimento risultante nella causa, mentre – per il principio desumibile dall’art. 157 c.p.c., comma 3, – non può essere rilevata dallo stesso magistrato, che può solo allegare il trasferimento come ragione che giustificherebbe il trasferimento della causa al foro divenuto competente ai sensi dell’art. 30 bis c.p.c., ne consegue che, se il giudice e la controparte, acquisita detta conoscenza, non rilevano la sopravvenuta incompetenza entro il detto termine di preclusione oppure il giudice – in mancanza di eccezione della controparte ed a seguito di una sollecitazione dello stesso magistrato a spogliarsi della competenza – la neghi con pronuncia delibatoria assunta entro tale termine, la relativa questione resta definitivamente preclusa per la controparte in ogni caso e, nella seconda ipotesi può essere suscettibile di una diversa valutazione soltanto da parte del giudice in sede di decisione”.

Poichè, pertanto, la questione della incompetenza sopravvenuta nel giudizio a quo in quanto prospettata da G.P.P. e D. M.M. era da considerare irrilevante perchè non concernente le loro domande e, in quanto prospettata da G.G., perchè mancava la sua legittimazione a proporla, i qui ricorrenti non si possono dolere in alcun modo della affermazione della competenza implicita nella decisione qui impugnata.

Ed allo stesso modo non se ne sarebbero potuti dolere per preclusione derivante dalla mancata formulazione della relativa eccezione nell’udienza immediatamente successiva alla conoscenza del trasferimento di G.G., le controparti dei qui ricorrenti.

Solo il Tribunale d’ufficio sarebbe potuto ritornare sulla questione siccome delibata con l’ordinanza pronunciata all’udienza del 6 dicembre 2007, posto che detta delibazione era espressione di esercizio negativo del potere di rilevazione d’ufficio della incompetenza sopravvenuta e, quale ordinanza meramente interlocutoria non pregiudicava la decisione della causa (art. 177 c.p.c., comma 1).

Peraltro, giusta i rilievi svolti a proposito della natura del litisconsorzio fra i qui ricorrenti, la declinatoria della competenza avrebbe potuto riguardare soltanto la domanda proposta da G. G. e non quelle proposte dagli altri due ricorrenti.

2.4. Il ricorso per regolamento facoltativo dev’essere, pertanto, rigettato, rilevandosi che sussisteva la competenza del Tribunale di Cosenza a decidere la controversia.

La novità e complessità delle questioni esaminate costituisce giusto motivo per compensarsi le spese del giudizio di regolamento.

P.Q.M.

La Corte dichiara che il Tribunale di Cosenza era competente a decidere sulla controversia. Compensa le spese del giudizio di regolamento.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 6 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2010

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