Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19971 del 05/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 05/10/2016, (ud. 14/07/2016, dep. 05/10/2016), n.19971

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17839-2015 proposto dai

PROGETTO FRIULI SRL, in persona del rappresentante legale pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 20,

presso lo studio dell’avvocato CESARE PERSICHELLI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato SALVATORE CAPOMACCHIA,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 98/08/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di TRIESTE del 02/02/2015, depositata il 04/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GUIDO FEDERICO;

udito l’Avvocato PERSICHELLI CESARE, difensore del ricorrente, il

quale insiste per l’accoglimento.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:

La contribuente Progetto Friuli srl ricorre nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, che resiste con controricorso, per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Friuli-Venezia Giulia n. 98/08/15, depositata il 4/3/2015, con la quale, in riforma della pronuncia di primo grado è stato respinto il ricorso della contribuente avverso l’avviso di accertamento D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2.

La CTR, per quanto qui ancora interessa, affermava, avuto riguardo alle movimentazioni bancarie desumibili dal conto corrente della contribuente (punti 3 e 3 bis della sentenza impugnata) ed al conseguente accertamento di maggiori redditi per operazioni non fatturate, che la contribuente non aveva assolto all’obbligo di fornire adeguata giustificazione delle operazioni suddette.

Con il primo motivo di ricorso la contribuente denunzia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 1 e 3 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3), deducendo la nullità assoluta dell’avviso di accertamento, trattandosi di atto sottoscritto da soggetto privo di qualifica dirigenziale.

Il motivo appare inammissibile per novità della questione.

Non risulta infatti che la contribuente abbia, neppure genericamente, contestato la legittimazione del funzionario che aveva sottoscritto l’avviso di accertamento (Cass. 18448/2015; 22800/2015) con la conseguenza che, trattandosi di questione nuova, il relativo scrutinio in sede di legittimità non è ammissibile.

Ed invero come questa Corte ha già affermato, proprio con riferimento agli effetti della sentenza della Corte costituzionale n. 37/2015 in relazione alla carenza di potere del sottoscrittore dell’avviso di accertamento, in tema di contenzioso tributario, è inammissibile il motivo del ricorso per cassazione con cui si denunci un vizio dell’atto impugnato diverso da quelli originariamente allegati, censurando, altresì, l’omesso rilievo d’ufficio della nullità, atteso che nel giudizio tributario, in conseguenza della sua struttura impugnatoria, operando il principio generale di conversione dei motivi di nullità dell’atto tributario in motivi di gravame, l’invalidità non può essere rilevata di ufficio, nè può essere fatta valere per la prima volta in sede di legittimità.(Cass. 22810/2015).

Con il secondo motivo di ricorso si denunzia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), censurando le statuizioni con cui la CTR (punti 3 e 3 bis), in relazione all’esame delle movimentazioni bancarie dei conti correnti della contribuente, ha ritenuto non credibili le giustificazioni della contribuente medesima.

Il motivo non ha pregio.

Ed invero, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, prevede una presunzione legale in base alla quale sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari vanno imputati a ricavi.

A fronte di detta presunzione legale il contribuente è onerato di fornire la prova contraria, anche attraverso presunzioni semplici, da sottoporre comunque ad attenta verifica da parte del giudice, il quale è tenuto a individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purchè grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo (Cass. 22502/2011).

La presunzione di riferibilità dei movimenti bancari ad operazioni imponibili si correla, infatti, ad una valutazione del legislatore di rilevante probabilità che il contribuente si avvalga del conto corrente bancario per effettuare rimesse e prelevamenti inerenti all’esercizio dell’attività d’impresa, onde alla presunzione di legge (relativa) non può contrapporsi una mera affermazione di carattere generale, nè è possibile ricorrere all’equità (Cass. 13035/12).

Orbene nel caso di specie la CTR ha analiticamente esaminato i singoli rilievi dell’Ufficio alla luce delle difese della contribuente, con approccio metodologico corretto ed esaustivo, che non risulta efficacemente contraddetto dalle generiche deduzioni della ricorrente, ed ha ritenuto, con valutazione di merito che non appare sindacabile nel presente giudizio, che, a fronte delle precise contestazioni dell’Ufficio, la contribuente non abbia fornito adeguate giustificazioni e non abbia dunque assolto all’onere di fornire idonea prova contraria. Tale statuizione appare conforme al menzionato orientamento di questa Corte, secondo cui non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sul proprio conto corrente, dovendo il contribuente – e non già l’Amministrazione finanziaria – fornire la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni, ovvero dell’estraneità delle stesse alla sua attività (Cass. 4829/2015).

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la contribuente alla refusione delle spese del presente giudizio, che liquida in 5.600,00 Euro per compensi oltre a rimborso spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 14 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2016

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