Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19972 del 10/08/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 10/08/2017, (ud. 16/02/2017, dep.10/08/2017),  n. 19972

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10939-2011 proposto da:

P.L., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA PANAMA 74, presso lo studio dell’avvocato GIANNI EMILIO

IACOBELLI, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3580/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 27/04/2010 R.G.N. 5821/2007.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso che l’odierno ricorrente ha chiesto al Tribunale di Roma di accertare e dichiarare la nullità del termine apposto al contratto stipulato con la S.p.A. Poste Italiane (periodo dall’1/7/2002 al 30/9/2002) per esigenze tecniche, organizzative e produttive, anche di carattere straordinario, conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi nonchè all’attuazione delle previsioni di cui agli Accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001, 11 gennaio, 13 febbraio e 17 aprile 2002 congiuntamente alla necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie contrattualmente dovute a tutto il personale nel periodo estivo, deducendone la contrarietà alla disciplina di cui alla L. n. 230 del 1962 e al D.Lgs. n. 56 del 1987, art. 23;

– che il giudice di primo grado ha respinto la domanda sul rilievo che il contratto era soggetto alla diversa disciplina introdotta in materia di contratti a termine dal D.Lgs. n. 368 del 2001;

– che con la sentenza n. 3580/2010, depositata il 27 aprile 2010, oggetto del presente ricorso per cassazione, la Corte di appello di Roma ha rigettato il gravame del lavoratore, ritenendo precluso – per il divieto di nova nel giudizio di secondo grado – l’esame delle ragioni di nullità del contratto, pur dedotte dall’appellante con riferimento alla normativa applicabile alla fattispecie;

– che avverso tale decisione il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione con due motivi;

– che la società Poste Italiane ha resistito con controricorso;

rilevato che con il primo motivo, denunciando la violazione degli artt. 112,115 e 437 c.p.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere ritenuto inammissibile il gravame e ciò sul presupposto dell’avvenuta modifica della causa petendi, e, quindi, della novità della domanda, nonostante che l’appellante si fosse limitato a qualificare diversamente fatti già acquisiti al processo in relazione alla diversa disciplina della materia così come ritenuta applicabile dal primo giudice;

– che con il secondo motivo, denunciando la violazione di varie norme di diritto e vizio di motivazione, il ricorrente svolge plurimi rilievi attinenti alla illegittimità del contratto, per il caso in cui questa Corte, preso atto dell’omessa pronuncia sul merito da parte del giudice di appello, ritenesse di operare in conformità dell’art. 384 c.p.c., comma 2;

osservato che è fondato, e deve essere accolto, il primo motivo di ricorso;

– che, infatti, come più volte precisato da questa Corte, “si ha mutamento della causa petendi, con conseguente introduzione di domanda nuova in appello, quando il fatto costitutivo della pretesa sia modificato nei suoi elementi materiali, con la prospettazione di circostanze precedentemente non dedotte, mentre non costituisce mutamento della domanda una diversa prospettazione giuridica del medesimo petitum ovvero una diversa qualificazione dell’originaria pretesa, i cui fatti costitutivi siano rimasti inalterati” (cfr., fra le molte, Cass. n. 7201/1995);

– che, inoltre, è stato precisato che “una diversa prospettazione giuridica del medesimo petitum non costituisce mutamento di domanda allorchè si risolva nella richiesta di applicazione di una norma di legge non invocata in primo grado e, pertanto, può essere per la prima volta compiuta nel giudizio di appello senza incorrere nel divieto di cui all’art. 437 c.p.c.” (Cass. n. 4665/1983); e altresì precisato che “in materia di procedimento civile, l’applicazione del principio iura novit curia, di cui all’art. 113 c.p.c., comma 1, fa salva la possibilità per il giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in lite, nonchè all’azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame, e ponendo a fondamento della sua decisione principi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti. Tale regola deve essere, peraltro, coordinata con il divieto di ultra o extra-petizione, di cui all’art. 112 cod. proc. civ., che viene violato quando il giudice pronunzia oltre i limiti della domanda e delle eccezioni proposte dalle parti, ovvero su questioni non formanti oggetto del giudizio e non rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello domandato; resta, in particolare, preclusa al giudice la decisione basata non già sulla diversa qualificazione giuridica del rapporto, ma su diversi elementi materiali che inverano il fatto costitutivo della pretesa”;

che tale accertamento è stato omesso nella sentenza impugnata;

ritenuto, pertanto, che in accoglimento del primo motivo di ricorso, in esso assorbito il secondo, l’impugnata sentenza della Corte di appello di Roma n. 3580/2010 deve essere cassata e la causa rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla medesima Corte in diversa composizione, la quale, nel procedere a nuovo esame della fattispecie, si atterrà ai principi di diritto sopra richiamati.

PQM

 

La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2017

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