Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 19970 del 24/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 24/07/2019, (ud. 05/12/2018, dep. 24/07/2019), n.19970

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. TADDEI Bianca Margerita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12503-2012 proposto da:

COMUNE DI SAN MARCELLO PISTOIESE, elettivamente domiciliato in ROMA

VIA EMANUELE GIANTURCO 11, presso lo studio dell’avvocato RITA

COLLELUORI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

CHRISTIAN GIANGRANDE;

– ricorrente –

contro

FONDAZIONE F.T., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE

MAZZINI 6, presso lo studio dell’avvocato STEFANO TERRA,

rappresentato e difeso dall’avvocato UGO RONCHI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 79/2011 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,

depositata il 17/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/12/2018 dal Consigliere Dott. MARGHERITA TADDEI.

Fatto

RILEVATO

CHE:

Con la sentenza n. 79/24/11 dell’11.11.2011, la C.T.R. della Toscana respingeva l’appello del Comune di San Marcello Pistoiese, a conferma della sentenza n. 130/2/2010 della CTP di Pistoia, che aveva accolto, contro l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) per ICI 2003, il ricorso della Fondazione ” F.T.”, ente morale ed onlus, volto ad ottenere il riconoscimento della riduzione del 50% dell’imposta per inagibilità di alcuni immobili e dell’esenzione ai sensi del D.Lgs n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i).

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Propone ricorso per cassazione il predetto Comune, affidato a quattro motivi:

a) – mancata declaratoria di inammissibilità del ricorso originario per carenza di motivi e difetto probatorio assoluto – violazione dell’art. 2967 c.c. (mancato assolvimento dell’onere probatorio);

b) Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i). Violazione e falsa applicazione della L. 2 dicembre 2005, n. 248, art. 7, comma 2-bis, e del D.L. n. 223 del 2006, art. 39, entrato in vigore in data 4 luglio 2006. Violazione dei principi costituzionali di capacità contributiva ed uguaglianza. Omessa motivazione su punto fondamentale e decisivo della controversia;

Il ricorrente lamenta che sia stata riconosciuta l’esenzione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i, pur mancando la prova della sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi, richiesti dalla norma, per godere dell’agevolazione. In particolare i giudici di entrambi i gradi di merito non hanno considerato che è la natura dell’attività, in concreto svolta dall’Ente, che determina la possibilità di ottenere l’agevolazione richiesta e ciò a prescindere dalla natura dell’Ente stesso.

c) illegittimità’ costituzionale e violazione della direttiva comunitaria in materia di concorrenza e aiuti di stato della L. 2 dicembre 2005, n. 248, art. 7, comma 2-bis, e del D.L. n. 223 del 2006, art. 39. Conseguente inapplicabilità nell’ordinamento del singolo Stato (italiano)sotto identico profilo, illegittimità del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), se interpretato nel senso di agevolare enti non commerciali che svolgono attività’commerciale;

d) violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, per il mancato rilievo dell’assoluta infondatezza della richiesta dell’agevolazione attesa l’assenza di una valida prova sulla sussistenza dei requisiti richiesti dalla norma per godere del beneficio

La Fondazione resiste con controricorso, illustrato anche con memoria.

Sono fondati il secondo ed il quarto motivo di ricorso nei termini di seguito indicati.

La controversia è incentrata sulla rivendicazione delle agevolazioni previste dal D.Lgs. n. 504 del 1992, da parte della Fondazione e sulla contestata sussistenza da parte del Comune dei presupposti di legge che qualificano dette agevolazioni. In particolare vengono in evidenza due tipi di agevolazioni: quella prevista dall’art. 8, in tema di immobili dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni e l’agevolazione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. d), riguardante gli immobili utilizzati dai soggetti di cui al testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 87, comma 1, lett. c), (ora art. 73, comma 1, lett. c), e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonchè delle attività di cui alla L. 20 maggio 1985, n. 222, art. 16, lett. a).

Principiando da quest’ultima disposizione, va detto che la decisione qui impugnata non regge alle censure sotto tre profili: quello relativo alla normativa da applicare e conseguentemente alla rilevanza delle modifiche legislative succedutesi in ordine a tale disposizione; quello relativo alla sussistenza dei presupposti necessari per riconoscere l’agevolazione nel caso specifico; quello relativo alla prova dei predetti elementi.

Per quanto attiene al primo profilo di censura, questa Corte si è già pronunciata circa il carattere innovativo e non interpretativo della novella disposta con il D.L. n. 203 del 2005, entrata in vigore il 3 dicembre 2005, per essere poi abrogata il 4 luglio 2006 che ha modificato la formulazione originaria della norma. Questa Corte ha, infatti, stabilito che “il D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 7, comma 2 bis, (introdotto dalla legge di conversione 2 dicembre 2005, n. 248), che ha esteso l’esenzione disposta dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), alle attività indicate nella medesima lettera a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse, e il D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 39,convertito nella L. 4 agosto 2006, n. 248, che ha sostituito il cit. art. 7, comma 2 bis, estendendo l’esenzione alle attività che non abbiano esclusivamente natura commerciale, non si applicano retroattivamente, trattandosi di disposizioni che hanno carattere innovativo e non interpretativo” (Cass. n. 14530 del 2010). L’originaria formulazione si applica, pertanto, alle annualità antecedenti il 2005, essendo la riforma di carattere innovativo e non interpretativo, diversamente da quanto erroneamente affermato nella sentenza qui all’esame: di conseguenza l’assetto motivazionale della decisione impugnata rimane negativamente inciso dalla scelta ermeneutica compiuta.

Per quanto attiene al secondo profilo di censura della sentenza, anch’esso fondato, va rilevato che sulla base della formulazione originaria della norma, l’esenzione “è limitata all’ipotesi in cui gli immobili siano destinati in via esclusiva allo svolgimento di una delle attività di religione o di culto indicate nella L. 20 maggio 1985, n. 222, art. 16, lett. a),” (Cass. n. 24500 del 2009; v.anche Cass. n. 14530 del 2010), nelle quali non rientra l’esercizio di attività sanitarie (Cass. n. 14530 del 2010), didattiche (Cass. n. 20776 del 2005) o ricettive (Cass. n. 4645 del 2004) salvo che non sia dimostrato specificamente che le stesse siano svolte con modalità non commerciali.” L’indagine, pertanto, va condotta per accertare la destinazione degli immobili, in via esclusiva, o ad una delle attività tipizzate dal cit. art. 16, lett. a), ovvero ad altra attività di assistenza o equiparata, purchè sia nel concreto svolta fuori dei parametri della commercialità, vale a dire senza alcun profilo mercantile di scambio di entità economicamente apprezzabili. Deve essere provato, in altri termini che, a prescindere dalla dichiarata e palese natura dell’Ente proprietario, negli immobili venga, in realtà, svolta attività con caratteristiche non remunerative. In ciò si sostanzia il requisito oggettivo, pure richiesto per l’esenzione dall’imposta prevista dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i), accanto al requisito soggettivo di cui si è detto, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di attività di assistenza o di altre attività equiparate, “il cui accertamento deve essere operato in concreto, verificando che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti, non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale” (Cass. n. 14226 del 2015).Come ripetutamente affermato dalla corte di legittimità si tratta, quindi, di un accertamento di fatto da parte del giudice circa l’esercizio con modalità “non commerciali” di una determinata attività che secondo la norma potrebbe astrattamente considerarsi esente; questa Corte non ha mancato di evidenziare che “la sussistenza del requisito oggettivo – che in base ai principi generali che governano le esenzioni è onere del contribuente dimostrare – non può essere desunta esclusivamente sulla base di documenti che attestino “a priori” il tipo di attività cui l’immobile è destinato, occorrendo invece verificare che tale attività, pur rientrante tra quelle esenti, non sia svolta, in concreto, con le modalità di un’attività commerciale” (Cass. n. 5485 del 2008). Anche sotto tale profilo la motivazione della sentenza è carente: è stata, infatti, del tutto omessa, anche sotto il profilo temporale, l’indagine sulla natura e caratteristiche dell’attività svolta nei locali, con particolare attenzione e rigore alle modalità di attuazione ed erogazione delle eventuali prestazioni.

Sui predetti punti, pertanto, la sentenza va cassata con rinvio richiedendone l’esame accertamenti di merito non compatibili con il giudizio di legittimità.

Deve essere accolto anche il quarto motivo di ricorso, con il quale il ricorrente si lamenta dell’erroneo ed illegittimo riconoscimento dell’agevolazione, di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, comma 1, che la CTR ha deciso in favore della Fondazione, pur in assenza della formale dichiarazione di inagibilità dell’immobile e della prova circa la sua mancata utilizzazione. Il giudice ha, invero, riconosciuto l’agevolazione ritenendo sufficiente a provare il beneficio, in luogo della dichiarazione formale di inagibilità, la documentazione relativa ai provvedimenti presi dal Comune, che ” per l’inequivocabile contenuto, risulta ampiamente in grado di sostituire, ai sensi della cennata L. n. 212 del 2000, art. 6, gli adempimenti previsti dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, ed anzi, risulta fornire elementi di valutazione ben più penetranti di una semplice dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.” Vertendosi in tema di riduzione d’imposta avente natura agevolativa, deve ritenersi corretto il principio che postula, necessariamente, una specifica istanza da parte della Fondazione contribuente, in una con la dichiarazione- rappresentazione di tutti gli elementi costitutivi della tassazione dimezzata. In tal senso prescrive il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8. A nulla rileva, pertanto, sotto il profilo della lamentata violazione normativa, che l’amministrazione finanziaria potesse, in ipotesi essere già a conoscenza, all’esito di propri accertamenti ad altro fine eseguiti, dello stato di parziale inagibilità/inutilizzabilità del compendio immobiliare in oggetto; altra cosa essendo l’accertamento mirato dei presupposti della riduzione, per effetto ed a seguito della presentazione di specifica e documentata istanza da parte del contribuente che assuma di averne interesse e titolo. (Cass. N. 24890/16non massimata sul punto).

Devono, per quanto su indicato, essere accolti il secondo e il quarto motivo di ricorso, nel senso di cui in motivazione, assorbiti i restanti, e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, in diversa composizione, delegando il giudice del rinvio per la liquidazione delle spese relative alla presente fase di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il secondo ed il quarto motivo di ricorso, assorbiti il primo ed il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese di questo giudizio di legittimità alla CTR Toscana, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2019

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